
La Suprema Corte (ordinanza n. 25456/2025) ha stabilito che l'omessa indicazione, nel preavviso di iscrizione ipotecaria, del bene su cui verrà poi iscritta l'ipoteca non determina alcuna lesione dei diritti del debitore. Infatti, l'ipoteca non nasce con il preavviso, ma esclusivamente con l'atto di iscrizione, ed è in quel momento che il bene deve essere identificato e determinato.
Il principio secondo cui l'iscrizione ipotecaria rappresenta un atto finalizzato all'espropriazione immobiliare non implica che la comunicazione preventiva debba contenere anche l'indicazione del bene da vincolare. In base all'articolo 2740 del codice civile, il creditore ha facoltà di scegliere su quali beni del debitore esercitare l'azione esecutiva, senza che ciò comporti limiti ulteriori al contenuto del preavviso.
Secondo la Cassazione, l'assenza dell'indicazione del bene nel preavviso non incide sul diritto di difesa del contribuente, il quale conosce già il proprio patrimonio immobiliare e può contestare un'eventuale iscrizione illegittima attraverso i rimedi previsti dalla legge. Pertanto, la normativa non comprime le garanzie del debitore, ma si limita a prevedere che l'individuazione dei beni avvenga solo con l'iscrizione vera e propria.
La Corte ha enunciato il seguente principio: "in materia di riscossione esattoriale, l'art. 77, comma 2-bis, del d.P.R. n. 602/1973 stabilisce che la comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria, avente natura informativa e sollecitatoria, deve contenere soltanto il riferimento al titolo e all'ammontare del credito tributario. Non è invece richiesta l'indicazione dell'immobile o degli immobili su cui l'agente della riscossione procederà, poiché tale individuazione è necessaria solo al momento della costituzione del diritto di garanzia attraverso l'iscrizione nei registri immobiliari".

