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Notizie Giuridiche

» Il metodo del mediatore incide sulla natura dell'accordo?
03/09/2025 - Teresa Casamichela

Le suddivisioni classiche

Fin dai primi contributi sulla mediazione, intorno al 2008 - data della direttiva europea sulla materia - e ancor prima in tema di conciliazione, si riscontra solitamente una generale suddivisione dei vari tipi di procedimenti che, classicamente, vengono distinti in base ai rispettivi impatti sul processo, a seconda che sia o meno condizione di procedibilità, in base alle modalità di gestione, o dalle tecniche di negoziato e anche in base al valore dell'eventuale accordo che può avere o meno efficacia esecutiva, novativa ecc. Si riscontrano anche ulteriori catalogazioni che originano dalle varie scuole di pensiero o dal paese considerato, tutte comunque più o meno riconducibili a un maggiore o minore ruolo attivo del mediatore e alla tecnica di negoziato adottata nel caso concreto.

Queste classificazioni sono per lo più riservate agli specialisti della disciplina, e rimangono purtroppo poco note anche agli operatori del diritto.

Uno spunto interessante di riflessione per chiarire cosa, in mediazione, conta davvero e cosa no, ci viene offerto da una sentenza del Tribunale di Lecce che affronta il tema della revocatoria di un accordo di mediazione con ampia e impeccabile motivazione e puntuale applicazione della legge ma, nella digressione sugli effetti, asseritamente diversi tra il modello di mediazione facilitativa e quella valutativa può prestarsi a qualche osservazione.

Il caso di Lecce

Afferma il Tribunale di Lecce (III sez., sent. n. 491 del 21/02/2023 Giudice Est.: Dott.ssa Anna Rita Pasca - usucapione in mediazione ex art. 5 d.lgs 28/2010 – atto dispositivo del debitore lesivo ai sensi dell'art. 2901 c.c. e ammissibilità della revocatoria):

"(...) l'accordo di conciliazione contenuto nel verbale di mediazione di cui al D.lgs. 28/2010, mantiene la propria natura di atto negoziale, che produce gli effetti sostanziali derivanti dal negozio giuridico contestualmente stipulato dalle parti, il quale resta integralmente soggetto alla disciplina che gli è propria, per cui, sebbene costituisca - ricorrendo le condizioni di cui all'art. 12 D.Lgs. n.28/2010 - titolo esecutivo, come visto sopra, non produce gli stessi effetti di una sentenza passata in giudicato, dovendosi pertanto ritenere revocabile laddove sottenda una transazione o, meglio, un mero atto traslativo a titolo gratuito. Ciò vale in particolare per gli accordi di conciliazione scaturenti dalle c.d. mediazioni "facilitative", ossia quelle in cui il ruolo del mediatore è principalmente quello di verificare se le parti trovano un accordo, mediazioni che si avvicinano più ad un accordo transattivo che ad una vera e propria sentenza. Diversamente, nella cd mediazione "valutativa", in assenza di accordo amichevole, il mediatore può formulare la sua proposta alle parti, assumendo in tal modo un ruolo più invasivo mediante una valutazione della situazione.

Il Tribunale di Lecce precisa ulteriormente che "il ruolo di un soggetto terzo, come il mediatore, che prende l'iniziativa di proporre alle parti dei possibili accordi avvicini questa mediazione maggiormente ad una sentenza, non limitando il ruolo del mediatore a quello di mero "testimone" della volontà espresso dalle parti.

La pronuncia conclude infine affermando che "trattandosi di un accordo di mediazione "facilitativo", senza alcuna valutazione di presupposti e di interessi delle parti da parte del mediatore (...) (lo stesso) è assoggettabile ad azione revocatoria" (1).

Caratteristiche comuni della procedura di mediazione

La mediazione, ricordiamo, è un metodo di risoluzione alternativa delle controversie che, sebbene annoverato tra altri ADR (Alternative Dispute Resolution) mantiene una sua autonomia ed è soggetto a una propria disciplina che può avere ricadute sui tempi, sulle materie e sullo snodo stesso della procedura ma non ci è dato riscontrare, nel nostro ordinamento, alcuna norma che consenta di "graduare" l'efficacia dell'accordo di mediazione in base alla metodologia adottata dal mediatore, nemmeno in via interpretativa e nemmeno nel caso in cui le parti richiedano espressamente la formulazione di una proposta. In altre parole la modalità con cui viene gestita la mediazione (sia essa facilitativa, valutativa o condotta con altri metodi di negoziato) non può influire sulla natura stessa della procedura trasformandola in una sorta di arbitrato e determinando un diverso valore del successivo atto conclusivo.

Tecnica di negoziato e revocabilità dell'accordo

Nella sentenza che stiamo leggendo l'accordo è indubbiamente e oggettivamente revocabile, trattandosi di un vero e proprio atto dispositivo del debitore, idoneo a determinare una alterazione della consistenza del suo patrimonio. Pertanto, ove ricorrano i classici presupposti dell'eventum damni, del consilium fraudis e della scientia damni, non serve in alcun modo indagare il tipo di ausilio che il mediatore possa aver dato alle parti nel raggiungimento dell'intesa. Più precisamente, la tecnica del mediatore è circostanza sempre estranea al giudizio. La metodologia utilizzata dal mediatore può essere un criterio di preferenza per chi ricorre alla mediazione ma non vale ad assimilare la mediazione a una sorta di giudizio in chiave minore nè, tanto meno, a qualificare l'atto conclusivo come una sentenza sui generis.

Mediazione e arbitrato

Pur avendo struttura e finalità diverse, l'arbitrato, nelle sue varie tipologie, (secondo diritto, secondo equità, libero, amministrato, ad hoc ecc). ricade nella macro categoria dei metodi alternativi di risoluzione della controversie. Nella prassi tuttavia si origina spesso confusione soprattutto nella formulazione delle clausole compromissorie dei contratti che talora non consentono all'interprete di capire se i contraenti abbiano voluto una mediazione o un arbitrato. Si tratta, ricordiamolo, di due strumenti completamente diversi non solo sul piano procedurale ma soprattutto con riguardo al ruolo del terzo imparziale e agli effetti dell'atto conclusivo. Le differenze si danno solitamente per scontate, ma a volte, purtroppo, questa distinzione non è del tutto percepita. L'arbitro è un giudice privato, (nominato dalle parti o da terzi) che, dopo aver valutato le prove e le argomentazioni allegate emette una decisione vincolante per risolvere la controversia. La pronuncia, che assume il nome di "lodo arbitrale", è cosa diversa dall'accordo conclusivo di una mediazione. Ecco che una pronuncia arbitrale, laddove alterasse la consistenza patrimoniale dei debitore, ben potrebbe essere oggetto di diversa valutazione nell'ambito di un'azione revocatoria. Questo non può accadere nella mediazione dove l'atto conclusivo ha sempre natura negoziale.

Le attestazioni dei legali ex art. 12 D.Lgs. 28/2010

Nel caso che ci occupa, è legittimo anche chiedersi quale possa essere la sorte della eventuale sottoscrizione che i legali abbiano apposto per attestare la conformità dell'accordo alle norme imperative e all'ordine pubblico ex art. 12 comma 1 d. lgs 28/2010. In linea di principio possiamo dire la certificazione dei legali discende da una valutazione ex ante che l'accordo, per oggetto e causa (diversa quest'ultima dalla ragione pratica individuale), non contrasta manifestamente con norme imperative o con l'ordine pubblico. Il legale può non essere a conoscenza del danno che il suo cliente sta orchestrando nei confronti dei suoi creditori. La revocatoria interviene ex post, valutando gli effetti concreti dell'atto rispetto ai creditori, senza che la pronuncia postuli alcun giudizio sulle attestazioni dei legali, In altri termini il fatto che i legali abbiano attestato la conformità alle norme imperative e all'ordine pubblico non impedisce che l'accordo sia dichiarato inefficace verso i creditori tramite azione revocatoria. L'attestazione ex art. 12, da una parte, non "immunizza" l'accordo da una revocatoria, e dall'altra, ove il giudice accolga la domanda ex srt. 2901 c.c., non viene messa in discussione la veridicità formale dell'attestazione visto che i legali non hanno certificato che l'atto non arrechi danno ai creditori, ma che, in astratto, non viola norme imperative o l'ordine pubblico. Piani diversi dunque.

Conclusioni

Laddove un giudizio investa un accordo di mediazione non è necessario indagare sul modello di mediazione per valutarne gli effetti giuridici. L'accordo ha sempre natura negoziale pur in presenza di diversi presupposti o di diversi metodi di intervento del mediatore. La chiarezza sulle differenze tra mediazione, arbitrato e altri ADR è poi fondamentale per evitare di trascinare gli equivoci.


(1) adrmedyapro.it/massimario/detail/1062

[Fonte: www.studiocataldi.it]

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