Essere adulti è dare le risposte a domande, bisogni, esigenze, diritti dei bambini, ai bambini: questo è la dovuta responsabilità, il resto non conta. È un dovere genitoriale, costituzionale, internazionale.
Il pedagogista Daniele Novara afferma: "I diritti dei bambini e delle bambine devono rappresentare il punto di convergenza di tutte le decisioni nei loro confronti, derogare è sempre pericoloso e può creare precedenti che confondono". I diritti dei bambini, dal diritto alla vita al diritto al gioco, sono prioritari, non seguono né devono seguire mode, teorie, gusti e interessi dei genitori e degli altri adulti.
Si parla continuamente dei diritti dei bambini, ma si è certi che nelle nostre famiglie i diritti dei bambini siano veramente tutelati" Genitori che danno tutto ma non l'ascolto, che non educano i figli a mangiare tutto e li fanno mangiare inadeguatamente, che li portano nei passeggini o in braccio fino a più anni di età, che li assecondano o giustificano in tutto, che accusano i figli degli altri, che puntano il dito contro la scuola, che non dicono no e si fanno tiranneggiare... E così i figli crescono fragili, disorientati, con un vuoto dentro e basta poco per farli crollare o esplodere.
La psicologa e psicoterapeuta Elena Massardi precisa: "Occuparsi di un bambino non significa stare con lui, ma disintonizzarsi e risintonizzarsi in modo tale che il bambino impari pure a stare da solo, ad auto rassicurarsi" (in un webinar dell'11 dicembre 2020). I diritti dei bambini corrispondono ad altrettanti doveri degli adulti, in particolare dei genitori. Questi ultimi devono garantire lo sviluppo e non solo la crescita dei figli, per cui devono far sì di non cadere in forme di ipercura.
Gianni Rodari scriveva: "Quanto pesa una lacrima". La lacrima di un bambino capriccioso pesa meno del vento, quella di un bambino affamato pesa più di tutta la terra". Bambini che piangono per un nonnulla e genitori apprensivi e iperprotettivi (che vanno pure alla ricerca di colpe nella scuola o negli altri). Bambini che piangono per la fame, la guerra e altre infamie e gli adulti indifferenti tanto sono figli degli altri: alcuni adulti trascurano che i diritti dei bambini riguardano tutti i bambini e non solo i loro figli. Si ricordi che esiste pure la Carta africana sui diritti e il benessere del minore che, tra l'altro, stabilisce esplicitamente doveri dei genitori.
L'art. 32 par. 1 Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia recita: "Gli Stati parti riconoscono il diritto del fanciullo ad essere protetto contro lo sfruttamento economico e qualsiasi tipo di lavoro rischioso o che interferisca con la sua educazione o che sia nocivo per la sua salute o per il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale". Il riconoscimento e la difesa dei diritti dei bambini richiedono anche equità generazionale, nella sua duplice accezione di equità intergenerazionale e di equità intragenerazionale, perché non bisogna dimenticare che ci sono bambini che non hanno nulla e costretti a lavorare nelle miniere o nelle discariche e bambini che hanno tutto e sono passivizzati e resi svogliati e diseducati al lavoro e a qualsiasi impegno.
"L'enfasi posta sui diritti senza doveri ha svuotato il significato di esperienze relazionali primarie - sessualità, matrimonio, gravidanza, educazione, infermità -" (cit.). Si è dimenticato e si dimentica che non tutto è diritto, che i diritti corrispondono a doveri e che i diritti si iscrivono in relazioni umane e non in astratto. Così a cominciare dai diritti dei bambini.
Il bioeticista Paolo Marino Cattorini sottolinea: "Nel dibattito bioetico, la "gestazione per altri" è criticata per diversi motivi: la moltiplicazione e frantumazione delle figure genitoriali, il rischio di conflitti tra madre biologica e sostitutiva, le difficoltà educative dei bambini che vivranno complicate relazioni familiari. Inoltre è quasi impossibile (oltre che controindicato) nascondere al bambino le modalità della sua nascita e occorrerà perciò prepararsi a comunicazioni emotivamente impegnative". Gli adulti, anche nella scelta del concepire un figlio, devono essere consapevoli e responsabili che i diritti dei bambini sanciti nella Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia sono doveri per loro adulti e diritti anche per i bambini nascituri, tra cui il diritto a conoscere i propri genitori (art. 7) e la libertà di ricercare e ricevere informazioni (art. 13).
Rivolgendosi agli adulti, l'educatore Paolo Mai, cofondatore dell'Asilo nel Bosco, scrive: "Uno degli strumenti più poderosi che abbiamo si chiama Educazione Emozionale. Il suo orizzonte è spacciare felicità, prevenire disagio e malessere e migliorare il rendimento scolastico e la qualità del lavoro e delle relazioni, cammina verso questo obiettivo favorendo lo sviluppo delle competenze socioemotive attraverso un approccio sistemico, che lavora certo sui bambini ma in primis sugli adulti che se ne prendono cura a cominciare da noi stessi. Diverse ricerche neuroscientifiche e psicologiche lo dimostrano e noi ne siamo testimoni. Un bambino che nutre una sana autostima, che sviluppa empatia, resilienza e un'attitudine positiva alla vita, che conosce le emozioni e sa orientare i propri sentimenti, non cade nel disagio, incontra il suo posto nel mondo e costruisce relazioni virtuose". Genitori e educatori devono essere consapevoli che tra i diritti dei bambini esistono anche i diritti emotivi dei bambini (su cui sono stati formulati decaloghi o carte), alcuni dei quali si possono evincere dalla Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia.
Decisiva per l'educazione emozionale e per la promozione dei diritti emotivi è la lettura. "La favola, la lettura delle fiabe diventa un mezzo efficace per comprendere la sfera emotiva dei nostri bambini, e poter rendere loro un valido sostegno, affinché possano acquisire la consapevolezza di ciò che provano, diventando sempre più sicuri di sé, affinando molte delle potenzialità che acquisiranno nel tempo. Le favole parlano un finissimo linguaggio, molto comprensibile ai bambini, parlano di loro e si rivolgono a loro con delicatezza anche affrontando tematiche non semplici, la favola cura le angosce dei nostri bimbi e li aiuta anche ad affrontare le loro piccole e grandi paure quotidiane, anche incubi che possono preoccuparli e renderli frustrati" (un team di esperti). "Favola" e "fiaba" hanno la stessa origine etimologica, vale a dire racconto, narrazione di fatto inventato, di qualcosa di fantastico, e hanno origine antica. Rispondono all'esigenza dell'essere umano di mettersi in rapporto con l'altro, di raccontare, raccontarsi, immaginare, mettersi in un circolo di emozioni, conoscere altro, l'ignoto. La lettura di favole e fiabe è polivalente, tra l'altro consente pure all'adulto di impartire l'orientamento ed i consigli necessari all'esercizio dei diritti dei bambini (art. 5 Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia), di promuovere la vera natura dei bambini e di educare alla natura in senso generale.
"Io parlo di "educare con la natura", una preposizione semplice che esprime relazione, unione, partecipazione, collegamento; tra la natura e noi ci può essere un rapporto di compagnia, cum-panis, nel quale il pane, il nutrimento, viene condiviso. Questa relazione è una possibilità, non una condizione data, è la conseguenza di una scelta consapevole, di un'intenzionalità progettuale, in cui il progetto afferisce all'essere e al modo di vivere ancor prima che alla dimensione educativa" (cit.). Più che educare alla natura e nella natura, i bambini vanno educati alla loro natura e nel rispetto della loro natura, come già promosso da tanti tra cui Gianfranco Zavalloni anche con il suo decalogo dei diritti naturali dei bambini.
Il decalogo dei diritti naturali dei bambini formulato da Zavalloni comincia col diritto all'ozio e finisce col diritto alle sfumature, ovvero il diritto al tempo. Il tempo di essere e di vivere bambini per divenire adulti col tempo. Tempo: proprio quello che gli adulti perdono e di cui vanno, poi, alla vana ricerca.
I dieci diritti naturali (in primis il diritto alla strada e il diritto al selvaggio) sembrano ripercorrere la storia di Pinocchio, che fa di tutto perché non vuol essere un burattino, come talvolta sono trattati i bambini.
Infanzia negata di oggi, nel cosiddetto mondo occidentale: è desolante (ma senza voler generalizzare) vedere bambini che, pur crescendo, non camminano bene, non sanno correre, non sanno giocare insieme e con i giocattoli (che lanciano o distruggono volutamente), hanno paura di sporcarsi, si stancano subito, non vogliono colorare, usano prevalentemente colori scuri, non sanno impugnare bene la matita o le posate (anche a più anni di età), non si strofinano le mani per lavarsele ma le mettono semplicemente sotto il rubinetto, piangono per un nonnulla... Altro che diritti naturali dei bambini: oggi c'è un'involuzione delle funzioni naturali!
A fronte di tutto ciò lo psicologo Simone Olianti richiama: "[…] in nessun manuale di pedagogia ho trovato scritto quanto sia importante educare alla semplificazione, parola che ha una radice etimologica molto bella: togliere pieghe alla realtà. Quanto importante è saper potare, per far fiorire la vita!". I genitori e gli altri adulti di riferimento spesso dimenticano o ignorano il diritto di ogni fanciullo ad un livello di vita sufficiente atto a garantire il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale (art. 27 par. 1 Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia) e che loro hanno primariamente la responsabilità di assicurare questo sviluppo (liberare dal viluppo, intreccio confuso di fili), per cui bisogna educare all'essenziale, fornire l'essenziale e non coprire del superfluo.
E, di certo, è essenziale e non superfluo, come scrive lo psicoterapeuta Alberto Pellai nel decalogo per proteggere i nostri bambini (novembre 2018), garantire il: "10. Diritto a un futuro. Ovvero uno spazio di progetto in cui dare senso alla loro fatica di crescere, alla loro motivazione a impegnarsi, a studiare, a fare fatica. In questi ultimi anni, chi cresce si sente già da piccolo derubato del proprio futuro. E di tutti i diritti negati, forse questo è quello che fa più male a chi è nato e sta crescendo nel terzo millennio".