
L'espressione "affidamento in house" indica la possibilità da parte della stazione appaltante di provvedere in proprio (in casa) all'esecuzione di lavori servizi e forniture per mezzo di un soggetto che ha un legame molto stretto con essa.
L'art. 3 comma 1 lett. e) dell'allegato I.1 del nuovo codice appalti definisce l'affidamento in house come: "l'affidamento di un contratto di appalto o di concessione effettuato direttamente a una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato definita dall'articolo 2, comma 1, lettera o), del testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al D.Lgs. 175/2016, ed alle condizioni rispettivamente indicate dall'articolo 12, paragrafi 1, 2 e 3, della direttiva 24/2014/UE e dall'articolo 17, paragrafi 1, 2 e 3 della direttiva 23/2014/UE, nonché, per i settori speciali, dall'articolo 28, paragrafi 1, 2 e 3, della direttiva 24/2014/UE".
L'articolo 7 del vigente codice dei contratti pubblici recepisce il principio di auto-organizzazione amministrativa, sancito anche nell'art. 2 direttiva 2014/23/UE, secondo cui, le pubbliche amministrazioni scelgono autonomamente di organizzare l'esecuzione di lavori o la prestazione di beni e servizi attraverso il ricorso a tre modelli fra loro alternativi: a) auto-produzione, b) esternalizzazione; c) cooperazione con altre pubbliche amministrazioni.
La Corte di giustizia ha avuto modo spesso di ribadire che il diritto UE non impone il mercato, ma il semplice rispetto della libera concorrenza , qualora si scelga di rivolgersi al mercato. Se un risultato utile alla PA può essere raggiunto prima e meglio attraverso l'autoproduzione, la pubblica amministrazione può farlo (anzi in alcuni casi deve farlo) poiché l'obiettivo è quello di curare gli interessi pubblici.
La norma è abbastanza chiara nell'affermare che l'affidamento in house non si profila come modello subordinato rispetto al ricorso al mercato concorrenziale ma semmai alternativo. Testimonia tale approccio innovativo all' affidamento "in house" anche il mancato obbligo, nel nuovo codice, a carico delle stazioni appaltanti di dar conto "nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato".
Il diritto eurounitario è certamente alla base di tale elisione nel nuovo codice, infatti, oltre all' art. 2 anche il Considerando 5, della direttiva 2014/23/UE statuisce che : "E' opportuno rammentare che nessuna disposizione della presente direttiva obbliga gli Stati membri ad affidare a terzi o a esternalizzare la prestazione di servizi che desiderano prestare essi stessi o organizzare con strumenti diversi dagli appalti pubblici ai sensi della presente direttiva (…)".
Anche l'art. 2 della Direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, afferma il principio della libera amministrazione delle autorità pubbliche.
L'articolo 16 (Società in house) del 'Testo unico' fissa i presupposti e le condizioni per procedere ad affidamenti diretti in favore di organismi in house in veste societaria.
In particolare, i commi 1 e 7 dell'articolo 16 stabiliscono:
"1. Le società in house ricevono affidamenti diretti di contratti pubblici dalle amministrazioni che esercitano su di esse il controllo analogo o da ciascuna delle amministrazioni che esercitano su di esse il controllo analogo congiunto solo se non vi sia partecipazione di capitali privati, ad eccezione di quella prescritta da norme di legge e che avvenga in forme che non comportino controllo o potere di veto, né l'esercizio di un'influenza determinante sulla società controllata.
(…)
7. Le società di cui al presente articolo sono tenute all'acquisto di lavori, beni e servizi secondo la disciplina di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016. Resta fermo quanto previsto dagli articoli 5 e 192 del medesimo decreto legislativo n. 50 del 2016".
Ritornando alla direttiva 24/2014, ai sensi dell'articolo 2 paragrafo 1 è previsto che:
"1. La presente direttiva riconosce il principio per cui le autorità nazionali, regionali e locali possono liberamente organizzare l'esecuzione dei propri lavori o la prestazione dei propri servizi in conformità del diritto nazionale e dell'Unione. Tali autorità sono libere di decidere il modo migliore per gestire l'esecuzione dei lavori e la prestazione dei servizi per garantire in particolare un elevato livello di qualità, sicurezza e accessibilità, la parità di trattamento e la promozione dell'accesso universale e dei diritti dell'utenza nei servizi pubblici.
Dette autorità possono decidere di espletare i loro compiti d'interesse pubblico avvalendosi delle proprie risorse o in cooperazione con altre amministrazioni aggiudicatrici o di conferirli a operatori economici esterni".
La codificazione del principio in esame determina un maggiore allineamento del diritto nazionale all'ordinamento dell'Unione, che pone l'autoproduzione e l'esternalizzazione su un piano di tendenziale parità, così superando l'opzione fortemente restrittiva del d.lgs. n.50/2016, sulla quale si erano appuntati i dubbi di compatibilità comunitaria dal Consiglio di Stato, in particolare sull'art. 192 (Regime speciale degli affidamenti in house).
La disposizione si ricollega anche ai principi della fiducia e del risultato, che devono in generale orientare le scelte dell'Amministrazione ed anche la scelta tra mercato e autoproduzione, recuperando così il concetto di un'"amministrazione del fare", e non del "far fare agli altri".
Va evidenziato che in base alla normativa introdotta, la parità tra ricorso al mercato e auto-produzione è solo tendenziale in quanto la scelta per l'affidamento in house deve essere sempre , e comunque motivata (a differenza di quanto accade per il ricorso al mercato, che non richiede specifica motivazione), tutto ciò in coerenza con il principio della fiducia di cui all'art. 2 del Codice In via generale, viene però escluso l'obbligo di dimostrare la situazione di "fallimento del mercato" e di esporre le ragioni che giustificano il ricorso all'istituto, mentre rimane prevalentemente la valutazione della congruità economica dell'offerta.
Nell'ottica del superamento dell'atteggiamento fortemente restrittivo nei confronti dell'in house, si spiega anche la scelta di non riproporre, nel nuovo codice, il particolare procedimento di iscrizione nel registro ANAC, previsto dall'art. 192 c. 1 del d. lgs. n. 50/2016, poiché sebbene l'iscrizione nel registro ANAC abbia formalmente una funzione dichiarativa, non vi è dubbio che, come chiarito dal Consiglio di Stato con il parere n. 282 del 2017 (sulle "Linee guida per l'iscrizione nell'elenco delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori che operano mediante affidamenti diretti nei confronti di proprie società in house previsto dall'art. 192 del d.lgs. 50/2016") il procedimento nel suo complesso abbia comunque una natura "ibrida", presentando diversi ed evidenti profili di autoritatività. Ciò in quanto, il diniego di iscrizione eventualmente adottato dall'ANAC ha effetti costitutivi (nel citato parere viene espressamente qualificato come provvedimento amministrativo impugnabile innanzi al giudice amministrativo).
Il comma 2 del nuovo articolo 7 del D.lgs n. 36/2023 disciplina la motivazione per il ricorso all'in house, chiarendo, al primo periodo, che il ricorso a tale modello gestionale è accomunato all'affidamento mediante il ricorso al mercato dall'applicazione dei medesimi principi indicati agli artt. 1, 2 e 3 (principio del risultato, principio della fiducia, principio dell'accesso al mercato).
Il secondo e terzo periodo del comma 2 rispettivamente prevedono:
- una semplificazione della motivazione rispetto all'art. 192 comma 2 del d.lgs. n. 50/2016, tenuto conto che il principio di libera amministrazione determina il superamento dell'onere di motivazione rafforzata, fondato sulla natura eccezionale e derogatoria dell'in house;
- una motivazione ancorata più a ragioni economiche e sociali (le ricadute positive sul piano sociale rientrano tra le esternalità da valutare ai fini della scelta del modello gestionale) che a ragioni giuridico-formali.
Più nel dettaglio, sono previsti due livelli di complessità della motivazione, a seconda dell'oggetto del contratto:
i) per i servizi all'utenza è necessario che vengano evidenziati i vantaggi per la collettività sotto il profilo della qualità e universalità del servizio, oltre che del risparmio di tempo e del razionale impiego (in un'ottica non solo di minore spesa ma di spesa efficiente) delle risorse. Si tratta di obiettivi che devono comunque essere perseguiti qualunque sia la forma di gestione prescelta (art. 2 direttiva 2014/23).
ii) per i servizi strumentali alla pubblica amministrazione è sufficiente una motivazione più snella con riferimento alla riduzione di tempi e costi sulla base di parametri predeterminati e oggettivi di raffronto, sul modello dell'art. 10 d.l. 31 maggio 2021 n. 77 relativo alle convenzioni aventi ad oggetto il supporto tecnico operativo delle società in house. Ai fini della legittimità dell'affidamento in house occorrerà, quindi, una motivazione incentrata prevalentemente su ragioni di convenienza economica, anche con riferimento a parametri oggettivi e predeterminati di rapporto qualità/prezzo. Più nello specifico, in linea con quanto previsto dal d.l. n. 77 del 2021, si è fa riferimento agli standard della società Consip S.p.a. , società per azioni, partecipata al 100% dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, che opera – secondo gli indirizzi strategici definiti dall'azionista – al servizio esclusivo della pubblica amministrazione, intervenendo con strumenti e metodologie per la digitalizzazione degli acquisti pubblici.
Fondamento normativo per legittimare un raffronto con i prezzi operati da Consip Spa è anche la funzione di benchmark svolta dalle convenzioni quadro dalla stessa stipulate, previste nell'art. 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (Acquisto di beni e servizi) .

