
La riforma del processo civile, attuata con il d.lgs.n. 149/2022, ha introdotto il rito unificato della famiglia, finalizzato a concentrare e semplificare i procedimenti relativi allo stato delle persone, ai minorenni e alla famiglia. Tra le disposizioni più significative, l'art. 473-bis.17 c.p.c. prevede che l'attore debba depositare una memoria almeno venti giorni prima dell'udienza di comparizione, nella quale può proporre nuove domande ed eccezioni derivanti dalle difese del convenuto.
Tale previsione si coordina con l'art. 473-bis.14 c.p.c., che stabilisce il termine minimo di trenta giorni per la costituzione del convenuto. Ne deriva un margine temporale minimo di dieci giorni tra il deposito della comparsa del convenuto e la scadenza del termine per la memoria dell'attore.
Il presente contributo si propone di analizzare la tenuta costituzionale di questa scansione temporale, alla luce della sentenza n. 146/2025 della Corte costituzionale, sviluppando una prospettiva sistemica che coniuga la ratio organizzativa del rito con le garanzie costituzionali del giusto processo. In particolare, si valorizzano la prevedibilità delle difese, la differenziazione funzionale tra le parti e la flessibilità rimediale offerta dalla rimessione in termini.
Il termine di dieci giorni si inserisce in un rito speciale improntato alla celerità e alla concentrazione dei procedimenti. La scansione temporale risponde a una logica di efficienza processuale, coerente con il principio di ragionevole durata (art. 111, co. 2, Cost.) e con le esigenze di gestione delle risorse giudiziarie. Il legislatore ha inteso concentrare il thema decidendum e il thema probandum prima dell'udienza, riducendo i tempi di definizione e favorendo la programmazione istruttoria. La norma tutela l'effettività del contraddittorio, evitando dilazioni e garantendo, attraverso strumenti come la rimessione in termini, una gestione flessibile dei tempi. La decadenza opera solo per diritti disponibili, mentre per quelli indisponibili (es. mantenimento dei figli minori) è sempre ammessa l'introduzione di nuove domande e prove.
Nel procedimento genovese, l'attore aveva chiesto la modifica delle condizioni di separazione, mentre il convenuto aveva proposto domanda riconvenzionale di divorzio. Il Tribunale ha ritenuto il termine di dieci giorni insufficiente, configurando compressione del diritto di difesa (art. 24 Cost.), violazione della parità delle armi (art. 111 Cost.) e disparità rispetto ad altri riti (art. 3 Cost.). Il raffronto con il rito ordinario, semplificato e del lavoro evidenzia come la differenziazione temporale sia funzionale e non arbitraria: mentre nei riti generali il tempo serve a strutturare il contraddittorio su pretese eterogenee, nel rito familiare la prevedibilità delle domande riconvenzionali e la natura relazionale delle controversie giustificano la compressione, compensata dalla flessibilità procedurale.
La Corte ha respinto le censure, riaffermando l'ampia discrezionalità del legislatore nella conformazione del processo, purché non vi sia manifesta irragionevolezza. Il termine di dieci giorni è compatibile con la struttura del rito, non rende impossibile né eccessivamente difficile l'esercizio del diritto di difesa e può essere superato tramite rimessione in termini. La Corte ha valorizzato la prevedibilità delle difese nel rito familiare, dove le domande riconvenzionali sono generalmente collegate all'oggetto del giudizio. La discrezionalità legislativa trova confine nella ragionevolezza e nella non impraticabilità del diritto di difesa.
Il principio del contraddittorio richiede mezzi paritetici ma non necessariamente identici termini processuali. L'attore, diversamente dal convenuto, può anticipare le possibili reazioni, sfruttando la prevedibilità delle difese avversarie. La differenziazione dei tempi non determina disparità irragionevole: la posizione processuale delle parti e la natura concentrata del rito giustificano la compressione temporale, senza comprimere l'effettività della difesa. La simmetria non è un dogma costituzionale: ciò che conta è la parità sostanziale nella possibilità di incidere sul giudizio.
La sentenza n. 146/2025 conferma la tenuta costituzionale del rito unificato familiare e del termine minimo per le repliche dell'attore. Il bilanciamento tra celerità e tutela del contraddittorio è ritenuto ragionevole, soprattutto alla luce della prevedibilità delle difese e della flessibilità garantita dalla rimessione in termini. La Corte costituzionale riafferma che la velocità del processo non è nemica della giustizia, purché il tempo sia misurato, prevedibile e rimodulabile. Il diritto di difesa non si misura in giorni, ma nella possibilità effettiva di incidere sul giudizio. E questa possibilità, nel rito unificato familiare, resta garantita.
La disciplina dell'art. 473-bis.17 c.p.c., letta in coordinamento con l'art. 153, comma 2, c.p.c., delinea un sistema che, pur fondato su scansioni temporali stringenti, conserva margini di elasticità e tutela effettiva, confermando la compatibilità tra efficienza processuale e garanzie costituzionali.

