
Con la sentenza n. 1644/2025 la Corte d'Appello di Milano ha affermato un principio rilevante in materia di prestazioni sanitarie e socio-assistenziali, stabilendo che, quando un paziente affetto da patologie neurodegenerative – come Alzheimer o demenza – riceva cure in una RSA o in una struttura analoga, e l'assistenza sociale risulti strettamente connessa a quella sanitaria, tutte le spese devono essere poste a carico del Servizio Sanitario Regionale, senza alcun onere per il malato o per i suoi familiari.
A sostegno della propria tesi, il ricorrente documentava la condizione clinica della madre, affetta da demenza, deficit cognitivo e da numerose altre patologie che rendevano il quadro complessivo critico, richiedendo cure mediche continuative e personalizzate. Chiedeva, quindi, che il contratto fosse dichiarato nullo ai sensi dell'art. 1418 c.c., sia per violazione di norme imperative sia per assenza di causa, ovvero comunque inefficace, avendo già precedentemente revocato la propria adesione all'obbligo di pagamento della retta.
La controparte, costituitasi in giudizio, contestava integralmente le domande del ricorrente, sostenendo che le prestazioni rese alla madre rientravano nelle prestazioni sociali a rilevanza sanitaria e, come tali, soggette al regime di compartecipazione del paziente nella misura del 50%. La Fondazione precisava, inoltre, che le rette erano già state calcolate detraendo la quota a carico del Servizio Sanitario Regionale.
In primo grado, il Tribunale di Milano rigettava la domanda del ricorrente, ritenendo che le cure prestate avessero natura di "lungo-assistenza" con compartecipazione alla spesa, e fossero quindi solo parzialmente a carico del sistema sanitario. I giudici valorizzavano, in particolare, la presenza di un deficit cognitivo moderato e non di una forma conclamata di Alzheimer, escludendo così la totale gratuità delle prestazioni.
A seguito di un'approfondita analisi del caso, la Corte d'Appello ribaltava la decisione di primo grado, rilevando che la paziente non era soltanto affetta da demenza e deficit cognitivi, ma versava in una condizione clinica molto più complessa, caratterizzata da numerose patologie – tra cui diabete insulino-dipendente, pancreatite cronica, gravi problemi oculari e tumori secondari – che richiedevano cure specifiche e continuative, impossibili da distinguere dalle prestazioni assistenziali quotidiane.
Richiamando le più recenti pronunce della Cassazione, la Corte ribadiva che, qualora l'attività sanitaria sia strettamente collegata a quella socio-assistenziale, la prestazione deve essere considerata di natura prevalentemente sanitaria e, conseguentemente, erogata a titolo gratuito con oneri esclusivamente a carico del Servizio Sanitario Regionale. La Corte sottolineava inoltre che la distinzione tra Alzheimer e demenza, nel caso di specie, era irrilevante, poiché il punto centrale era la concreta necessità di assistenza sanitaria costante e integrata.
Alla luce di tali considerazioni, il contratto sottoscritto dall'appellante veniva dichiarato nullo per contrarietà a norme imperative, ai sensi dell'art. 1418 c.c., con conseguente esclusione di qualsiasi obbligo di pagamento in capo al ricorrente.
La Fondazione veniva infine condannata a rifondere metà delle spese processuali, mentre l'altra metà veniva compensata in ragione della complessità della materia e della giurisprudenza non sempre uniforme sul punto.
Avv. Rosanna Pedullà
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