I provvedimenti limitativi e/o ablativi della responsabilita' dei genitori - adottati ai sensi degli articoli 330, 332 e 333 e seg. c.c. - non costituiscono una sanzione ai comportamenti inadempienti dei genitori, ma sono fondati sull'accertamento analitico, da parte del giudice, degli effetti lesivi che hanno prodotto o possono ulteriormente produrre in danno dei figli, tali da giustificare una limitazione o ablazione della responsabilita' genitoriale.
Il minore, come è noto, è soggetto titolare di diritti e di interessi ma non ha la piena capacità di agire, sebbene taluni suoi atti e comportamenti siano produttivi di effetti giuridici; ciò comporta che di regola l'esercizio dei diritti e la difesa nel processo avviene attraverso il meccanismo della rappresentanza, affidata ai genitori o ad un tutore. Tuttavia, nei giudizi che riguardano la relazione familiare, può delinearsi un conflitto di interessi tra i genitori ed il minore: conflitto in re ipsa, ove si tratti di un giudizio di decadenza dalla responsabilità genitoriale (Cass. n. 40490/2021; Cass. n. 5256/2018; Cass. n. 4994/2022) oppure conflitto la cui sussistenza viene in concreto ravvisata dal giudice.
Il D.Lgs. 149/2022, introducendo nel codice di procedura civilel'art 473-bis.8 ha specificato, in relazione alla posizione del minore, il principio dato dall'art. 78 c.p.c., già in precedenza ritenuto principio generale applicabile a tutti casi di conflitto di interessi (Corte Cost. 83/2011), chiarendo che il curatore deve essere nominato non solo nelle ipotesi specificamente previste e tipizzate (procedimenti ex artt. 330 e 403 c.c. nonché ex art. 2 e segg. legge 184/1983) ma anche quando, con accertamento caso per caso, i genitori appaiono per gravi ragioni temporaneamente inadeguati a rappresentare gli interessi del minore, nonché quando lo richieda lo stesso minore se ha compiuto gli anni quattordici.
Si conferma e si recepisce così, in un testo normativo, il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale nei giudizi de potestate e in genere nei giudizi in cui il minore è parte in senso formale ed è prescritta la difesa tecnica, è necessario nominargli un curatore speciale, che ne rappresenti autonomamente ed in modo indipendente gli interessi; nei giudizi di affidamento, ove non emerga in concreto il conflitto di interessi e la inadeguatezza dei genitori alla rappresentanza processuale, la partecipazione del minore si realizza tramite il diritto di ascolto, se il minore è maggiore di dodici anni o comunque capace di discernimento (Cass. civ. 1471/2021; Cass. 7734/2022).
Nel procedimento per decadenza della responsabilità genitoriale al minore deve quindi essere nominato un curatore speciale, fin dall'inizio dell'apertura del procedimento, non solo quando la decadenza sia chiesta dal Pubblico ministero nei conforti di entrambi i genitori, ma anche quando la domanda sia proposta da un genitore nei confronti dell'altro (Cass. n. 1957/2016 e la già citata Cass. n. 5256/2018).
La violazione di questa regola processuale (rilevata in Cassazione) comporta la rimessione della causa alla Corte d'Appello e non al primo giudice, essendo ormai superato il diverso orientamento espresso da questa Corte nel 2021, dovendosi conciliare le esigenze di rappresentanza e difesa del minore con quelle di celerità della decisione e potendo la Corte d'Appello conoscere pienamente delle questioni che attengono all'affidamento del minore. Il giudice di appello deve pertanto procedere, in tali casi, a norma dell'art. 354, comma 4, c.p.c., alla rinnovazione degli atti del procedimento che risultano viziati a causa del loro compimento in assenza della partecipazione necessaria del curatore speciale del minore (Cass. n. 7734/2022; n. 2829/2023; Cass. 25073/2024).
I giudizi di responsabilità genitoriale riguardano la relazione familiare, che muta e si trasforma nel corso del tempo, nonché diritti personalissimi degli interessati.
L'idoneità genitoriale, così come il miglior interesse del minore, vanno valutati all'attualità e in chiave prognostica dovendosi assicurare l'interesse del minore a vivere e crescere in ambiente armonioso e a mantenere rapporti con entrambi i genitori, salvo che questi siano inadeguati. Al tempo stesso, bisogna assicurare che i genitori possano svolgere compiutamente la loro funzione parentale, connotata da diritti e doveri, ricevendo a tal fine, ove necessario, un adeguato supporto dalle istituzioni.
Da rilevare, inoltre, che questi processi sono connotati, tanto in primo che in secondo grado, da ampi poteri officiosi da parte del giudice, che deve verificare con tutti gli strumenti a sua disposizione quali scelte realizzino adeguatamente il miglior interesse del minore, non operano le preclusioni proprie del giudizio ordinario e i fatti nuovi possono - e devono - farsi valere all'interno dello stesso giudizio; inoltre che il giudice d'appello ha il potere- dovere di procedere alla rinnovazione degli atti nulli (art. 354 comma 4 c.p.c.).
Di conseguenza, la regressione al primo grado di giudizio per difetto di rappresentanza del minore non apporterebbe alcun beneficio concreto per il minore e potrebbe invece determinare un pregiudizio, appesantendo inutilmente i tempi della decisione, così violando non solo la regola della ragionevole durata del processo posta dall'art. 111 Cost. ma anche l'art. 7 della Convenzione di Strasburgo sull'esercizio dei diritti dei minori del 25 gennaio 1996 (ratificata in Italia con legge 20 marzo 2003 n. 77), che impone alla autorità giudiziaria nei procedimenti che interessano un minore, di agire prontamente per evitare ogni inutile ritardo.
In tema di giudizi sulla responsabilità genitoriale, dovendosi conciliare le esigenze di difesa e di rappresentanza del minore con quelle di particolare celerità del procedimento e dovendosi valutare alla attualità il miglior interesse del minore stesso, ove quest'ultimo sia stato adeguatamente rappresentato nel giudizio d'appello, l'eventuale difetto di rappresentanza nel giudizio di primo grado per omessa o tardiva nomina del curatore speciale è irrilevante, e salvo che non venga enunciato uno specifico e concreto pregiudizio idoneo a viziare anche la decisione di secondo grado.