
Il Traforo del Monte Bianco si trova oggi di fronte a una scelta che potrebbe ridefinire l'economia del Nord-Ovest italiano e della Valle d'Aosta per i prossimi decenni. La Commissione intergovernativa franco-italiana (CIG) deve decidere entro dicembre 2025 tra due scenari drasticamente diversi per la ristrutturazione della volta del tunnel: una chiusura totale di tre anni consecutivi oppure chiusure periodiche di tre mesi all'anno per quindici anni.
Come giurista specializzato in diritto dei trasporti e libero pensatore delle dinamiche infrastrutturali, ritengo che questa decisione rappresenti molto più di una semplice scelta tecnica.
Si tratta di un crocevia che tocca profondamente il diritto dei consumatori, la tutela dei turisti, gli equilibri economici territoriali e le responsabilità dello Stato nella gestione delle infrastrutture strategiche.
Il Traforo del Monte Bianco opera in un contesto giuridico peculiare, disciplinato dalla convenzione internazionale italo-francese del 1972 e dalle successive convenzioni con ANAS. Tuttavia, come ha chiarito la giurisprudenza amministrativa più recente, l'esistenza di convenzioni internazionali non sottrae l'infrastruttura dall'applicazione della normativa nazionale sopravvenuta.
Il TAR Piemonte ha infatti stabilito che "la gestione di una infrastruttura di questo tipo per sua fisiologica natura è destinata a lunghissimi tempi di durata, viene correttamente concepita come dinamica, cioè contempla, con sistemi condivisi di concertazione, un costante aggiornamento di regole e disciplina, nel rispetto delle norme nazionali".
Questo principio assume particolare rilevanza quando consideriamo che l'art. 28 del Codice della Strada impone ai concessionari di servizi che interessano le strade l'obbligo di osservare le condizioni imposte dall'ente proprietario per la conservazione della strada e la sicurezza della circolazione.
La Tutela del Viaggiatore nell'Era delle Mega-Chiusure.
La scelta tra i due scenari avrà ripercussioni dirette sui diritti dei consumatori e dei turisti, categorie protette dal Codice del Turismo. Una chiusura triennale consecutiva comporterebbe una prevedibilità maggiore per gli operatori turistici, consentendo loro di pianificare percorsi alternativi e informare adeguatamente i clienti. Al contrario, chiusure ricorrenti per quindici anni creerebbero un'incertezza permanente che potrebbe configurare una violazione degli obblighi informativi previsti dalla normativa turistica.
Il calo di 50.000 veicoli pesanti già registrato nel 2024 rispetto al 2023 dimostra come anche chiusure temporanee abbiano effetti significativi sui flussi di traffico e, conseguentemente, sui diritti degli utenti.
Previsioni di Impatto Economico: I Numeri che Fanno Tremare.
Basandomi sui dati disponibili e sulle tendenze storiche, posso formulare alcune previsioni con uno scenario da far tremare i polsi sull'impatto economico :
Scenario A - Chiusura triennale consecutiva (2026-2029):
Scenario B - Chiusure trimestrali per 15 anni (2026-2041):
Il Dovere di Garanzia Infrastrutturale.
Come evidenziato dalla giurisprudenza del TAR Piemonte, il concessionario non può essere esonerato dagli obblighi di mantenimento della sicurezza e funzionalità dell'infrastruttura, principio che si estende naturalmente allo Stato concedente. L'art. 44 del Decreto Semplificazioni stabilisce procedure accelerate per le infrastrutture strategiche, riconoscendo implicitamente l'interesse nazionale alla loro continuità operativa.
Il Ministro Salvini si trova quindi di fronte a una "patata bollente" che richiede una valutazione attenta non solo degli aspetti tecnici, ma anche delle implicazioni giuridiche derivanti dal principio di continuità del servizio pubblico e dalla tutela dell'affidamento degli utenti.
La giurisprudenza amministrativa ha chiarito che il concessionario è equiparato all'ente proprietario della strada quanto agli obblighi di garantire la sicurezza e fluidità della circolazione. Questo principio impone una valutazione ponderata tra l'esigenza di garantire la sicurezza attraverso i lavori di ristrutturazione e quella di minimizzare l'impatto sulla continuità del servizio.
L'eventuale interruzione prolungata del servizio potrebbe configurare ipotesi di responsabilità risarcitoria nei confronti degli operatori economici danneggiati. Il comma 2 dell'art. 28 del Codice della Strada prevede espressamente che "in caso di ritardo ingiustificato, il gestore del pubblico servizio è tenuto a risarcire i danni e a corrispondere le eventuali penali fissate nelle specifiche convenzioni".
La giurisprudenza civile ha inoltre stabilito che il danno da fermo tecnico non è in re ipsa e richiede la prova della spesa sostenuta per il noleggio di un mezzo sostitutivo, principio che potrebbe applicarsi anche ai danni derivanti dalla chiusura del traforo.
L'art. 305 del Codice dell'Ambiente prevede specifici obblighi di ripristino ambientale che potrebbero essere invocati per ottenere misure compensative a favore dei territori maggiormente colpiti dalla chiusura. La Corte Costituzionale ha già chiarito che il Traforo del Monte Bianco costituisce un'infrastruttura di rilevanza internazionale, il che potrebbe giustificare interventi compensativi a livello nazionale.
Come giurista esperto in materia, ritengo che la scelta debba essere orientata verso lo scenario della chiusura triennale consecutiva, per le seguenti ragioni giuridiche:
Principio di proporzionalità: Una chiusura concentrata nel tempo rispetta meglio il principio di proporzionalità tra mezzi e fini, minimizzando l'impatto complessivo sui diritti degli utenti.
Tutela dell'affidamento: Gli operatori economici possono pianificare meglio le proprie attività con un orizzonte temporale definito piuttosto che con un'incertezza quindicennale.
Efficienza economica: I costi sociali ed economici di una chiusura prolungata ma definita sono inferiori a quelli di un'instabilità permanente.
Qualunque sia la scelta finale, sarà necessario implementare un pacchetto di misure di mitigazione che includa:
Il Traforo del Monte Bianco rappresenta molto più di un semplice tunnel: è un simbolo dell'integrazione europea, un'arteria vitale per l'economia alpina e un banco di prova per la capacità dello Stato di gestire le grandi infrastrutture strategiche.
La decisione che la Commissione intergovernativa dovrà assumere a dicembre non può prescindere da una valutazione complessiva degli aspetti giuridici, economici e sociali in gioco.
Come libero pensatore e giurista, auspico una scelta coraggiosa che privilegi la certezza del diritto e la tutela degli interessi legittimi di tutti i soggetti coinvolti.
Il Ministro Salvini ha l'opportunità di dimostrare che l'Italia sa affrontare le sfide infrastrutturali con visione strategica e responsabilità istituzionale.
La "patata bollente" del Monte Bianco può trasformarsi in un'occasione per ridefinire gli standard di gestione delle grandi opere pubbliche, coniugando efficienza tecnica, sostenibilità economica e tutela dei diritti fondamentali.
La storia giudicherà questa decisione non solo per i suoi effetti immediati, ma per la capacità di aver saputo guardare oltre l'emergenza, costruendo le basi per un futuro più solido e sostenibile per le Alpi e per l'Europa.

