
Suscita interesse la sentenza 26 settembre 2025 n. 480 del Tribunale di Asti (sotto allegata) che ha riconosciuto il nesso di causalità tra la "atassia da poliradicolonevrite acuta tipo Miller Fisher" e la "sospetta mielite di natura infiammatoria" (condizione infiammatoria del midollo spinale in grado di determinare paralisi, disturbi sensitivi e disfunzioni autonomiche) e l'assunzione del farmaco vaccinale anti Covid19 Comirnaty prodotto da Pfizer-BioNTech.
La decisione in commento si apprezza per due particolari aspetti:
1. individua i criteri di accertamento del nesso di causalità nella specifica materia;
2. riconosce le fragilità come terreno fertile alle reazioni avverse vaccinali.
In ordine al primo aspetto deve premettersi che il giudizio intrapreso ad Asti aveva una finalità "indennitaria" ai sensi dell'art. 1 Legge 210/92 che, come noto, all'art. 1, riconosce il diritto ad un indennizzo a carico dello Stato a chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana (tra le quali rientra quella ad oggetto la prevenzione delle infezioni dal virus Sars-CoV2), lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica.
Non siamo perciò nel campo dell'illecito aquiliano (artt. 2043-2050 c.c.) per il cui risarcimento si richiede all'attore la dimostrazione del dolo o della colpa dei convenuti, poiché in materia indennitaria ex Legge 210/1992 l'onere della prova a carico del ricorrente è limitata alla dimostrazione della sussistenza del nesso causale tra vaccinazione e danni subiti "secondo un criterio di ragionevole probabilità scientifica" (Cass. civ. n. 26875/2017) o di una mera "ipotesi possibile" (Cass. civ. n. 2474/2021).
Più in particolare la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che "Per il riconoscimento del diritto al beneficio assistenziale derivante da menomazioni psico - fisiche la prova a carico dell'interessato ha ad oggetto, a seconda dei casi, l'effettuazione della terapia trasfusionale o la somministrazione dei vaccini, il verificarsi di danni e il nesso causale tra la prima e i secondi, da valutarsi secondo un criterio di ragionevole probabilità scientifica" (cfr. Cass. civ. n. 26875/2017) e che "la prova a carico dell'interessato ha ad oggetto l'effettuazione della somministrazione vaccinale e il verificarsi dei danni alla salute e il nesso causale tra la prima e i secondi, da valutarsi secondo un criterio di ragionevole probabilità scientifica, mentre nel caso il nesso causale costituisce solo un'ipotesi possibile" (si veda Cass. civ. n. 2474/2021).
In questa prospettiva non è pertanto necessaria una formulazione del nesso eziologico nel senso di "certezza", bastando la sufficiente dimostrazione, in termini probabilistici, della relazione causa-effetto sicché, nel giudizio deciso dalla sentenza in commento, è stato riconosciuto che lo sviluppo urgente di vaccini per fronteggiare la pandemia da SARS-CoV2 ha portato all'immissione in commercio di medicinali forieri di effetti collaterali tra i più vari, la maggior parte dei quali di "lieve entità", sebbene in alcuni casi si siano riscontrati gravi avversi di natura neurologica quali effetti "tipici" conseguenti all'assunzione del farmaco Comirnaty, come ad esempio la sindrome di Guillain-Barré (GBS), la paralisi di Bell, la mielite trasversa (ATM), l'encefalite ed encefalomielite acuta disseminata (ADEM), la sindrome di Miller-Fisher, gli ictus, le trombosi cerebrali e la mielite trasversa acuta (ATM).
Quanto a quest'ultima reazione oggetto di indagine, la sentenza in commento ha rilevato che dal sistema di sorveglianza VAERS si sono registrati 593 casi di mielite trasversa dopo la vaccinazione fino al 2022 e che, di questi, 280 sono stati associati al vaccino Comirnaty, con incidenza di 1,82 casi per milione di dosi somministrate.
Sorvolando sull'assunto off-topic contenuto nella sentenza n. 480/2025 in ordine ad una asserita "elevata efficacia dopo la II° dose" di vaccino (premessa questa tanto irrilevante con il thema decidendum quanto smentita legalmente, giuridicamente e scientificamente da altre sentenze passate in giudicato che hanno accertato in maniera irrevocabile che nessuno dei vaccini in commercio è efficace per immunizzare dai contagi e dalle infezioni come voluto dalla Legge italiana – cfr. del Tribunale di Velletri, Sez. Lav., sent. n. 1493/2024 e Tribunale L'Aquila, Sez. Lav., sent. n. 136/23 commentata su studiocataldi.it), il Giudice astigiano, entrando nel merito della decisione, ha verificato come, a seguito dell'assunzione del medicinale, "si innescano reazioni immunitarie anomale con complicanze neurologiche e che la temporalità degli eventi e l'intensità della risposta immunitaria indotta dalla seconda dose di vaccino consente di individuare, soprattutto in soggetti che possono essere in qualche modo predisposti, l'esistenza di un rapporto causale per attivazione o riattivazione di processi autoimmunitari con coinvolgimento del midollo spinale anche perché, nel caso di specie, è dimostrata l'esclusione di possibili cause alternative".
Il nesso causale, in questi termini, è stato riconosciuto sussistere in ragione sia dei "gravi sintomi neurologici certificati a distanza di una settimana dalla seconda dose di Comirnaty che dall'assenza di identificabili fattori causali alternativi prevalenti in grado di giustificare autonoma insorgenza di quanto determinatosi", ritenendosi "più probabile che non che si tratti di danno neurologico su base immuno-mediata post-vaccinale".
In conclusione, il criterio logico-giuridico seguito dal Tribunale astigiano per l'accertamento della causalità civile nel caso di indennizzo di cui alla L. n. 210/92 soddisfa l'indirizzo ermeneutico del "più probabile che non" codificato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui il nesso causale può ritenersi provato quando la relazione probabilistica fra il fatto (la vaccinazione) e l'evento di danno sia giudicata assai più alta rispetto a tutte le altre ipotesi individuate come possibili, ma in realtà assai improbabili, indimostrate o congetturali.
Per quanto riguarda, poi, il secondo aspetto di interesse, la sentenza in commento ha ritenuto che le eventuali patologie multifattoriali di cui una persona (come la ricorrente nella specie) può essere affetto prima della vaccinazione non sono in grado di giustificare in via esclusiva la comparsa acuta della sintomatologia neurologica in seguito all'assunzione del vaccino.
Infatti, il generico riferimento ad altri possibili fattori di rischio causale come lo stile di vita, il tabagismo, la predisposizione genetica o l'uso di farmaci sarebbe del tutto incoerente rispetto all'assenza di precedenti eventi specifici e con gli stabili trattamenti farmacologici, clinici o infettivologici seguiti da lungo tempo dalla ricorrente, che perciò non possono giustificare l'esordio acuto delle reazioni neurologiche manifestatisi a seguito della seconda dose vaccinale.
"È noto che le comorbidità si afferma in sentenza possono semmai configurare un terreno predisponente ma, senz'altro, non forniscono alternativa eziologica concreta o prevalente all'evento scatenante. Il richiamo alla multifattorialità ed all'eziologia sconosciuta non può contraddire un nesso quando tempistica, quadro clinico ed assenza di alternative evidenti convergono verso una spiegazione immuno-mediata post-vaccinale".
Sulla presenza di patologie autoimmuni come causa alternativa il Tribunale di Asti chiarisce quanto sia importante comprendere che "le malattie autoimmuni croniche preesistenti, pur configurando una condizione predisponente, non costituiscono di per sé causa efficiente autonoma per la comparsa di una sindrome neurologica acuta immuno-mediata come una poliradicolonevrite tipo Miller-Fisher o una mielite trasversa".
Oramai è acquisita dalla letteratura medica la nozione di ospite predisposto per indicare come l'assetto autoimmune di un soggetto rappresenta un fattore di vulnerabilità a risposte immunitarie abnormi successive allo stimolo vaccinale, non potendo tale assetto considerarsi una causa alternativa (e tantomeno autonoma o esclusiva) di una reazione neurologica ma, piuttosto, un eventuale terreno favorente l'evento immunomediato post-vaccinale.
Dunque la ricorrente al pari di milioni di consumatori del farmaco Comirnaty era un ospite predisposto alla attivazione o riattivazione di processi autoimmunitari ed è proprio su tale passaggio che si dipana la novità di rilievo della decisione in commento, poiché stravolge l'intero assetto della politica vaccinale passata (ma anche attuale) secondo la quale i fragili sono tenuti, per il loro benessere, a vaccinarsi di più e prima degli altri.
Ebbene, è esattamente il contrario.
Il Tribunale, nell'escludere ogni incidenza di eziologie multifattoriali come generiche cause alternative o esclusive, non ha ritenuto bastevole il richiamo a fattori di rischio genetici, patologici, sociali o ambientali, poiché la sedimentazione di questi fattori nel tempo, senza precedenti specifici, non può giustificare l'insorgenza di una grave reazione alla vaccinazione, anzi, semmai l'ospite predisposto è portatore di una fragilità che facilita ("più probabile che non") una risposta aberrante alla vaccinazione.
Avv. Angelo Di Lorenzo
presidente Avvocati Liberi

