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Notizie Giuridiche

» Sciopero, danno fisiologico e condotta antisindacale: il limite del potere organizzativo
25/11/2025 - Aldo Andrea Presutto

1. Cenni introduttivi

Il diritto di sciopero rappresenta uno dei pilastri fondamentali dell'ordinamento costituzionale italiano, espressamente tutelato dall'Articolo 40 della Costituzione come strumento essenziale di autotutela collettiva dei lavoratori. La sua piena esplicazione è, tuttavia, storicamente e inevitabilmente in tensione con il potere di iniziativa economica privata e, in particolare, con il potere organizzativo dell'imprenditore, garantito dall'Articolo 41 Cost. La giurisprudenza è costantemente chiamata a tracciare il delicato confine tra la legittima facoltà del datore di lavoro di adottare misure volte a limitare i danni materiali derivanti dall'astensione e il divieto assoluto di porre in essere condotte che incidano negativamente sull'esercizio del diritto stesso.

In tale contesto si inserisce la recente Ordinanza della Corte di Cassazione n. 29740, pubblicata in data 11 novembre 2025, emessa all'esito di un procedimento per condotta antisindacale ex art. 28 Statuto dei Lavoratori. La controversia ha riguardato un'importante Società per Azioni e le disposizioni di servizio che essa aveva impartito al proprio personale di esazione in occasione di agitazioni sindacali. Nello specifico, la condotta censurata consisteva nell'imposizione di procedure organizzative articolate e a volte complesse (della durata variabile da 15 a 60 minuti) , da espletare sia nella fase precedente l'inizio dello sciopero, sia dopo che l'astensione collettiva era già cominciata. Tali procedure erano finalizzate, secondo la società, a prevenire danni patrimoniali diretti derivanti dalla potenziale perdita degli incassi raccolti dagli esattori.

La Corte, confermando le decisioni dei gradi di merito, si è trovata a ribadire un principio cardinale: le misure aziendali, sia anteriori che successive, sono illegittime in quanto ritenute idonee a comprimere la facoltà del lavoratore di scegliere di aderire allo sciopero in modo istantaneo e, nel contempo, a imporre l'espletamento di attività lavorativa non retribuita in contraddizione con la natura stessa dell'astensione. L'ordinanza si sofferma, in particolare, sulla distinzione cruciale tra i danni fisiologici alla produzione (lecita conseguenza dello sciopero) e i danni irreparabili alla produttività (unico limite lecito per l'intervento del datore di lavoro).

2. Svolgimento del Processo

La vicenda processuale ha avuto inizio nell'ambito di un procedimento per condotta antisindacale instaurato ex Articolo 28 dello Statuto dei Lavoratori nei confronti di una S.p.A. per le attività di esazione. Oggetto della contestazione erano le disposizioni di servizio del 5 e 12 agosto 2016 relative alle "Procedure da adottare in occasione di agitazioni sindacali del personale di esazione". Tali procedure imponevano agli addetti all'esazione lo svolgimento di adempimenti articolati, con durate variabili, richiesti sia nella fase antecedente che in quella successiva all'inizio dello sciopero.

2. 1 L'Accertamento di Merito (Primo Grado e Appello)

La pronuncia di primo grado ha rappresentato il primo riconoscimento dell'antisindacalità, seppur limitata alla fase antecedente. La vera svolta interpretativa si è avuta, tuttavia, con la decisione della Corte d'Appello di Firenze(sentenza n. 476/2022), che ha ampliato il perimetro della censura.

Riguardo alla fase preliminare, la Corte ha ritenuto antisindacale la condotta in quanto le procedure imposte costringevano l'esattore ad "avere già anticipato la decisione di aderire allo sciopero per tutto il tempo necessario al loro adempimento" , venendo meno la facoltà di scelta istantanea. L'antisindacalità è stata estesa anche alle procedure successive all'inizio dell'astensione, le quali limitavano oggettivamente il diritto imponendo un "tempo non trascurabile di lavoro non retribuito" , aggravato dalla minaccia di sanzioni disciplinari.

2.2. La Distinzione tra Danno alla Produzione e Danno alla Produttività

Nel respingere le doglianze della Società sulla tutela del patrimonio (incassi), la Corte di merito ha ribadito la distinzione fondamentale in materia di sciopero. I danni patrimoniali paventati sono stati ricondotti alle "fisiologiche conseguenze negative che lo sciopero è destinato a produrre per sua intrinseca natura" , rientrando nel danno alla produzione (lecito).

L'illegittimità delle misure, al contrario, derivava dalla mancata prova che esse fossero volte a preservare non la mera gestione, ma la produttività aziendale, ovvero "l'attitudine strutturale e funzionale a riprendere a pieno l'attività di impresa una volta esaurita l'astensione". In assenza di tale prova, le disposizioni configuravano un'indebita compressione del diritto costituzionale.

La società, soccombente in appello, ha dunque proposto ricorso per Cassazione, sollevando questioni di legittimità costituzionale (violazione artt. 40 e 41 Cost.) e di riparto dell'onere probatorio (violazione art. 2697 c.c. riguardo l'onere di allegare soluzioni alternative), sulle quali la Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi.

3. Ragioni della Decisione

3.1 Il Primo Motivo di Ricorso: Il Bilanciamento tra Art. 40 e Art. 41 Cost.

La Suprema Corte ha affrontato e rigettato la censura sollevata dalla ricorrente in merito alla violazione e falsa applicazione degli Articoli 40 (diritto di sciopero) e 41 (libertà di iniziativa economica) della Costituzione.

È stato ribadito il principio consolidato secondo cui, sebbene il datore di lavoro conservi il potere organizzativo e la facoltà di adottare misure volte a contenere i danni derivanti dall'astensione collettiva, tali misure non possono in alcun modo incidere sull'esercizio del diritto di sciopero, pena la loro intrinseca illegittimità (condotta antisindacale). Richiamando precedenti giurisprudenziali autorevoli (segnatamente, Corte cost. n. 125/1980 e Cass. n. 6787/2024), la Corte ha chiarito che sono ammissibili solamente gli accorgimenti che, "senza in nulla coartare la libertà del lavoratore", si limitino a contenere gli effetti dannosi dello sciopero.

Nel caso di specie, le procedure imposte agli esattori – imponendo adempimenti prima dell'adesione e attività non retribuite in un momento successivo – incidevano direttamente sulla libertà di adesione e sull'instantaneità della scelta del lavoratore. Tali elementi, aggravati dalla minaccia di sanzioni disciplinari, sono stati ritenuti incompatibili con la natura stessa e la tutela costituzionale del diritto di sciopero, giustificando la condanna della Società ex art. 28 St. lav.

3.2 Il Secondo Motivo di Ricorso: L'Onere della Prova (Art. 2697 c.c.)

La Cassazione ha altresì escluso la sussistenza della lamentata violazione dell'Articolo 2697 del Codice Civile, concernente la ripartizione dell'onere della prova.

La Corte ha osservato che la censura sollevata dalla società ricorrente non riguardava la ripartizione dell'onere probatorio (ossia l'erronea attribuzione dell'onere a una parte diversa da quella onerata), bensì una mera contestazione della valutazione delle risultanze istruttorie da parte del giudice di merito. Richiamando precedenti conformi (Cass. n. 15107/2013; Cass. n. 13395/2018), il Collegio ha ribadito che la violazione dell'art. 2697 c.c. si configura solo in caso di mancata prova di fatti costitutivi o impeditivi per carenza assoluta di allegazione, e non quando si contesta il convincimento del giudice formatosi sulle prove già acquisite. Pertanto, la doglianza è stata dichiarata inammissibile sotto il profilo della violazione di legge.

3.3 La Distinzione Produzione/Produttività come Criterio Decisivo

A chiusura del ragionamento, la Suprema Corte ha confermato la distinzione, già applicata dai giudici di merito, tra due tipologie di danno causato dall'astensione:

  • Danno alla produzione: È la conseguenza fisiologica e lecita dello sciopero, consistente nella mera perdita di guadagno o di volumi produttivi (nel caso di specie, la perdita degli incassi).
  • Danno alla produttività: È l'effetto illecito che si configura solo quando l'astensione compromette la capacità strutturale e funzionale dell'impresa di riprendere la piena attività al termine dello sciopero.

Nel caso concreto, i giudici di merito avevano correttamente escluso che le procedure imposte agli esattori fossero destinate a preservare la produttività aziendale. Esse miravano, invece, a limitare i danni patrimoniali immediati, che rientrano nelle conseguenze fisiologiche dello sciopero e che, come tali, non possono giustificare alcuna restrizione al diritto costituzionale.

3.4 Esito del Giudizio

In virtù delle motivazioni esposte, il ricorso è stato integralmente respinto. La società è stata condannata al pagamento delle spese processuali in favore della controricorrente e al versamento dell'ulteriore contributo unificato previsto dall'art. 13 del d.P.R. n. 115/2002.

La decisione riafferma con forza la centralità del diritto di sciopero e l'impossibilità per il potere organizzativo datoriale di sconfinare in misure che, pur motivate dalla tutela del patrimonio, ledano la libertà e l'effettività dell'astensione collettiva.

4. Commento Critico

La sentenza della Corte di Cassazione n. 29740 dell'11 novembre 2025 (sotto allegata) non si limita a risolvere un singolo contenzioso, ma si configura come un autorevole riepilogo e un significativo rafforzamento dei principi che governano il rapporto tra libertà sindacale e potere organizzativo datoriale nell'ordinamento. La pronuncia ribadisce con nettezza che il potere di iniziativa economica, sebbene tutelato, trova un limite invalicabile nell'effettività del diritto di sciopero, riaffermando così la prevalenza del presidio costituzionale (Art. 40 Cost.) ogni qualvolta le misure aziendali incidano direttamente sulla libertà di adesione e sull'immediatezza della scelta del lavoratore.

Un elemento di particolare valore sistematico della decisione è la piena valorizzazione, come parametro operativo decisivo, della distinzione interpretativa tra danno alla produzione e danno alla produttività. La Corte conferma che la perdita di incassi o il mancato guadagno (il danno alla produzione) costituisce una conseguenza fisiologica e ineludibile dello sciopero che, in quanto tale, non può essere neutralizzata attraverso strategie organizzative. L'unico limite legittimo che consente l'intervento datoriale è rappresentato dal danno alla produttività, ovvero il rischio di compromettere la capacità strutturale e funzionale dell'impresa di riprendere la piena attività al termine dell'astensione. In assenza di questo pericolo, qualsiasi disposizione che condizioni la scelta di scioperare o imponga ai lavoratori attività non retribuite si configura come una misura coartante.

La sentenza fornisce indicazioni estremamente chiare per la prassi delle relazioni industriali. Essa stabilisce che le imprese non possono imporre procedure che condizionino l'esercizio istantaneo del diritto e che non è lecito richiedere attività non retribuite durante l'astensione. Per le organizzazioni sindacali, la pronuncia rappresenta un significativo rafforzamento della tutela, confermando che l'azione per condotta antisindacale è lo strumento efficace per sanzionare le strategie aziendali che, sotto l'apparente giustificazione della cautela patrimoniale, tentano di svuotare di contenuto politico ed economico lo sciopero.

In sintesi, la Cassazione si pone nel solco di una giurisprudenza costante ma, data la natura della condotta contestata (una procedura formalizzata), riafferma con forza la centralità del diritto di sciopero come strumento di pressione collettiva. La decisione contribuisce a consolidare un orientamento che, distinguendo nettamente tra danno fisiologico e danno strutturale, offre un criterio chiaro e robusto per futuri contenziosi, fungendo da monito alle imprese sulla necessità di rispettare la libertà sindacale in ogni fase della gestione degli scioperi.

5. Considerazioni conclusive

Con l'ordinanza n. 29740 dell'11 novembre 2025 la Corte di Cassazione ha fissato un punto fermo nel panorama giurisprudenziale, riaffermando la centralità del diritto di sciopero come presidio insuperabile dell'ordinamento costituzionale. La Suprema Corte ha ribadito che l'effettività dell'astensione collettiva non può essere svuotata da misure organizzative aziendali, sancendo il limite invalicabile della libertà di iniziativa economica (art. 41 Cost.) di fronte al diritto di sciopero (art. 40 Cost.).

Il criterio operativo decisivo resta la distinzione tra danno alla produzione e danno alla produttività: la perdita di incassi è conseguenza fisiologica e inevitabile dello sciopero, mentre solo il rischio di compromissione strutturale della produttività può legittimare interventi datoriali restrittivi. In questo quadro, le procedure che condizionano la scelta istantanea del lavoratore o impongono attività non retribuite si configurano come condotte antisindacali, sanzionabili ex art. 28 Stat. lav.

La decisione, oltre a risolvere il caso concreto, assume un valore paradigmatico per la prassi delle relazioni industriali, ammonendo le imprese al rispetto della libertà sindacale e rafforzando gli strumenti di tutela delle organizzazioni sindacali. La Cassazione consolida così un orientamento che, distinguendo nettamente tra danno fisiologico e danno strutturale, offre un criterio chiaro e robusto per futuri contenziosi e riflessioni dottrinali, a garanzia dell'ordinamento democratico e sindacale.

[Fonte: www.studiocataldi.it]

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