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Notizie Giuridiche

» La regola dell'anonimato nell'esame forense
24/10/2025 - Aldo Andrea Presutto

Il diritto della soglia

Nel diritto concorsuale, la regola dell'anonimato non è una formalità accessoria, ma una soglia di legittimità. Essa rappresenta il punto d'equilibrio tra imparzialità procedurale e tutela effettiva del merito. È una regola che non riguarda il contenuto della prova, ma la condizione di possibilità del giudizio: la valutazione deve avvenire "al buio", senza che il commissario possa, anche solo astrattamente, riconoscere il candidato.

Il presente contributo si concentra sull'applicazione della regola dell'anonimato nell'ambito dell'esame di abilitazione all'esercizio della professione forense, disciplinato dal R.D. n. 37/1934 e dalle disposizioni ministeriali che ne regolano lo svolgimento. Sebbene tale esame non rientri formalmente nella categoria dei concorsi pubblici ex D.P.R. n. 487/1994, la giurisprudenza amministrativa ha esteso ad esso le garanzie procedurali tipiche dei concorsi, in particolare la neutralità valutativa e l'anonimato degli elaborati.

La sentenza n. 1498/2025 del TAR Toscana, che ha confermato l'annullamento di un elaborato per la presenza di riferimenti estranei alla traccia, riporta in primo piano una tensione antica: quella tra legalità formale e giustizia sostanziale. Il caso, apparentemente minore, diventa così paradigma di un nodo strutturale del sistema selettivo, in cui la forma tende a prevalere sulla sostanza e il principio di garanzia rischia di degenerare in eccesso di formalismo.

La regola dell'anonimato: fondamento e funzione

L'anonimato delle prove scritte trova fondamento in più livelli normativi:
nell'art. 22 del R.D. n. 37/1934 per l'esame forense;
nell'art. 3, comma 5, del D.P.R. n. 487/1994, che disciplina l'ordinamento generale dei concorsi pubblici;
e nei singoli bandi e decreti ministeriali che ne declinano le modalità applicative.

Sul piano costituzionale, la regola si radica nei principi di imparzialità e buon andamento (art. 97 Cost.) e nel diritto di accesso ai pubblici uffici in condizioni di uguaglianza (art. 51 Cost .)

A livello sovranazionale, la Corte EDU ha riconosciuto che il diritto di accesso equo alle funzioni pubbliche e la neutralità delle procedure selettive rientrano nella garanzia del giusto procedimento ex art. 6 CEDU, quando l'esito incide su diritti civili, professionali o patrimoniali. In tali casi, l'imparzialità e la trasparenza della valutazione costituiscono requisiti essenziali di legittimità.

.La funzione dell'anonimato è preventiva: non serve a punire, ma a evitare. È una tecnica di neutralizzazione del rischio di riconoscibilità che opera ex ante, prima che il giudizio si formi. La sua violazione, pertanto, non incide sul merito ma sulla legittimità del procedimento stesso, divenendo un vizio insanabile che travolge la prova.

Il caso Firenze–Catanzaro: quando la forma diventa barriera

Nel caso toscano, il candidato aveva inserito nell'elaborato tre elementi non richiesti:
l'intestazione "Tribunale di Firenze", la residenza delle parti e un riferimento all'art. 137, comma 7, c.p.c.

La Commissione ha ritenuto che tali indicazioni, pur non identificative in senso stretto, fossero "anomalie redazionali" idonee a compromettere l'anonimato. Il TAR ha confermato la decisione, affermando che non è necessaria la prova dell'intenzionalità o dell'effettivo riconoscimento: basta la potenziale riconoscibilità, valutata secondo un criterio oggettivo.

Questa impostazione si colloca nel solco tracciato da Cons. Stato, sez. IV, 7 marzo 2012, n. 1740, e da TAR Emilia-Romagna, 22 marzo 2018, n. 292, che valorizzano la funzione preventiva della regola. Altri orientamenti, come TAR Lazio, 19 maggio 2014, n. 4733 e TAR Toscana, 12 dicembre 2017, n. 1282, hanno invece proposto una lettura più elastica, fondata sul principio di proporzionalità e sulla distinzione tra errore innocuo e segno volontario.
La sentenza del 2025 segna dunque un ritorno al formalismo garantista, dove la certezza della forma prevale sulla valutazione sostanziale.

Il caso Marche: l'anonimato esteso alle prove pratiche

A completare il quadro, la sentenza n. 100/2025 del TAR Marche ha esteso la regola dell'anonimato anche alle prove pratiche, quando esse consistano nella redazione di un elaborato scritto. Il Tribunale ha affermato che:

"La regola dell'anonimato si applica anche alle prove pratiche, salvo che le modalità concrete di svolgimento rendano inevitabile l'identificazione."

Nel caso esaminato, i candidati avevano apposto il proprio nome sugli elaborati. Il TAR ha annullato la prova, ordinando la rinnovazione della valutazione. La decisione ribadisce che ciò che rileva non è la tipologia formale della prova, ma la sua modalità di correzione: se il giudizio può essere influenzato dall'identità del candidato, l'anonimato deve essere garantito.

Forma e sostanza: una questione sistemica

La ratio dell'anonimato può essere così formalizzata:

"Tecnica di neutralizzazione del rischio di riconoscibilità, funzionale alla separazione tra soggetto e valutazione, operante in chiave preventiva come presidio d'imparzialità e non come strumento punitivo."

Tuttavia, un'applicazione eccessivamente rigida rischia di compromettere la proporzionalità e il diritto alla prova. La Corte costituzionale, con sentenza n. 20 del 2019, ha affermato che il principio di legalità deve essere interpretato alla luce della ragionevolezza e della proporzionalità, anche nei procedimenti amministrativi che incidono su diritti individuali. Il bilanciamento tra forma e sostanza è dunque un criterio di legittimità costituzionale. In questa direzione si muove anche la dottrina (Casetta, Nigro, Trimarchi Banfi), che invita a una lettura dinamica del principio: la forma deve proteggere la sostanza, non soffocarla.

L'esperienza europea: verso una proporzionalità dell'anonimato

Il raffronto con altri ordinamenti mostra un panorama più flessibile.
In Francia, l'anonimato nelle prove scritte è garantito attraverso codici identificativi anonimi e sistemi digitali di gestione centralizzata, secondo prassi consolidate nei concorsi pubblici nazionali (concours de la fonction publique), anche se la norma originaria (art. R. 335-12 del Code de l'éducation) è stata abrogata.
In Germania, il principio di Verhältnismäßigkeit (proporzionalità) guida l'applicazione delle regole formali nei procedimenti selettivi: le irregolarità non dolose non comportano automaticamente l'annullamento, secondo una prassi giurisprudenziale consolidata
In Spagna, il Tribunal Supremo, con sentenza n. 972/2021, ha stabilito che l'esclusione di un candidato per violazione dell'anonimato è legittima solo se il rischio di riconoscimento è concreto e rilevante, e se le basi del concorso lo prevedono chiaramente. Si tratta di un modello di bilanciamento tra forma e sostanza.

L'Italia, invece, conserva un modello di tutela assoluta e astratta, in cui la neutralità è perseguita anche a costo di sacrificare la valutazione sostanziale del merito.

Il raffronto europeo mostra che, mentre Francia e Germania adottano modelli di anonimato flessibili e proporzionati, l'Italia conserva una visione più rigida e formalistica, in cui la neutralità è perseguita anche a costo di sacrificare la valutazione del merito. Una riforma del sistema dovrebbe ispirarsi ai modelli che bilanciano imparzialità e tutela sostanziale

Prospettive di riforma: verso una grammatica dell'anonimato

Alla luce dei casi recenti, tre direttrici di riforma appaiono auspicabili.
Primo: l'adozione di linee guida ministeriali che definiscano esempi concreti di segni tollerabili e fissino standard redazionali uniformi.
Secondo: l'introduzione di un principio di sanabilità, modellato sull'art. 21-octies, comma 2, L. 241/1990, per evitare l'annullamento in caso di violazioni formali non influenti.
Terzo: la previsione di un contraddittorio tecnico, che consenta al candidato di spiegare l'anomalia prima della sanzione.
Tali strumenti rafforzerebbero la legalità sostanziale, trasformando la regola dell'anonimato da barriera a garanzia effettiva.

Scrivere come se si fosse invisibili

Il diritto concorsuale è, oggi, un diritto della soglia: sospeso tra competenza e conformità, tra tecnica e neutralità.
Il caso Firenze–Catanzaro e la sentenza del TAR Marche mostrano che l'anonimato, per essere una garanzia, deve essere anche proporzionato. La vera sfida non è scegliere tra forma e sostanza, ma fare della forma la misura della sostanza.

In fondo, scrivere in un concorso significa — come insegna la giurisprudenza più avvertita — scrivere come se si fosse invisibili, confidando che la neutralità della procedura sia custode della giustizia del merito.

[Fonte: www.studiocataldi.it]

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