
La sentenza n. 36553/2025 della Cassazione chiarisce che il fatto che l'imputato non mantenga contatti con il difensore di fiducia non consente di dedurre che abbia scelto di non prendere parte al processo.
Secondo la Corte, non è possibile attribuire automaticamente all'imputato un dovere di monitoraggio continuo sul procedimento in corso, né considerare la sua scarsa attenzione come manifestazione di disinteresse verso il giudizio.
In materia di rescissione del giudicato, i giudici di legittimità ribadiscono che l'assenza può essere dichiarata solo quando risulti provata la conoscenza reale del processo.
L'elezione di domicilio presso il difensore d'ufficio effettuata al momento dell'arresto e la successiva inattività dell'imputato non sono elementi idonei a far presumere, da soli, che egli fosse consapevole della celebrazione del giudizio o che intendesse sottrarsi alle notifiche.
La Corte precisa che la "conoscenza effettiva" deve essere dimostrata in positivo dal giudice, senza ricorrere a presunzioni e senza trasferire sull'imputato un onere probatorio che la legge non prevede.
La decisione è pienamente coerente con il modello introdotto dal d.lgs. n. 150/2022 (riforma Cartabia), che ha superato il precedente sistema basato su presunzioni di conoscenza.
La nuova disciplina si fonda su un criterio sostanziale: il processo può proseguire anche senza l'imputato solo se è certo che quest'ultimo sia stato messo in condizione di sapere dell'esistenza del procedimento e abbia volontariamente scelto di non partecipare.
Spetta quindi al giudice verificare, caso per caso, l'esistenza di una consapevolezza effettiva, conducendo un accertamento concreto e non meramente formale.

