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Notizie Giuridiche

» L'obbligo informativo nell'era dell'intelligenza artificiale
06/10/2025 - Erik Stefano Carlo Bodda

La recente entrata in vigore della legge 132 del 2025, che introduce l'obbligo per i professionisti intellettuali di informare i propri clienti sull'utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale, rappresenta un momento di svolta epocale nella storia delle professioni liberali.

Come avvocato che ha attraversato anni di trasformazioni tecnologiche, dalla macchina da scrivere agli albori al computer, dall'archivio cartaceo alle banche dati digitali, mi trovo oggi a riflettere su questa nuova frontiera con la medesima curiosità intellettuale che ha sempre animato la nostra categoria, ma anche con quella prudenza che deriva dall'esperienza maturata nel tempo.

L'articolo 13 della legge in questione stabilisce un principio di trasparenza che, a prima vista, potrebbe apparire meramente formale, ma che in realtà tocca il cuore stesso del rapporto fiduciario che lega l'avvocato al proprio assistito.

La norma impone infatti che il professionista comunichi preventivamente al cliente l'eventuale ricorso a strumenti di intelligenza artificiale, specificando che tale utilizzo deve rimanere meramente strumentale e di supporto all'attività professionale, senza mai sostituirsi al giudizio e alla responsabilità del legale.

Questa disposizione si inserisce in un quadro normativo già consolidato che disciplina gli obblighi informativi dell'avvocato.

L'art. 10 della legge professionale forense stabilisce che "la pubblicità e tutte le informazioni diffuse pubblicamente con qualunque mezzo, anche informatico, debbono essere trasparenti, veritiere, corrette", mentre l'articolo 3 della medesima legge richiama l'osservanza del codice deontologico che "stabilisce le norme di comportamento che l'avvocato è tenuto ad osservare in via generale e, specificamente, nei suoi rapporti con il cliente".

La giurisprudenza di legittimità ha da tempo chiarito che l'obbligo informativo dell'avvocato costituisce elemento essenziale del rapporto professionale. Come evidenziato dalla Cassazione civile, con ordinanza n. 18908/2024, "l'obbligo di informazione del cliente costituisce un dovere primario del professionista che deve essere adempiuto per ogni questione sottoposta alla sua attenzione, non solo all'atto del conferimento del mandato ma anche durante lo svolgimento del rapporto". La Suprema Corte ha inoltre precisato che tale obbligo deve essere assolto "attraverso la rappresentazione di tutte le questioni di fatto e di diritto, comunque insorgenti, ostative al raggiungimento del risultato, o comunque produttive del rischio di effetti dannosi".

In questa prospettiva, l'obbligo di informare il cliente sull'utilizzo dell'intelligenza artificiale non rappresenta un mero adempimento burocratico, ma si configura come naturale estensione di quei doveri di trasparenza e correttezza che da sempre caratterizzano l'esercizio della professione forense.

La sentenza del tribunale di Busto Arsizio n. 1192/2024 ha chiarito che "l'obbligo di diligenza impone all'avvocato di assolvere, sia al momento del conferimento del mandato che nel corso dello svolgimento del rapporto, ai doveri di sollecitazione, dissuasione e informazione del cliente, essendo tenuto a rappresentare a quest'ultimo tutte le questioni di fatto e di diritto comunque insorgenti".

Tuttavia, la questione presenta profili di complessità che meritano un'analisi più approfondita.

L'intelligenza artificiale, infatti, non è uno strumento neutro come poteva essere la macchina da scrivere o il computer.

Essa introduce elementi di automazione decisionale che, seppur limitati e controllati dal professionista, possono influenzare l'approccio metodologico alla risoluzione dei problemi giuridici. La capacità di elaborare grandi quantità di dati, di individuare precedenti giurisprudenziali pertinenti, di suggerire strategie argomentative, rappresenta un salto qualitativo nell'ausilio tecnologico che richiede una riflessione più profonda sui suoi effetti sulla prestazione professionale.

Dal punto di vista deontologico, l'utilizzo dell'intelligenza artificiale solleva interrogativi che vanno ben oltre il mero obbligo informativo.

Il principio dell'autonomia e indipendenza del giudizio professionale, sancito dall'art. 3 della legge professionale forense, impone che "l'esercizio dell'attività di avvocato deve essere fondato sull'autonomia e sulla indipendenza dell'azione professionale e del giudizio intellettuale".

Come conciliare questo principio con l'utilizzo di sistemi che, per loro natura, operano secondo algoritmi predeterminati e logiche probabilistiche?

La risposta, a mio avviso, risiede proprio nella corretta interpretazione del carattere "strumentale" dell'utilizzo dell'intelligenza artificiale, come specificato dalla legge 132/2025. L'avvocato deve mantenere il controllo pieno e consapevole del processo decisionale, utilizzando l'AI come strumento di supporto alla ricerca, all'analisi e alla verifica, ma mai come sostituto del proprio giudizio professionale.

È la differenza che intercorre tra l'utilizzare un motore di ricerca per individuare precedenti giurisprudenziali e il delegare a un algoritmo la scelta della strategia processuale.

La giurisprudenza ha già avuto modo di pronunciarsi sui limiti dell'obbligo informativo dell'avvocato, chiarendo che esso deve essere commisurato all'oggetto specifico del mandato.

La sentenza del tribunale di Macerata n. 275/2025 ha stabilito che "il dovere di informazione dell'avvocato trova i propri limiti nell'oggetto specifico del mandato professionale conferito, non estendendosi a prestazioni o attività che risultino estranee al contenuto del rapporto contrattuale originariamente instaurato". Questo principio assume particolare rilevanza nel contesto dell'utilizzo dell'intelligenza artificiale, poiché delimita l'ambito entro cui deve operare l'obbligo informativo.

L'informazione sull'utilizzo dell'AI deve essere pertanto specifica e circostanziata, non generica.

Non è sufficiente una clausola standard inserita nel contratto di prestazione professionale; è necessario che il cliente sia messo in condizione di comprendere concretamente come e per quali finalità l'intelligenza artificiale verrà impiegata nel suo specifico caso.

Questo approccio è coerente con l'orientamento giurisprudenziale consolidato che richiede un'informazione "adeguata alla tecnica di comunicazione impiegata ed espresse in modo chiaro e comprensibile", come stabilito dall'art. 5 del Codice del Consumo. 

Un aspetto particolarmente delicato riguarda la responsabilità professionale in caso di errori o malfunzionamenti dell'intelligenza artificiale. La sentenza del tribunale di Napoli n. 2012/2025 ha ribadito che "la responsabilità professionale dell'avvocato si configura quando il professionista viola gli obblighi di diligenza previsti dall'art. 1176, comma 2, cod. civ., che richiede il parametro della diligenza del professionista di media attenzione e preparazione". L'utilizzo dell'intelligenza artificiale non può quindi costituire una scusante per l'inadempimento professionale, ma deve essere gestito con la medesima diligenza richiesta per qualsiasi altro strumento di lavoro.

La questione assume contorni ancora più complessi quando si considera che l'intelligenza artificiale può produrre risultati apparentemente plausibili ma sostanzialmente errati, il cosiddetto fenomeno delle "allucinazioni" degli algoritmi.

L'avvocato che utilizza tali strumenti deve quindi sviluppare competenze specifiche per la verifica e il controllo dei risultati prodotti, non potendo limitarsi a una mera accettazione acritica delle informazioni fornite dal sistema.

Dal punto di vista pratico, l'implementazione dell'obbligo informativo richiede una revisione delle procedure operative degli studi legali.

È necessario predisporre moduli informativi specifici, aggiornare i contratti di prestazione professionale, formare il personale sull'utilizzo corretto dell'intelligenza artificiale. Ma soprattutto, è indispensabile che ogni professionista sviluppi una consapevolezza critica sui limiti e le potenzialità di questi strumenti.

La sentenza del tribunale di Udine n. 917/2024 ha chiarito che "il professionista ha l'obbligo di prospettare al cliente tutti gli elementi contrari ragionevolmente prevedibili in virtù della preparazione tecnica e dell'esperienza medie caratterizzanti l'attività professionale".

Questo principio assume particolare rilevanza nell'era dell'intelligenza artificiale, poiché impone al professionista di informare il cliente non solo sull'utilizzo dello strumento, ma anche sui suoi limiti e sui possibili rischi connessi.

L'obbligo informativo si estende quindi alla comunicazione delle limitazioni dell'intelligenza artificiale: la possibilità di errori, l'impossibilità di sostituire il giudizio professionale, la necessità di verifiche e controlli umani.

Solo attraverso un'informazione completa e trasparente è possibile mantenere quel rapporto di fiducia che costituisce il fondamento della relazione professionale.

Un ulteriore profilo di riflessione riguarda l'impatto dell'intelligenza artificiale sulla formazione continua dell'avvocato.

L'utilizzo di questi strumenti richiede competenze specifiche che vanno acquisite e costantemente aggiornate. Il professionista deve essere in grado non solo di utilizzare l'AI, ma anche di comprenderne il funzionamento, di valutarne criticamente i risultati, di individuarne i limiti.

Questo implica un investimento significativo in termini di formazione e aggiornamento professionale.

La legge 132/2025 rappresenta quindi solo il primo passo di un percorso più ampio che richiederà un ripensamento complessivo dell'esercizio della professione forense. L'intelligenza artificiale non è una moda passeggera, ma una realtà destinata a trasformare profondamente il modo di lavorare degli avvocati. La sfida consiste nel governare questa trasformazione mantenendo saldi i principi deontologici e i valori che da sempre caratterizzano la nostra professione.

In questa prospettiva, l'obbligo informativo assume una valenza che va oltre il mero adempimento normativo. Esso rappresenta un'occasione per riflettere sul futuro della professione, per definire nuovi standard di qualità, per rafforzare il rapporto di fiducia con i clienti attraverso la trasparenza e la competenza.

Come la sentenza del tribunale di Verona n. 689/2025 ha chiarito, "il dovere di informazione dell'avvocato verso il cliente, pur essendo stringente e comprensivo dell'obbligo di fornire chiara e corretta informazione circa le possibili scelte processuali e i rischi connessi, si estende esclusivamente dai fatti riferiti dal cliente".

L'intelligenza artificiale, in questo contesto, diventa un "fatto" che il professionista deve comunicare al cliente, non diversamente da qualsiasi altro elemento rilevante per la prestazione professionale.

La trasparenza nell'utilizzo di questi strumenti non è solo un obbligo legale, ma una scelta etica che rafforza la credibilità e l'autorevolezza della professione.

Guardando al futuro, è prevedibile che l'utilizzo dell'intelligenza artificiale diventerà sempre più diffuso e sofisticato.

Nuovi strumenti emergeranno, nuove applicazioni saranno sviluppate, nuove sfide si presenteranno.

La professione forense dovrà essere pronta ad affrontare questi cambiamenti con la medesima saggezza e prudenza che l'hanno caratterizzata nei secoli passati, ma anche con l'apertura e la curiosità necessarie per cogliere le opportunità offerte dall'innovazione tecnologica.

In conclusione, la legge 132/2025 non rappresenta un ostacolo all'innovazione, ma piuttosto un framework normativo che consente di utilizzare l'intelligenza artificiale in modo responsabile e trasparente. L'obbligo informativo diventa così uno strumento per costruire una nuova alleanza tra tecnologia e professione, tra innovazione e tradizione, tra efficienza e qualità.

È una sfida che richiede competenza, responsabilità e visione, ma che può contribuire a rafforzare il ruolo dell'avvocato nella società contemporanea, confermando la centralità del giudizio umano anche nell'era dell'intelligenza artificiale.

Come avvocato di esperienza, ritengo che questa normativa rappresenti un'opportunità per elevare ulteriormente gli standard professionali della categoria, dimostrando che l'innovazione tecnologica e i valori deontologici tradizionali non sono in contraddizione, ma possono convivere e rafforzarsi reciprocamente per il migliore servizio alla giustizia e ai cittadini.


Erik Stefano Carlo Bodda è avvocato del foro di Torino, già iscritto nei fori di Madrid e Parigi ed abilitato alle difese avanti le Giurisdizioni Superiori.

Ha conseguito il diploma presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali della LUISS e ha operato in Europa, Africa, America latina e Medioriente.È fondatore dello studio legale BODDA & PARTNERS con sedi in Italia e all'estero.

[Fonte: www.studiocataldi.it]

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