Con la sentenza n. 76 del 30 maggio 2025, la Corte Costituzionale si è pronunciata sulla costituzionalità degli articoli 33, 34 e 35 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, nella parte in cui disciplinano il trattamento sanitario obbligatorio (TSO) in regime di degenza ospedaliera, con particolare riguardo alle garanzie procedurali a tutela della persona interessata, come la comunicazione del provvedimento, la possibilità di audizione da parte del giudice tutelare e la notificazione del decreto di convalida.
La questione trae origine da un TSO disposto nei confronti di una donna affetta da disturbi psichici, in relazione al quale il sindaco di Caltanissetta aveva emesso ordinanza ai sensi dell'art. 33 della legge n. 833/1978, successivamente convalidata dal giudice tutelare. La paziente, una volta dimessa, proponeva opposizione avverso l'ordinanza ai sensi dell'art. 35 della legge n. 833/1978, lamentando la mancata comunicazione del provvedimento sindacale, l'assenza di informazione sulle modalità di impugnazione e la mancata audizione personale prima della convalida.
Il Tribunale di Caltanissetta e, successivamente, la Corte d'Appello confermavano la legittimità del trattamento, ritenendo sussistenti i presupposti clinici.
Investita della questione, la Corte di Cassazione, ravvisava profili di incostituzionalità negli articoli 33, 34 e 35 della legge n. 833/1978, ritenendo che l'assenza di obblighi di comunicazione, di audizione e di notificazione del decreto di convalida potesse rendere meramente teorico il rimedio giurisdizionale previsto. Alla luce di ciò la Corte, rimetteva questione al giudizio della Corte Costituzionale.
La Corte Costituzionale, con un'articolata motivazione, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 35 della legge n. 833/1978, nella parte in cui non prevede che il soggetto sottoposto a TSO (o il suo rappresentante legale) sia tempestivamente informato del provvedimento, possa essere sentito personalmente dal giudice tutelare e riceva notifica del decreto di convalida.
Secondo la Consulta, tali omissioni comportano una violazione degli articoli 13, 24 e 111 della Costituzione, che garantiscono, rispettivamente, la libertà personale, il diritto di difesa e il giusto processo. La Corte ha chiarito che il TSO, incidendo direttamente sulla libertà personale, può essere disposto e mantenuto solo nel rispetto di rigorose garanzie procedurali, che assicurino la partecipazione attiva dell'interessato al procedimento e la verifica effettiva e tempestiva da parte dell'autorità giudiziaria.
La decisione valorizza inoltre la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, secondo cui la privazione della libertà per motivi di salute mentale, ai sensi dell'art. 5 CEDU, deve essere accompagnata da garanzie adeguate e da un contatto diretto del giudice con la persona (tra le altre, CEDU, Winterwerp c. Paesi Bassi, 1979; Varbanov c. Bulgaria, 2000).
La Corte Costituzionale ha inoltre precisato che la tutela del diritto alla salute non può giustificare compressioni indiscriminate della libertà personale, poiché anche in presenza di disturbi psichici, la persona conserva capacità residue di autodeterminazione e va messa nelle condizioni di partecipare al procedimento, anche mediante la nomina di un amministratore di sostegno o altro rappresentante processuale.
La Consulta ha infine richiamato il principio di proporzionalità e il carattere di extrema ratio del TSO, invitando il legislatore a riformare la disciplina in modo da bilanciare il potere di intervento sanitario con la necessità di assicurare un contraddittorio reale e un effettivo controllo giurisdizionale.
La sentenza n. 76/2025 segna un punto di svolta nella disciplina del trattamento sanitario obbligatorio. La Corte Costituzionale ha riaffermato che la tutela della salute non può essere perseguita a scapito della libertà e della dignità della persona, richiamando il legislatore a intervenire per colmare le lacune di una normativa ormai datata. La Consulta ha inoltre affermato che il TSO non può essere considerato un atto meramente amministrativo o tecnico, in quanto è un provvedimento che incide sui diritti fondamentali della persona. La pronuncia sottolinea infine che nessun trattamento sanitario può essere imposto se non nel rispetto della Costituzione e della dignità umana.
Avv. Rita Milano
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