
La Corte di cassazione, con la sentenza n. 37866 del 2025, ha ribadito che l'aggravante della minorata difesa può essere riconosciuta solo quando le condizioni di tempo, luogo o persona creino una reale difficoltà di reazione per la vittima.
Non basta che il contesto sia astrattamente favorevole all'azione delittuosa: occorre che determini un effettivoindebolimento della capacità difensiva.
Il principio richiamato è quello definito dalle Sezioni Unite nella nota decisione "Cardellini" (sent. n. 40275/2021), secondo cui: per integrare l'aggravante ex art. 61, n. 5, c.p., le circostanze sfruttate dall'autore devono concretizzare una situazione di reale vulnerabilità della vittima; la semplice idoneità teorica non è sufficiente.
La vicenda riguardava due imputate condannate in primo grado, in rito abbreviato, per furto aggravato e violazioni antiriciclaggio.
La Corte d'Appello aveva confermato il verdetto, ritenendo integrata l'aggravante della minorata difesa in quanto il reato era stato commesso approfittando della calca formatasi durante una festa religiosa in un santuario.
Secondo i giudici territoriali, la ressa aveva creato una condizione di oggettiva vulnerabilità per la persona offesa, impossibilitata a percepire e prevenire l'azione delittuosa.
Le imputate avevano contestato la decisione, sostenendo che la sola presenza di una folla non fosse sufficiente a giustificare l'aggravante.
La Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, confermando che la Corte d'Appello aveva correttamente applicato il principio elaborato dalle Sezioni Unite:
la folla non è sempre indice di minorata difesa;
nel caso concreto, però, la calca aveva effettivamente limitato la capacità della vittima di difendersi;
le imputate avevano consapevolmente sfruttato tale condizione.
Oltre alla conferma delle condanne, la Suprema Corte ha disposto il pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende.

