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Notizie Giuridiche

» Contributi previdenziali nocivi
03/10/2025 - Diego Marra

Vi è mai capitato di sentire l'espressione "contributi che abbassano la pensione"? Sembra un paradosso, ma nel complesso mondo della previdenza sociale italiana, è una realtà. Fortunatamente, la Corte Costituzionale è intervenuta in diverse occasioni per stabilire un principio fondamentale: se i contributi versati, pur aggiungendosi all'anzianità, finiscono per ridurre l'assegno pensionistico già maturato, il pensionato ha il diritto di chiedere che vengano neutralizzati, ovvero esclusi dal calcolo.

Tuttavia, il recente e fondamentale chiarimento fornito dalla Corte con la Sentenza n. 112 del 2024 ha segnato un confine cruciale: non tutti i tipi di contribuzione possono essere neutralizzati. Questa sentenza, depositata il 27 giugno 2024, affronta un caso complesso relativo al riscatto degli anni di laurea e alla pretesa di un lavoratore di cambiare ex post il proprio sistema di calcolo pensionistico.

Approfondiamo passo dopo passo la questione, per capire quando si può esercitare il diritto alla neutralizzazione e perché, nel caso del riscatto della laurea, la Corte ha detto di no.

Principio di Neutralizzazione: quando i contributi aggiuntivi diventano uno svantaggio

Il principio della neutralizzazione nasce dall'esigenza di evitare risultati irragionevoli. La logica è semplice: maggiore lavoro e maggiore apporto contributivo non possono corrispondere a una riduzione della pensione. Il principio è stato elaborato in un contesto in cui il calcolo della pensione era (ed è in parte residuale) basato sul sistema retributivo.

Nel sistema retributivo, la pensione è calcolata sulla media delle retribuzioni percepite in un periodo di riferimento predeterminato, spesso posizionato verso la fine della carriera lavorativa. Si presume che l'ultimo periodo di vita lavorativa porti a livelli retributivi maggiori, favorendo così il lavoratore. Ma se, in quell'ultimo periodo, le retribuzioni scendono (ad esempio, a causa di un part-time o di un declassamento retributivo) e i contributi versati in quel lasso di tempo vengono inclusi nel calcolo, essi abbassano la media complessiva.

Per impedire che il meccanismo di calcolo produca un risultato antitetico al suo fine, la Corte Costituzionale è intervenuta:

1. Sentenza n. 82 del 2017: Ha stabilito che, se il lavoratore ha già maturato il diritto alla pensione e continua a versare contributi che ne abbassano l'importo, può chiederne l'esclusione dal calcolo.

2. Sentenza n. 173 del 2018: Ha esteso tale possibilità anche ai lavoratori autonomi.

Un esempio pratico chiarisce la situazione: Maria, ex insegnante, aveva già diritto alla pensione, ma ha continuato a lavorare part-time per tre anni. Quei contributi aggiuntivi le abbassavano l'assegno. Avendo richiesto la neutralizzazione, l'INPS ha ricalcolato la pensione con un importo più alto.

In sintesi, la neutralizzazione mira a evitare la compromissione della misura della prestazione potenzialmente maturata, specialmente se la riduzione deriva da fattori indipendenti dalle scelte del lavoratore.

I limiti della neutralizzazione e il confine temporale

È cruciale notare che questo principio non è illimitato. La sentenza 112/2024, pur confermando il principio generale, ne ha specificato i limiti. È possibile neutralizzare solo contributi figurativi o periodi non necessari entro gli ultimi 5 anni prima della pensione (fino a 260 settimane).

Il punto chiave del dibattito affrontato dalla Corte nel 2024 riguarda la natura della contribuzione da neutralizzare.

La sentenza 112/2024: Il riscatto della laurea e la pretesa di scelta ex post

La Sentenza 112/2024 affronta il ricorso di un lavoratore che aveva operato il riscatto del corso di studi universitari nel 1996. Il riscatto è la facoltà di versare somme per coprire periodi di studio non coperti da contribuzione obbligatoria, allo scopo di incrementare l'anzianità contributiva.

Il contesto del ricorrente

L'interessato aveva effettuato il riscatto per uno scopo preciso: raggiungere i diciotto anni di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995. Il raggiungimento di questo requisito è fondamentale perché, secondo l'Art. 1, comma 13, della Legge n. 335 del 1995, garantiva il calcolo della pensione interamente con il sistema retributivo (generalmente considerato più favorevole all'epoca). Senza il riscatto, l'interessato sarebbe ricaduto nel sistema misto (retributivo fino al 1995 e contributivo dopo).

Successivamente, il quadro normativo è cambiato. L'introduzione di norme come l'Art. 24, comma 2, del D.L. n. 201 del 2011, e in particolare la "clausola di salvaguardia" introdotta dall'Art. 1, comma 707, della Legge n. 190 del 2014, hanno imposto un "doppio calcolo" della pensione. Questa clausola stabilisce che l'importo complessivo della pensione non può superare quello che sarebbe stato liquidato applicando le regole vigenti prima dell'entrata in vigore del D.L. n. 201 del 2011.

Il risultato" Nonostante l'obiettivo raggiunto (il sistema retributivo intero), l'assegno liquidato (9.220,94 euro mensili) si rivelò inferiore a quello che avrebbe ottenuto se non avesse riscattato gli anni di laurea e fosse ricaduto nel sistema misto (che avrebbe garantito un importo non inferiore a 11.427,94 euro mensili). I contributi di riscatto, in questo caso, si sono rivelati "nocivi".

La motivazione della Corte: irrilevanza strategica e aleatorietà del riscatto

Il Tribunale di Roma, nel rimettere la questione alla Corte, sosteneva che la mancata previsione del diritto alla neutralizzazione per i periodi di riscatto, quando ciò porta a un depauperamento del trattamento, violasse gli articoli 3 (uguaglianza/ragionevolezza) e 38 (previdenza) della Costituzione.

La Corte costituzionale, tuttavia, ha dichiarato la questione non fondata in riferimento all'Art. 3 Cost. e inammissibile in riferimento all'Art. 38 Cost. Il ragionamento centrale della Corte si basa sulla differenza tra la neutralizzazione classica e ciò che era stato richiesto:

Natura e posizione temporale dei contributi

Nei precedenti giurisprudenziali (come la Sentenza 82/2017), il principio di neutralizzazione era stato applicato a contributi accreditati successivamente alla maturazione del diritto, e riguardava la base di calcolo della retribuzione pensionabile nell'ultimo periodo lavorativo.

Nel caso del riscatto della laurea, invece, si trattava di contribuzione versata all'esordio dell'anzianità lavorativa (1996, per coprire periodi precedenti il 31 dicembre 1995). Questi contributi, pur strategici, si collocavano fuori dal periodo di riferimento della retribuzione pensionabile tipicamente coinvolto nella neutralizzazione.

Pretesa di scelta del sistema

Il punto dirimente è che la richiesta del lavoratore non mirava a eliminare gli effetti nocivi del calcolo all'interno del sistema retributivo (come nei precedenti), ma a "fuoriuscire" interamente da quel sistema, per transitare al sistema misto, che ex post era risultato più conveniente.

La Corte ha stabilito che consentire la neutralizzazione del riscatto in questo contesto si risolverebbe in una sostanziale pretesa di scelta del sistema di computo della pensione in base a una valutazione fatta al momento del pensionamento. Questo contrasta con il principio di certezza del diritto che deve regolare il sistema previdenziale. Il risultato meno favorevole è nato da un'opzione libera del lavoratore (il riscatto) volta a scegliere un sistema specifico (il retributivo), ritenuto all'epoca più vantaggioso.

La funzione del riscatto

Inoltre, la Corte ha richiamato la giurisprudenza di legittimità, secondo cui la finalità propria del riscatto è esclusivamente quella di incrementare l'anzianità contributiva (l'an del diritto), e non necessariamente il quantum della pensione. Il riscatto si configura come un negozio aleatorio. L'interesse del lavoratore era stato soddisfatto: aveva operato il riscatto con la specifica finalità di raggiungere l'anzianità necessaria per il sistema retributivo, e quel sistema gli è stato applicato.

Conclusioni

La sentenza 112/2024 fissa un punto fermo: i contributi da riscatto (come la laurea) non si possono neutralizzare per annullare una scelta strategica che, a causa di successive riforme legislative, si è rivelata meno conveniente.

Il diritto alla neutralizzazione resta valido per i lavoratori che, pur avendo già maturato il diritto alla pensione, continuino a versare contributi (obbligatori, volontari o figurativi) che, a causa di una riduzione retributiva nell'ultimo periodo lavorativo, compromettano il livello di pensione precedentemente acquisito. In questi casi, la domanda di esclusione va presentata all'INPS, insieme alla domanda di pensione.

[Fonte: www.studiocataldi.it]

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