Con l'ordinanza n. 26320 del 29 settembre 2025, la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione ha riaffermato con forza i principi fondamentali in materia di responsabilità delle strutture per anziani, chiarendo che l'obbligo di protezione e custodia dell'ospite costituisce un dovere inderogabile e non può essere limitato da regolamenti interni o dichiarazioni dei familiari.
Il caso trae origine da una vicenda tragica che ha coinvolto un'anziana donna, riconosciuta invalida al 100% e affetta da demenza senile e morbo di Parkinson, ospite da quasi due anni di una casa di riposo siciliana. La paziente si era allontanata dalla struttura e venne ritrovata il giorno successivo priva di vita, a causa di assideramento, a soli seicento metri dal luogo in cui era accudita. La figlia della donna, sconvolta dall'accaduto, ha promosso un'azione giudiziaria nei confronti della cooperativa che gestiva la residenza, denunciando una grave omissione degli obblighi di custodia e vigilanza. La domanda di risarcimento comprendeva, da un lato, i danni iure proprio, connessi alla perdita del rapporto parentale e alla sofferenza personale, e dall'altro, i danni iure hereditatis, comprendenti il danno biologico terminale, il danno morale e le spese funerarie.
Il Tribunale e, successivamente, la Corte d'Appello di Palermo hanno accolto integralmente la domanda, riconoscendo la responsabilità della struttura. I giudici di merito hanno ritenuto che, in virtù del contratto atipico di spedalità, la casa di riposo fosse tenuta non solo a fornire vitto e alloggio, ma anche a garantire la sicurezza e l'incolumità della paziente, assicurando una sorveglianza adeguata al suo stato di salute. L'incapacità della donna, infatti, non esonerava la cooperativa dai propri obblighi, ma imponeva un livello di vigilanza ancora più stringente. È stato inoltre chiarito che le clausole contenute nel regolamento interno della struttura e le dichiarazioni della figlia relative alla presunta parziale autosufficienza della madre non potevano in alcun modo ridurre le responsabilità della casa di riposo, la quale, conoscendo da tempo le condizioni fisiche e cognitive dell'ospite, avrebbe dovuto prevedere il rischio di un allontanamento. La perdita del rapporto parentale, anche in assenza di convivenza, è stata ritenuta risarcibile, e il danno non patrimoniale liquidato unitariamente con riferimento ai parametri delle tabelle milanesi.
A seguito dell'impugnazione della cooperativa, la Suprema Corte ha confermato integralmente le decisioni dei giudici di merito, offrendo un'importante precisazione di principio. Secondo la Cassazione, il contratto di spedalità, nella sua dimensione atipica, implica un vincolo di protezione che non si esaurisce nella prestazione materiale dei servizi, ma si estende alla salvaguardia della persona in quanto tale. L'obbligo di protezione, ha ricordato la Corte, è inderogabile e deve modellarsi sulle condizioni concrete del paziente, imponendo alla struttura una vigilanza proporzionata al livello di fragilità dell'assistito.
La Corte ha inoltre ribadito che eventuali clausole regolamentari che limitano o escludono gli obblighi di custodia e sorveglianza sono inefficaci, in quanto contrastano con la funzione stessa del contratto e con i principi di correttezza e buona fede. La responsabilità della struttura è dunque configurabile come responsabilità per fatto proprio, derivante dalla violazione degli obblighi contrattuali assunti, e viene imputata direttamente all'ente gestore ai sensi dell'articolo 1228 del codice civile, che estende la responsabilità anche alle condotte dei propri ausiliari.
In relazione al danno da perdita del rapporto parentale, la Suprema Corte ha confermato l'orientamento consolidato secondo cui la sofferenza per la morte di un genitore costituisce una conseguenza di comune esperienza, che non richiede complesse dimostrazioni probatorie. Essa può essere accertata anche tramite presunzioni e documentazione medica idonea a dimostrare l'effettività del vincolo affettivo, a prescindere dalla convivenza.
In conclusione, la Cassazione, con questa ordinanza, rafforza ulteriormente la tutela dei soggetti fragili ospitati nelle strutture assistenziali, riaffermando che la protezione e la sicurezza della persona rappresentano la finalità essenziale del contratto di assistenza. La decisione segna un punto fermo nella giurisprudenza in materia, ponendo in evidenza che il dovere di vigilanza e cura non può mai essere eluso, nemmeno in presenza di regolamenti interni o dichiarazioni familiari, e che la violazione di tale dovere comporta una piena responsabilità della struttura per i danni subiti dagli ospiti e dai loro congiunti.
Avv. Rita Milano
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