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Notizie Giuridiche

» Lite temeraria ed esecuzione forzata
02/09/2025 - Nicola Comite

Lite temeraria, profili generali

L'istituto in esame, disciplinato dall'art. 96 cpc, configura il comportamento della parte la quale, nonostante fosse consapevole dell'infondatezza della sua domanda o eccezione (mala fede), la propone ugualmente, costringendo la controparte a partecipare ad un processo immotivato.
Viene sanzionata, inoltre, la mancanza di quel minimo di diligenza richiesta al fine di acquisire la consapevolezza dell'infondatezza dall'azione intrapresa (colpa grave).

Invero, la legge considera tale comportamento come una responsabilità aggravata, ossia una responsabilità che si aggrava essendo fondata su un illecito, comportando l'obbligo di risarcire tutti i danni che conseguono all'aver dovuto partecipare ad un processo privo di fondamento alcuno.
Il legislatore, così, ha inteso tutelare l'interesse di una delle parti a non subire pregiudizi a seguito dell'azione o resistenza dolosa o colposa dell'altra parte.
A tal proposito, il giudice ha il potere di condannare al risarcimento dei danni (oltre alla refusione delle spese di lite) la parte che, agendo in giudizio, abbia posto in essere un illecito processuale; a fondamento di tale fattispecie si pone il concetto di abuso del diritto o abuso del processo, ossia l'impiego distorto del "processo" per fini che esulano dal suo scopo tipico e al di là dei limiti determinati dalla sua funzione.

Il comma 2 dell'art. 96 cpc

Il comma secondo dell'art. 96 c.p.c., contiene un'elencazione tassativa di casi, per quanto eterogenei, accomunati dall'idoneità a incidere direttamente sui rapporti giuridici sostanziali delle parti interessate anche in riferimento a quelli eventualmente intrattenuti con i terzi.
Tale precisazione lascia chiaramente intendere l'importanza dell'esatta individuazione dell'ambito applicativo della norma in esame nonché delle soluzioni offerte dalla dottrina e dalla giurisprudenza, di merito e di legittimità, ai problemi applicativi ad esso connessi.
Innanzitutto, dal punto di vista oggettivo, la norma in esame postula l'accertamento dell'inesistenza del diritto in base al quale la parte si sia avvalsa dei previsti strumenti processuali per l'esecuzione di un provvedimento cautelare, la trascrizione di una domanda giudiziale, l'iscrizione di ipoteca giudiziale oppure l'inizio dell'esecuzione forzata, come espressamente e tassativamente elencati.
Sotto il profilo soggettivo, invece, la norma richiede il difetto della normale prudenza della parte, attore o creditore procedente, che abbia posto in essere i suddetti atti di impulso procedurali.
Riguardo al requisito oggettivo di inesistenza del diritto non vi è unanimità di vedute in dottrina e giurisprudenza, mentre con riferimento all'elemento psicologico, secondo consolidato orientamento della dottrina e della giurisprudenza, sono riconducibili alla fattispecie in esame, a differenza della previsione normativa di cui al primo comma e ponendosi, quindi, in tal modo su di un piano più rigoroso rispetto ad essa, anche i casi di colpa lieve.

La SS. UU. n. 25478/2021

A proposito di lite temeraria nel processo esecutivo gli ermellini con la sentenza di cui innanzi hanno espresso il seguente principio di diritto: "In caso di esecuzione forzata intrapresa sulla base di un titolo giudiziale non definitivo, la sopravvenuta caducazione del titolo per effetto di una pronuncia del giudice della cognizione (nella specie: ordinanza di convalida di sfratto successivamente annullata in grado di appello) determina che il giudizio di opposizione all'esecuzione si debba concludere non con l'accoglimento dell'opposizione, bensì con una pronuncia di cessazione della materia del contendere; per cui il giudice di tale opposizione è tenuto a regolare le spese seguendo il criterio della soccombenza virtuale, da valutare in relazione ai soli motivi originari di opposizione."
Resta da capire chi è il giudice competente a pronunciarsi sulla domanda di risarcimento dei danni ex art. 96 secondo comma, c.p.c.
Ebbene, L'istanza con la quale si chieda il risarcimento dei danni per aver intrapreso o compiuto l'esecuzione forzata senza la normale prudenza, in forza di un titolo esecutivo di formazione giudiziale non definitivo, successivamente caducato, deve essere proposta, di regola, in sede di cognizione, ossia nel giudizio in cui si è formato o deve divenire definitivo il titolo esecutivo, ove quel giudizio sia ancora pendente e non vi siano preclusioni di natura processuale.
In tale ultimo caso, invece, la domanda si pone al giudice dell'opposizione dell'esecuzione.
Infine, e solamente quando sussista un'ipotesi di impossibilità di fatto o di diritto alla proposizione della domanda anche in sede di opposizione all'esecuzione, potrà esserne consentita la proposizione in un giudizio autonomo.

avv. Nicola Comite – n.comite@hotmail.it
[Fonte: www.studiocataldi.it]

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