• Richiesta Consulenza Legale

  • Should be Empty:
  • Tariffe

Notizie Giuridiche

» Intimazione e "cristallizzazione" del credito esattoriale
09/10/2025 - Daniele Osnato


In tempi remoti si riteneva che la normativa regolante il contenzioso tributario non potesse essere disattesa soprattutto con riguardo agli atti impugnabili. L'Art.19 del D.L.vo 546/92, appunto regolante il rito tributario, stabiliva e stabilisce ancora che sono impugnabili,

a) l'avviso di accertamento del tributo;

b) l'avviso di liquidazione del tributo;
c) il provvedimento che irroga le sanzioni;
d) il ruolo e la cartella di pagamento;
e) l'avviso di mora;
f) gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell'art. 2, comma 3;
g) il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri accessori non dovuti;
h) il diniego o la revoca di agevolazioni o il rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari;
i) ogni altro atto per il quale la legge ne preveda l'autonoma impugnabilità davanti alle commissioni tributarie.
2. Gli atti espressi di cui al comma 1 devono contenere l'indicazione del termine entro il quale il ricorso deve essere proposto e della commissione tributaria competente, nonché delle relative forme da osservare ai sensi dell'art. 20.
3. Gli atti diversi da quelli indicati non sono impugnabili autonomamente. Ognuno degli atti autonomamente impugnabili può essere impugnato solo per vizi propri. La mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all'atto notificato, ne consente l'impugnazione unitamente a quest'ultimo".
Tra gli atti impugnabili, al punto e) era quindi e specificatamente indicato l'Avviso di Mora, previsto dall'Art.46 del DPR 602/73, in vigore dall'1/01/74, che recitava: "L'esattore prima di iniziare l'espropriazione forzata nei confronti del debitore moroso deve notificargli un avviso contenente l'indicazione del debito, distintamente per imposte, sopratasse, pene pecuniarie, interessi, indennità di mora e spese, e l'invito a pagare entro cinque giorni".
Con l'introduzione dell'Art.16 del D.L.vo n.46 del 26/02/1999, in vigore dal 01/07/1999, l'Avviso di Mora sparisce.

Lo stesso Art.16 del D.L.vo 46/1999 inserisce all'Art.50 dello stesso DPR 602/73 una nuova tipologia di atto, l'Intimazione di Pagamento, prevedendo con ultima rivisitazione a cura del D.L.vo n.110/24 (in vigore dal 08/08/2024) che:
1. Il concessionario procede ad espropriazione forzata quando e' inutilmente decorso il termine di sessanta giorni dalla notificazione della cartella di pagamento al soggetto nei confronti del quale procede, salve le disposizioni relative alla dilazione ed alla sospensione del pagamento.
2. Se l'espropriazione non e' iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, l'espropriazione stessa deve essere preceduta dalla notifica, da effettuarsi con le modalita' previste dall'articolo 26, di un avviso che contiene l'intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni.
3. L'avviso di cui al comma 2 e' redatto in conformita' al modello approvato con decreto del Ministero delle finanze e perde efficacia trascorso un anno dalla data della notifica.
L'Art.50 è specificatamente inserito nel capitolo dedicato alla "esecuzione forzata" annunciato dall'Art.49 stesso DPR.

In ragione del disposto di cui al comma 3 dell'Art.19 D.L.vo 546/92 (Gli atti diversi da quelli indicati non sono impugnabili autonomamente. Ognuno degli atti autonomamente impugnabili può essere impugnato solo per vizi propri), la mancata elencazione dell'Intimazione di Pagamento di cui al cit.Art.50 tra gli atti tipicamente impugnabili ha indotto per oltre un quarto di secolo a ritenere che tale atto fosse impugnabile solo per "vizi propri", e difatti gli atti di tal genere notificati dai Concessionari per la riscossione tributi hanno sempre riportato nel proprio frontespizio, in conformità al modello approvato con decreto del Ministero delle finanze, tale specifica indicazione.

La questione, e lo si dice solo per scrupolo, era complicata dalle ulteriori normative che negli anni si sono succedute, non ultima quella preclusiva dell'impugnazione del "ruolo esattoriale" a mente del Decreto Legge n.146 del 21 ottobre 2021, il quale aggiungeva all'articolo 12 del D.P.R. n.602 del 1973, dopo il comma 4, il comma 4-bis che stabiliva "L'estratto di ruolo non è impugnabile". Cosicché, a fronte della notificazione di una Cartella di Pagamento, decorso un determinato periodo di tempo, ed eventualmente prescrittosi il credito, al momento della notificazione del successivo Avviso di Intimazione ai Contribuenti era sostanzialmente impedito, da un lato, l'impugnazione di merito relativamente alla pretesa esattoriale (in ragione dell'opponibilità dell'Intimazione solo per "vizi propri"), da altro lato era preclusa anche la strada dell'impugnazione del "ruolo", soluzione per lungo tempo adottata in estremis e poi successivamente sterilizzata dal D.L. n.146//21.

In tale guazzabuglio ciò che risultava concretamente a rischio era il diritto di tutela del Contribuente a fronte dell'avvio di esecuzioni esattoriali in forza di Cartelle notificate (o a volte nemmeno notificate) in tempi talmente remoti da aver comportato la maturazione della prescrizione del credito.

La soluzione tentata da molti, in assenza di espedienti concretamente solidi, fu quella di opporre l'Intimazione in uno alla Cartella eventualmente non notificata, o notificata in tempi talmente remoti da ritenersi prescritto il credito in essa rappresentato, e certo le proroghe e sospensioni partorite nel periodo Covid non hanno aiutato a trovare chiarezza, con l'ulteriore complicanza degli effetti delle sopravvenute plurime "rottamazioni" e delle conseguenze in termini di eventuale riconoscimento di debito da assegnare a possibili istanze eventualmente presentate dai Contribuenti. L'incertezza interpretativa conseguente a tale descritta situazione ha comportato una grave proliferazione di contenziosi, a cui è seguita una interpretazione dei casi spesso non uniforme, molto spesso di segno radicalmente opposto.

In tale descritto contesto il Legislatore non è intervenuto, se non per chiudere quello spiraglio che avrebbe consentito l'impugnazione del "ruolo esattoriale", così creando ancora maggiori difficoltà ai Contribuenti ma anche disorientamento della Giurisprudenza di merito.

La Suprema Corte di Cassazione è allora dovuta intervenire più volte, proprio per supplire a tale disorganizzazione normativa: se da un lato l'Intimazione di Pagamento doveva intendersi come atto opponibile solo per "vizi propri", e risultava preclusa anche l'impugnazione del ruolo, quale sarebbe potuta essere la difesa di un Contribuente il cui debito, per ragioni allo stesso non imputabili, aveva maturato una prescrizione temporale al momento della notificazione della relativa Intimazione di Pagamento"
Così, dapprima con le Sentenze n.2616 del 11/02/2015, n.26129 del 02/11/2017 e n.1230 del 21/01/2020 la Suprema Corte chiariva che l'Intimazione di Pagamento doveva ritenersi atto facoltativamente impugnabile e, in ragione della sua qualificazione come atto di riscossione, comunque idoneo ad interrompere il decorso della prescrizione.
Con successiva Sent. 16743/24 la Suprema Corte prendeva una posizione contraria, sancendo che "L'avviso di intimazione, infatti, sebbene contenente l'esplicitazione di una ben definita pretesa tributaria, non è un atto previsto tra quelli di cui all'art. 19 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, con conseguente facoltà e non obbligo di impugnazione. Ciò nondimeno, sotto il profilo sostanziale, l'avviso di intimazione integra un sollecito di pagamento e, in quanto tale, è idoneo ad interrompere il decorso della prescrizione".
A fronte di tale proposta soluzione vi era una linea interpretativa di segno nettamente contrario, secondo cui invece l'Avviso di intimazione sarebbe stato obbligatoriamente impugnabile (Cass. n. 2616 del 11/02/2015; si vedano, altresì, Cass. n.26129 del 02/11/2017; Cass. n.1230 del 21/01/2020 - in ultimo Cassazione Sez. Trib. Ordinanza n. 22108 del 5 agosto 2024 in tema di impugnabilità di iscrizione ipotecaria).

Con Sentenza n. 6436 del 11 marzo 2025 la Sezione Tributaria della Cassazione (Presidente: Roberta Crucitti – Rel. Rosanna Angarano) decideva di saltare il fosso, affermando che in tema di contenzioso tributario l'Intimazione di pagamento ex art. 50 d.P.R. n. 602/1973, in quanto equiparabile all'Avviso di Mora di cui al precedente art. 46, poteva legittimamente rientrare tra gli atti autonomamente impugnabili ai sensi dell'art. 19, comma 1, lett. e), d.lgs. n. 546/1992. Concludeva, però, per l'obbligatorietà della sua impugnazione, ritenendola non meramente facoltativa ma invece necessaria.
Dall'eventuale omessa impugnazione dell'Intimazione la Sezione Tributaria della Suprema Corte traeva l'ulteriore conseguenza della "cristallizzazione" dell'obbligazione tributaria.

A tale orientamento si associava l'ultima decisione in tema (Cass. Sez. Tributaria N. 20476/2025 del 21/07/2025 - Presidente: Roberta Crucitti – Rel. Alberto Crivelli) che rimarcava la corrispondenza tra l'Avviso di Mora di cui all'ex Art.46 del DPR 602/73 e l'Intimazione di Pagamento di cui all'attuale Art.50 dello stesso DPR 602/73, rilevandone la perfetta riconducibilità e così argomentando: "Non può allora dubitarsi che si tratti del medesimo atto e che, di conseguenza, l'avviso di cui all'art. 50 d.P.R. n. 602 del 1973 è riconducibile all'avviso di mora cui fa riferimento l'art. 19, comma 1, lett. e) d.lgs. n. 546 del 1992". In ragione della innovativa collocazione nell'ambito della Lett. e) del 1 comma dell'Art.19 Dd.lgs. n.546/92, e non più del comma 3° (per il quale gli atti diversi da quelli indicati al comma 1 non sarebbero stati impugnabili autonomamente ed in ogni caso sarebbe stato possibile impugnare solo per "vizi propri"), la Suprema Corte concludeva che "Da tanto discende che qualsiasi eccezione relativa alla pretesa portata da tale atto impositivo è preclusa, ivi compresa quella di quella di prescrizione del credito fiscale che sia compiuta precedentemente alla notifica di tale atto tipico, in base al principio della non impugnabilità, se non per vizi propri, di un atto successivo ad altro divenuto definitivo perché rimasto incontestato". Conseguentemente stabiliva il seguente principio di diritto "L'intimazione di pagamento di cui all'art. 50 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 del 1973 costituisce atto rientrante nel novero di quelli tassativamente elencati all'art.19, d.lgs. n. 546/1992, dovendo essere ricondotto all'avviso di mora. Esso dunque, ove non impugnato nei termini decadenziali, determina la cristallizzazione della pretesa impositiva, e in particolare preclude al contribuente di eccepire la prescrizione compiutasi anteriormente allo spirare dell'anzidetto termine".

Ciò tutto premesso, occorre svolgere alcune considerazioni:

In primo luogo, richiamando le breve premessa già svolta, va dato atto dello sforzo interpretativo assunto dalla Sezione Tributaria della Cassazione in assenza di qualsivoglia intervento normativo da parte del Legislatore, rimasto per cinque lustri del tutto inattivo, se non prolifico di normazioni collaterali che certo non hanno aiutato, ed in alcuni casi hanno persino peggiorato. Ciò che era in gioco, infatti, erano i principi di certezza del diritto e di legittimo affidamento, sia in capo agli Enti esecutori dei crediti esattoriali sia, e non certo per ultimo, dei Cittadini contribuenti. Lasciare intonso l'Art.19 Dd.lgs. n.546/92 per 25 anni, nonostante l'abrogazione dell'Avviso di Mora sin dal 1999, ha creato un cortocircuito interpretativo di non poco conto, e di tanto ci si dovrà pur dolere, e non poco.
D'altro lato, però, non pare a chi scrive che la Cassazione sezionale abbia trovato la perfetta soluzione, perché il salto logico che discende dall'equiparazione dei due atti (Avviso di Mara – Intimazione di Pagamento) non necessariamente conduce alle conclusioni raggiunte dal Giudice di legittimità in tema di "cristallizzazione" del credito.
Innanzitutto va osservato che in ambito tributario gli atti si distinguono in "impositivi" ed "esecutivi". Tra quelli impositivi si identifica l'Avviso di Accertamento, l'Avviso di Liquidazione, il provvedimento che irroga sanzioni. Tra quelli di natura mista (impositivi ed insieme esecutivi) vi è la Cartella di Pagamento, mentre, tra quelli esecutivi vi è (appunto) l'Intimazione di Pagamento ed i successivi atti espropriativi che ne conseguono.

La funzione degli atti menzionati è del tutto distinta: in primi (quelli impositivi) mirano all'affermazione di un diritto (il credito di natura fiscale o la sanzione) e stabiliscono un termine di impugnazione che, se non rispettato dal destinatario dello stesso, comporta la definitività della pretesa. I secondi, quelli di natura esecutiva, sono invece collocati nella norma che per definizione regola l'esecuzione esattoriale (DPR 602/73) e svolgono solamente una funzione precettiva in ragione della definitività degli atti impositivi da cui discende il credito. Tra essi vi è, appunto, l'Avviso di Mora per come sostituito dall'Intimazione di Pagamento.
La Cartella di Pagamento, in alcuni casi, svolge funzione promiscua, come atto impositivo (si pensi alle liquidazioni delle dichiarazioni dei redditi ex Artt.36 Bis e Ter DPR 602/73) ma anche come primo atto prodromico all'esecuzione.
Proprio la funzione della prima categoria di atti, quelli di natura impositiva, consente di affermare che in caso di omessa impugnazione il credito si possa ritenere consolidato, rendendosi definitivo, dunque (usando la terminologia recentemente adoperata dalla Suprema Corte) "cristallizzato". Tanto si trae dalla natura stessa di tali atti, specificamente classificabili come "recettizi". La loro definitività dipende, infatti, dall'atteggiamento del destinatario, che potrà prestarvi acquiescenza (non presentando opposizione) o potrà interporre ricorso per far valere le proprie contrarie ragioni.

Con riferimento agli atti esecutivi, che per loro natura vengono solo dopo la definitività di un atto impositivo, la sequenza prevede l'emissione della Cartella di Pagamento che, qualora non assolta, legittimerà il Concessionario per la riscossione dei tributi ad agire a mente dell'Art.50 DPR 602/73 qualora non abbia provveduto ad escutere il proprio credito nel termine di un anno. In tal caso il Concessionario avrà obbligo di notificare un nuovo avviso (Intimazione di Pagamento) con il quale solleciterà nuovamente il proprio credito, assegnando cinque giorni e, in difetto, procedendo esecutivamente. Dispone poi il comma 3 dell'Art.50 cit. che l'Intimazione di Pagamento "perde efficacia trascorso un anno dalla data della notifica".
Tale ultimo inciso contenuto nella norma pone un serio problema, poiché se l'atto esecutivo (che certo impositivo non è) perde efficacia decorso un anno, e se possiamo essere tutti d'accordo sulla funzione meramente precettiva di tale atto, perché si dovrebbe mai ritenere che una volta notificata l'Intimazione di Pagamento, in assenza di sua impugnativa, ma anche decorso un anno (con conseguente sua perdita di efficacia) il credito si possa ritenere "cristallizzato", o meglio e per riprendere alla lettera le parole usate della Cassazione "la pretesa impositiva" si debba ritenere "cristallizzata"" E perché ritenere che una volta omessa l'impugnativa di un atto per sua natura squisitamente esecutivo, e non certo impositivo (per come, invece, impropriamente qualificato dalla Sezione tributaria della Cassazione), tanto precluderebbe "al contribuente di eccepire la prescrizione compiutasi anteriormente allo spirare dell'anzidetto termine""
In verità la Cassazione non lo spiega, e sorge quindi il sospetto che le argomentazioni adottate dalla Suprema Corte, seppur lodevolmente tese a risolvere una diatriba per troppo tempo protrattasi, non siano del tutto coerenti sia con la natura degli atti di cui si discute sia in confronto con le ritenute conseguenze.
Un atto esecutivo, per sua ovvia nozione e funzione, è un atto che non consolida alcun credito, poiché questo è già rappresentato dall'atto prodromico (impositivo) dal quale deriva. Né l'atto esecutivo è idoneo a far resuscitare un credito, soprattutto se alla fonte vi sia la pretesa impositiva insussistente o caducata per già maturata prescrizione. Così come anche un atto di precetto, in ambito processuale civile, anch'esso per definizione atto meramente esecutivo, se notificato a fronte di un titolo inesistente o di un credito già prescritto, non comporterà affatto la "cristallizzazione" del credito in assenza di sua tempestiva impugnazione.
L'Intimazione di Pagamento, a maggior ragione, decorso un anno "perde efficacia" e tale conseguenza non può non avere effetti ex tunc, con la conseguenza che per l'atto in questione – nel perdere "effetto"- non potrà affatto "cristallizzare" alcuna pretesa di credito in esso rappresentato.
Semmai l'Intimazione di Pagamento, qualora correttamente notificata, produrrà effetti interruttivi della prescrizione, ma solo a condizione – si badi bene – che tale prescrizione non sia già precedentemente maturata. Perché, è ovvio, la prescrizione può (semmai) essere interrotta, ma il diritto, una volta estinto, non può certo risorgere. E perché il diritto del Destinatario, in questo caso, non può essere obliterato da un solo atto esecutivo che – si ripete – non ha affatto alcuna funzione "impositiva" e sarebbe emesso in una condizione di già maturata decadenza.
La "cristallizzazione", dunque, immaginata come reviviscenza del credito, è istituto davvero innovativo, mai prima plasmato dalla giurisprudenza in ambito tributario ed inconciliabile con la ritenuta riconducibilità dell'Intimazione di Pagamento all'Avviso di Mora, entrambi atti esecutivi, non certo impositivi.

In conclusione: se può essere finalmente dato fermo - a seguito dei recenti arresti interpretativi della Suprema Corte – l'assunto che l'Intimazione di Pagamento sia atto impugnabile, e non solo per "vizi propri", non è affatto certo che tale atto debba considerarsi obbligatoriamente opponibile, semplicemente motivando ciò per il suo inserimento per similitudine nell'elencazione dell'Art.19 D.L.vo 546/92 in luogo dell'antico Avviso di Mora. Entrambi gli atti, infatti, hanno in ogni caso intrinseca natura esecutiva, e non certo impositiva.
L'omessa impugnazione dell'Intimazione, dunque, non dovrebbe consolidare alcunché né potrebbe consentire alcuna "cristallizzazione" di un credito già inesigibile, o peggio ancora l'azzeramento di un diritto già precedentemente maturato e dunque spettante, soprattutto se tale diritto sia già stato acquisito per assenza del suo esercizio in un tempo che la Legge stabilisce a pena di prescrizione. Un effetto di "cristallizzazione" non potrebbe comunque essere assegnato ad un atto che, in ogni caso, "perde efficacia trascorso un anno dalla data della notifica".
Ragionare in termini differenti, oltre ad essere assai pericoloso, costituirebbe una sorta di immeritata sanatoria, una specie di remissione in termini priva della necessaria copertura normativa, con anomali effetti retroattivi, deleteria per i diritti dei Cittadini che si vedrebbero nuovamente costretti ad assolvere a debiti non più dovuti in ragione di colpe in questo caso addebitabili ai Concessionari per la riscossione dei tributi. Tutto si trasformerebbe, dunque, in una tipo di grazia, sanante con effetto retroattivo le mancanze di chi, invece, avrebbe nel passato rinunziato al proprio diritto di credito non esercitandolo nei tempi di Legge.
Riecheggia in tale ambito il rigoroso insegnamento, mai rimesso in discussione, dettato delle Sezioni Unite della Suprema Corte con Sent.n. 16412 del 25/07/2007 proprio con riguardo al perento Avviso di Mora: "La correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria e' assicurata mediante il rispetto di una sequenza ordinata secondo una progressione di determinati atti, con le relative notificazioni, destinati, con diversa e specifica funzione, a farla emergere e a portarla nella sfera di conoscenza dei destinatari, allo scopo, soprattutto, di rendere possibile per questi ultimi un efficace esercizio del diritto di difesa". Criterio perfettamente sovrapponibile ad ogni caso in cui la "sequenza ordinata" non sia stata rispettata, e sia stata dunque violata, ovverosia anche nei casi in cui la prescrizione sia irrimediabilmente maturata, dovendosi escludere qualsivoglia effetto sanante ad un successivo atto esecutivo non avente alcun valore impositivo.
Ci si augura che sull'argomento la Sezione tributaria della Suprema Corte torni, rimodulando i termini della questione e restituendo equilibrio interpretativo alla fattispecie in esame.

Avv. Daniele Osnato
[Fonte: www.studiocataldi.it]

Altre materie su cui è possibile richiedere una consulenza legale online:
Il team degli avvocati di consulenza legale on-line.it può rispondere ai vostri quesiti anche nelle seguenti materie:
Proprietà e diritti reali - diritto del lavoro - obbligazioni e contratti - appalti - locazioni - fallimento e altre procedure concorsuali - diritto penale.
Per qualsiasi altra materia inviate in ogni caso la vostra richiesta. Il nostro è un team multidisciplinare.
Rassegna Stampa
Una rassegna stampa giuridica che raccoglie le notizie dai principali siti di informazione giuridica.
Discussioni Giuridiche
Le ultime discussioni dai newsgroup dedicati al mondo del diritto.