
 
 Nel giugno 2025 il Governo Meloni ha cominciato a lavorare alla proposta di un disegno di legge con cui richiamare circa 10.000 ex militari volontari in modo da formare una riserva militare ausiliaria nel caso di guerra o qualora la situazione internazionale degenerasse e l'Italia fosse chiamata a partecipare a conflitti bellici di vario genere.
La proposta su cui il governo sta lavorando prevede che, in caso di guerra o di grave crisi internazionale, vengano impiegati nelle operazioni militari i "riservisti" con meno di 40 anni idonei dal punto di vista psicofisico, che abbiano servito come Volontari in Ferma Iniziale o Volontari in Ferma Triennale.
Il 21 maggio 2025, tra l'altro, il Ministro delle infrastrutture Matteo Salvini ha presentato alla Camera dei deputati una proposta di legge per reintrodurre la leva obbligatoria nel nostro Paese: sei mesi di servizio militare o civile per i giovani tra i 18 e i 26 anni, da svolgere in Italia, nella propria regione di appartenenza.
Questa proposta ha riacceso il dibattito sulla leva obbligatoria e sul coinvolgimento volontario dei giovani in attività collegate a scopi militari (ma anche di protezione civile), soprattutto alla luce dei venti di guerra che spirano in quest'epoca.
C'è da dire che la disciplina dell'obbligo di leva in Italia affonda le proprie radici nel principio costituzionale secondo cui la difesa della Patria costituisce un "dovere sacro del cittadino" (art. 52 della Costituzione), perciò di tutti i cittadini, senza alcuna distinzione basata sul sesso o sul genere (art. 3 Cost.).
Un dovere di difendere non di attaccare, in particolare di difendere la Patria da eventuali aggressioni portate da Paesi terzi al territorio nazionale ed ai suoi confini, alle infrastrutture, ai cittadini italiani e alla struttura repubblicana del Paese.
| La cosiddetta Legge Martino (ossia la legge 23 agosto 2004, n. 226), nella consapevolezza che l'Italia ripudia la guerra (art. 11 Cost.) e nell'ottica di contenimento della spesa pubblica in tempi di pace sedimentata, dichiarava la sospensione (si badi, non abrogazione) della leva obbligatoria per tutti i nati dopo l'anno 1986 sicché, a partire dal 1° gennaio 2005, le nostre forze armate (Esercito, Marina e Aeronautica), vengono composte esclusivamente da professionisti, uomini e donne, che hanno scelto volontariamente di indossare la divisa e di intraprendere la carriera militare. Tale normativa è stata successivamente abrogata con l'entrata in vigore del c.d. codice dell'ordinamento militare (D.Lvo 15 marzo 2010, n. 66) il quale, però, all'art. 1929 ha riprodotto pedissequamente la disposizione di sospensione delle chiamate per lo svolgimento del servizio obbligatorio di leva di cui alla precedente Legge Martino. | 
Sebbene dunque la chiamata obbligatoria al servizio militare sia attualmente sospesa, è fondamentale comprendere che il quadro normativo che la regola rimane pienamente in vigore.
Si tratta perciò di un corpus normativo che, pur non essendo concretamente applicato, conserva piena vigenza giuridica e impone precisi e continuativi doveri amministrativi di fondamentale importanza strategica per garantire la prontezza operativa dello Stato in caso di riattivazione del servizio di leva obbligatorio.
La sospensione, come anticipato, non equivale ad abrogazione, tanto che l'articolo 1929 del Codice dell'O.M. richiede il sopraggiungere di precise condizioni eccezionali per ripristinare l'obbligo di leva, e precisamente:
• Delibera dello stato di guerra (ai sensi dell'articolo 78 della Costituzione).
• Grave crisi internazionale che coinvolga l'Italia direttamente o in ragione della sua appartenenza a un'organizzazione internazionale e che giustifichi un aumento della consistenza numerica delle Forze Armate.
Mentre nel primo caso si potrebbe stare ragionevolmente sicuri che ciò non accadrà per l'impossibilità della classe politica di dichiarare lo stato di guerra senza che l'Italia subisca un attacco o un'aggressione da parte di Paesi terzi (e dunque nei casi dell'art. 52 Cost.), il pericolo del conflitto resta concreto e preoccupante nella seconda ipotesi delineata, cioè in caso di grave crisi internazionale che coinvolga l'Italia direttamente o in ragione della sua appartenenza a organizzazioni internazionali, ad esempio quale membro della Nato o dell'UE.
In tali casi, sebbene l'Italia ripudi la guerra e non sarebbe esigibile il dovere di cui l'art. 52 Cost., il Paese sarebbe comunque coinvolto militarmente per difendere un Alleato secondo la regola "uno per tutti, tutti per uno".
L'art. 5 del Trattato di adesione alla NATO sancisce, infatti, che un attacco armato contro uno Stato membro è da considerarsi come un attacco indirizzato anche a tutti gli altri Stati appartenenti all'Alleanza, con la conseguenza che ciascuno dei Paesi membri è tenuto ad agire a sostegno reciproco anche ricorrendo alla forza armata che non necessariamente dovrebbe avvenire nel territorio nazionale dello Stato richiesto di soccorso, ma potrebbe anche realizzarsi, come previsto dall'art. 6 del Trattato «contro le forze, le navi e gli aeromobili che si trovino su questi territori o in qualsiasi altra regione d'Europa o nel mare Mediterraneo».
Parimenti l'articolo 42, paragrafo 7, del Trattato sull'Unione Europea (TUE) stabilisce un obbligo di mutua assistenza militare se uno Stato membro dell'UE subisca un'aggressione armata da altri Paesi.
Così, ad eccezione della improbabile e inattuale dichiarazione di stato di guerra ex art. 78 Cost., al fine di ripristinare la leva obbligatoria basterebbe una presa d'atto che l'organico in servizio sia insufficiente all'esigenza di soccorso alla NATO o all'UE e che la mancanza di personale non possa essere colmata con i volontari in ferma permanente che abbiano cessato il servizio da non oltre 5 anni (i c.d. "ex militari" sono, infatti, i primi che, in caso di necessità, verrebbero richiamati in servizio, senza necessità di arrivare a chiamare alla leva gli adulti e i giovanissimi i quali non hanno mai prestato il servizio militare).
Dunque, se per la gravità dei conflitti (e si pensi alle tensioni attuali contro la Russia) questi non dovessero bastare, si arriverebbe alla necessità di chiamare i cittadini a combattere.
Attenzione però, la chiamata alle armi non equivale alla chiamata alla leva militare, in quanto la prima afferisce ai secondi, nel senso che la prima si rivolge a coloro che hanno prestato il servizio di leva.
La chiamata alle armi, in altri termini, presuppone la riattivazione del servizio obbligatorio di leva che avviene con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, ed è indispensabile (ma purtroppo non improbabile) che si verifichi la duplice condizione simultanea [1] di insufficienza del personale volontario in servizio e, al contempo, [2] l'impossibilità di colmare le vacanze di organico mediante il richiamo in servizio di personale militare volontario cessato dal servizio da non più di cinque anni.
La procedura di leva, una volta riattivata, si articola in una serie di fasi ben definite, la cui efficacia dipende in larga misura dalla corretta e continua gestione preliminare delle liste di leva da parte dei Comuni.
L'articolo 1948 dell'O.M. delinea le fasi principali del procedimento, che si succedono in ordine logico e cronologico:
1. Formazione delle liste di leva: consiste nell'attività amministrativa preliminare e fondamentale, di competenza esclusiva dei Comuni, di iscrizione anagrafica dei giovani.
2. Chiamata alla leva: include i sub-procedimenti di verifica e aggiornamento delle liste, la chiamata alla visita di leva e la sottoposizione a visita medica, che culmina nell'arruolamento, nella riforma per inidoneità o nella "rivedibilità" (rinvio a nuova visita).
3. Chiamata alle armi: rappresenta l'incorporazione effettiva degli arruolati nei reparti. Può essere seguita da un differimento per rinvio o ritardo, oppure da una mancata chiamata per dispensa o riforma.
4. Collocamento in congedo illimitato: segna il termine del servizio attivo di leva, ma non la cessazione definitiva degli obblighi militari, mantenendo il personale a disposizione per eventuali richiami.
5. Richiamo: l'eventuale richiamo in servizio del personale in congedo illimitato per specifiche esigenze operative o addestrative.
6. Collocamento in congedo assoluto: determina la cessazione definitiva di ogni obbligo militare, che di norma avviene al compimento del 45° anno di età.
Solo la prima fase tra le sei sopra indicate - cioè la formazione delle liste di leva - è l'unica a non essere sospesa dalla normativa in vigore, e costituisce un'attività ricorrente demandata per legge alle amministrazioni Comunali, che ne sono il presidio essenziale.
Infatti, anche durante il periodo di sospensione dell'obbligo di leva i Comuni mantengono il compito di preservare l'infrastruttura amministrativa del sistema militare, alimentando le potenziali riserve con l'inserimento dei giovani negli elenchi di coloro che potranno essere chiamati in caso di necessità o di ripristino del servizio di leva obbligatorio.
Il Sindaco, in qualità di Ufficiale di Governo, è il perno di questo processo, che il 1° gennaio di ogni anno rende noto alla cittadinanza, tramite un pubblico proclamo, il dovere per i giovani di sesso maschile che compiono 17 anni nell'anno in corso di farsi inserire nella lista di leva del Comune in cui sono legalmente domiciliati nonché l'obbligo per i genitori e i tutori di curare la detta iscrizione dei figli sottoposti alla loro responsabilità (articolo 1932 O.M.).
Ai sensi del comma 3 dell'art. 1932 O.M., la pubblicazione di tale manifesto entro il mese di gennaio di ogni anno equivale ad avviso di avvio del procedimento di iscrizione nella lista provvisoria di leva, composta dalle richieste pervenute dei genitori e dalle risultanze dei registri di stato civile (art. 1935, comma 1 O.M.).
Successivamente, l'elenco provvisorio degli iscritti viene pubblicato all'albo pretorio del Comune per 15 giorni consecutivi (art. 1935, c. 3 O.M.), in cui possono essere effettuate le osservazioni, i reclami e le dichiarazioni presentate per correggere omissioni o errori (Art. 1936, c. 1 O.M.).
Entro la fine del mese di marzo di ogni anno Il Sindaco sovrintende alle operazioni di aggiornamento, inserendo le modifiche necessarie per rendere la lista definitiva (art. 1936, c. 2 O.M.) la quale, una volta completata, viene trasmessa al Ministero della Difesa in modalità esclusivamente telematica nei primi dieci giorni di aprile di ogni anno (articolo 1937 O.M.).
Tuttavia, il compito del Sindaco non si esaurisce con questo adempimento, poiché fino al 31 dicembre dell'anno di riferimento (ad esempio entro il 31 dicembre 2025 per i nati nel 2008) il Comune è tenuto a registrare ogni variazione anagrafica rilevante che riguardi gli iscritti (come decessi, cambi di residenza, acquisto o perdita della cittadinanza), nonché a iscrivere eventuali soggetti omessi che vengano scoperti o si presentino spontaneamente (articolo 1938 O.M.).
In definitiva l'articolo 1950 del Codice O.M. stabilisce che i soggetti destinatari dell'iscrizione nelle liste di leva e, in prospettiva, alla chiamata alle armi, sono tutti i cittadini italiani e gli apolidi domiciliati in Italia di sesso maschile che compiano 17 anni nell'anno di formazione delle liste (art. 1953 O.M.) abili alla chiamata da effettuarsi - qualora il servizio di leva fosse riattivato - non prima del compimento dei 18 anni e non dopo il 45° anno di età.
È evidente perciò che l'inserimento nelle liste annuali di leva dii cittadini minori di sesso maschile formate dai Comuni presenti, per le modalità in cui è attuata da moltissimi comuni italiani, numerosi profili di illegittimità del trattamento dei dati personali.
In primo luogo, la condizione della volontarietà dell'inserimento, poiché se per il Sindaco la formazione della lista di leva è "atto dovuto", non di meno l'inserimento di nominativi di minorenni non può prescindere dal consenso o dalla richiesta di uno dei genitori, poiché la non obbligatorietà del servizio di leva esclude l'automaticità dell'inserimento automatico nelle liste.
Invece, i Sindaci comunque trattano i dati personali dei minorenni italiani per inserirli d'ufficio nella lista obbligatoria senza acquisire il consenso, onerando poi gli ignari genitori di una attività difensiva che, se non esercitata entro una stretta tempistica, comporta la definitività dell'iscrizione abusiva (senza consenso) nella lista di leva.
Seppure l'abuso di ufficio sia stato abrogato, di certo la legalità amministrativa rimane ancora - almeno sulla carta - un valore fondamentale, tanto che i Sindaci non potrebbero operare a piacimento per ovviare ad eventuali inadempienze dei genitori, poiché il rispetto degli obblighi di leva, qualora l'obbligo fosse reinserito, è garantito da un sistema di conseguenze giuridiche e amministrative per coloro che non vi adempiono quali, ad esempio, le limitazioni all'accesso a Uffici Pubblici o la dichiarazione di renitenza.
Un altro fattore di irragionevolezza che stride con la cultura globalista delle politiche dominanti inondate dalla spasmodica ricerca della parità di genere e del divieto di discriminazione basata sul sesso, consiste nella previsione di inserimento nelle liste di leva e di chiamata alla leva in caso di ripristino del servizio obbligatorio dei soli cittadini di sesso maschile, pur a fronte della garanzia di uguali diritti e doveri per uomini e donne, alle quali non pare invece che venga riconosciuto da tale pratica il sacro dovere di difendere la Patria.
La legge attuale, come si è visto, prevede che in caso di mancanza di personale delle Forze armate il vuoto debba essere colmato rivolgendosi, in prima battuta, ai veterani recenti, ovvero, ai volontari che hanno cessato la loro carriera militare da non più di 5 anni, tra i quali sono incluse anche le militari di sesso femminile le quali, anche se arruolate e poi congedate, non potrebbero opporsi ad un eventuale richiamo in servizio e alle armi, salvo gravi motivi di salute che impediscano una partecipazione attiva alle operazioni militari (come del resto previsto per tutti) o qualora la chiamata avvenga durante lo stato di gravidanza.
In diverse parole, nella legislazione vigente è assicurata una parità di trattamento tra uomini e donne, un divieto di discriminazione basato sul genere e sul riconoscimento della pari dignità lavorativa, di grado e retributiva per i militari, indifferentemente che siano uomini o donne, per cui appare assolutamente insensato e irragionevole - oltre che profondamente ingiusto e discriminatorio - l'inserimento automatico nelle liste di leva di un servizio non obbligatorio, per l'eventualità che venga ripristinato in caso di necessità, dei soli cittadini minorenni di sesso maschile.
E di certo questo non è un privilegio, almeno per i maschietti, ma piuttosto lo è per le femminucce, favorite ed esentate da obblighi gravosissimi solo in ragione del sesso, la cui condizione le discrimina dai cittadini maschi - o forse è il contrario? - laddove non vengano inspiegabilmente rese destinatarie dei doveri dell'art. 52 Cost., come se il dovere di difendere la Patria imposto dalla Costituzione a tutti i cittadini sottintenda la specifica che esso si riferisca ai soli cittadini maschi.
In tutto questo, senza alcuna distinzione basata sul sesso, tutti i soggetti chiamati alla leva (e tanto più alle armi), per essere arruolati, dovranno possedere specifici requisiti di idoneità, la cui valutazione avviene durante la fase della "chiamata alla leva" e consistono, in particolare, nella mancanza di interdizione perpetua dai pubblici uffici a seguito di una condanna penale (idoneità morale) nonché al rispetto di requisiti psicofisici, quali una statura minima di 150 cm e l'assenza di infermità o imperfezioni che rendano il soggetto non idoneo al servizio militare (idoneità fisica).
Non sono previste distinzioni in base al sesso ma sono, invece, previste ulteriori ipotesi di esclusione o posticipo della chiamata alle armi, come i casi di esenzione, dispensa e rinvio dal servizio per bilanciare il dovere di difesa della Patria con le legittime esigenze personali, familiari, di salute o di studio dei cittadini.
La riforma dal servizio è disciplinata dall'articolo 1975 del codice dell'O.M. con cui un soggetto viene dichiarato permanentemente non idoneo al servizio militare per cause di inidoneità fisica o psichica di carattere permanente o una statura inferiore al minimo richiesto.
La dispensa, invece, è una concessione che esonera dalla prestazione del servizio, accordata compatibilmente con le esigenze numeriche del contingente di leva e/o in base alle condizioni personali del soggetto (ad. es., orfano di entrambi i genitori con fratelli minorenni a carico; soggetto con prole; unico figlio convivente di genitore portatore di handicap; fratello di un militare deceduto durante la prestazione del servizio; motivi di studio, ecc.).
Il rinvio del servizio disciplinato dall'art. 1994 codice O.M. consente di posticipare la chiamata alla leva per completare un ciclo di studi di scuola secondaria superiore fino al compimento del 22° anno di età o di formazione universitaria fino a 26 anni per corsi di 4 anni (ma la durata varia in base alla durata legale dei singoli corsi di laurea) o fino al 29° anno di età per l'alta specializzazione post-laurea o dottorati.
Avv. Angelo Di Lorenzo
Presidente di Avvocati Liberi


