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Notizie Giuridiche

» Gaza: genocidio e carestia. Analisi giuridica di un crimine perfetto
28/08/2025 - Erik Stefano Carlo Bodda

Il 22 agosto 2025 segna una data spartiacque nella storia del diritto internazionale contemporaneo. L'Integrated Food Security Phase Classification (IPC) ha ufficialmente confermato per la prima volta la carestia a Gaza, dichiarando che più di mezzo milione di persone sono intrappolate in condizioni di fame caratterizzate da "fame diffusa, indigenza e morti prevenibili".
Come giurista, mi trovo di fronte a un caso che rappresenta la sintesi perfetta tra genocidio e carestia artificiale - un crimine che sfida le categorie tradizionali del diritto penale internazionale e che richiede un'analisi che attinga alle più profonde riflessioni della filosofia giuridica contemporanea.

Il Metodo Zagrebelsky: Ragionare oltre le Categorie Tradizionali

Vladimiro Zagrebelsky, con la sua esperienza di giudice della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, ci ha insegnato che il diritto non può rimanere prigioniero di categorie rigide quando si confronta con la realtà della sofferenza umana. Il suo approccio metodologico, caratterizzato da un rigoroso garantismo unito a una sensibilità profondamente umana, ci fornisce gli strumenti per comprendere la natura ibrida del crimine che si sta consumando a Gaza.
Zagrebelsky ha sempre sostenuto che il diritto europeo dei diritti umani deve essere interpretato come "strumento vivente", capace di adattarsi alle nuove forme di violazione della dignità umana.
Nel caso di Gaza, assistiamo precisamente a questo: una forma inedita di crimine internazionale che combina elementi del genocidio con l'uso sistematico della fame come arma di distruzione di massa.
La metodologia zagrebelskiana ci impone di guardare oltre le definizioni formali per cogliere la sostanza del fenomeno.
Quando l'IPC dichiara che la carestia a Gaza è "interamente artificiale", sta identificando precisamente quello che Zagrebelsky definirebbe un "crimine contro l'umanità nella sua forma più pura": la negazione deliberata del diritto fondamentale alla vita attraverso la privazione del cibo.

I Dati della Vergogna: L'Anatomia di una Carestia Artificiale

I numeri del rapporto IPC del 22 agosto 2025 sono di una chiarezza agghiacciante. Entro la fine di settembre, più di 640.000 persone affronteranno livelli catastrofici di insicurezza alimentare (IPC Fase 5) in tutta la Striscia di Gaza. Un ulteriore 1,14 milioni di persone si troveranno in condizioni di emergenza (IPC Fase 4) e altri 396.000 in condizioni di crisi (IPC Fase 3).
Ma è il dato sulla malnutrizione infantile che rivela la vera natura genocida dell'operazione israeliana: solo nel mese di luglio, più di 12.000 bambini sono stati identificati come gravemente malnutriti - la cifra mensile più alta mai registrata e un aumento di sei volte dall'inizio dell'anno.
Quasi uno su quattro di questi bambini soffriva di malnutrizione acuta grave (SAM), la forma più letale.
Quello relativo a Gaza è il quinto annuncio di una situazione di insicurezza alimentare che ha raggiunto la fase cinque in poco più di vent’anni, da quanto l’IPC è stato sviluppato nel 2004. Prima vennero riscontrate le seguenti situazioni di carestia: Somalia, 2011; Sud Sudan, 2017; ancora Sud Sudan, nel 2020 e Sudan nel 2024.
Questi non sono numeri casuali o collaterali di un conflitto. Sono il risultato di una strategia deliberata che utilizza la fame come arma per rendere Gaza inabitabile per la popolazione palestinese. Come direbbe Zagrebelsky, siamo di fronte a una "violazione sistematica e programmata" del diritto fondamentale alla vita.

La Manipolazione delle Categorie Giuridiche: Un Crimine nell'Ombra

Uno degli aspetti più inquietanti di questa vicenda è emerso dalle rivelazioni sui metodi utilizzati per raggiungere la dichiarazione di carestia. L'IPC ha silenziosamente alterato la sua metodologia per determinare la carestia nel suo recente rapporto sulla Striscia di Gaza, rendendo più facile raggiungere la soglia di carestia rispetto ad altre parti del mondo.
Questa manipolazione metodologica rivela un aspetto ancora più sinistro della strategia israeliana: la capacità di operare nell'ombra delle categorie giuridiche internazionali, sfruttando le lacune e le ambiguità del sistema per perpetrare crimini che sfuggono alle definizioni tradizionali.
Come osserva la fonte, "dall'inizio della guerra a Gaza nel 2023 fino a giugno 2025, il Ministero della Salute di Gaza gestito da Hamas ha riportato solo 66 morti per malnutrizione, ma nel luglio 2025 ha riportato più di 133 tali morti senza rilasciare 'le identità dei deceduti come aveva fatto in passato'".
Questa discrepanza nei dati non diminuisce la gravità della situazione, ma rivela piuttosto la complessità di documentare un crimine che si consuma nell'ombra, utilizzando metodi che sfuggono alle categorie tradizionali del diritto internazionale.

Il Pensiero di Bobbio: La Protezione dei Diritti come Imperativo Politico

Norberto Bobbio ci ha insegnato che "il problema fondamentale relativo ai diritti dell'uomo è oggi non tanto quello di giustificarli, quanto quello di proteggerli. È un problema non filosofico ma politico".
Nel caso di Gaza, questa lezione assume una rilevanza drammatica: non si tratta di discutere se i palestinesi abbiano diritto al cibo, ma di comprendere perché la comunità internazionale non riesce a proteggerli dalla fame artificiale.
La risposta, seguendo il ragionamento bobbiano, risiede nella natura intrinsecamente politica dei diritti umani.
Il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha dichiarato che "abbiamo bisogno di un cessate il fuoco umanitario immediato e permanente; il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi; e pieno accesso umanitario senza ostacoli in tutta Gaza", ma queste parole rimangono lettera morta di fronte agli interessi geopolitici in gioco.
Bobbio aveva previsto questa situazione quando scriveva che "quando si tratta di enunciarli l'accordo è ottenuto con relativa facilità, indipendentemente dalla maggiore o minore convinzione del loro fondamento assoluto: quando si tratta di passare all'azione, fosse pure il fondamento indiscutibile, cominciano le riserve e le opposizioni".

Gustavo Zagrebelsky e il "Diritto Mite": L'Adattamento alle Nuove Forme di Crimine

Il concetto di "diritto mite" elaborato da Gustavo Zagrebelsky trova in Gaza la sua applicazione più drammatica. Il diritto internazionale deve confrontarsi con una forma di crimine che sfugge alle categorie tradizionali: non è solo genocidio nel senso classico del termine, non è solo crimine contro l'umanità, ma è qualcosa di nuovo che richiede nuove categorie interpretative.
La carestia artificiale di Gaza rappresenta quello che potremmo definire un "genocidio per fame" - una forma di distruzione di gruppo che utilizza la privazione alimentare come strumento principale.
Questa modalità criminale richiede un adattamento del diritto internazionale che Zagrebelsky definirebbe "mite": capace di piegarsi senza spezzarsi, di adattarsi alle nuove realtà senza perdere la propria essenza normativa.

Luigi Ferrajoli e il Garantismo: I Diritti Indisponibili di fronte alla Fame

La teoria garantista di Luigi Ferrajoli ci fornisce gli strumenti concettuali per comprendere la natura del crimine che si sta consumando a Gaza. I diritti fondamentali, secondo Ferrajoli, sono "indisponibili" e "inalienabili" - non possono essere negoziati, sospesi o condizionati da considerazioni politiche o militari.
Il diritto al cibo, riconosciuto dall'articolo 25 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e dall'articolo 11 del Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali, appartiene a questa categoria di diritti indisponibili. La sua violazione sistematica e deliberata configura non solo un crimine contro l'umanità, ma una forma di genocidio quando è accompagnata dall'intenzione di distruggere un gruppo protetto.
Il rapporto IPC esprime "grave preoccupazione per la continua uccisione su larga scala di civili mentre cercano di accedere alle consegne di cibo e per la pianificazione, implementazione e monitoraggio inadeguati delle distribuzioni alimentari privatizzate condotte dal GHF".
Questa descrizione rivela la natura sistematica della strategia israeliana: non solo si impedisce l'arrivo del cibo, ma si uccidono deliberatamente i civili che cercano di procurarselo. È la realizzazione perfetta di quello che Ferrajoli definirebbe un "crimine di sistema" - una violazione organizzata e sistematica dei diritti fondamentali.

L'Analisi Comparata: Gaza nel Contesto del Diritto Internazionale

Per comprendere appieno la portata del crimine che si sta consumando a Gaza, è necessario collocarlo nel contesto più ampio del diritto internazionale contemporaneo. La Convenzione per la Prevenzione e la Repressione del Crimine di Genocidio del 1948 definisce il genocidio come qualsiasi atto commesso "con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale".
L'articolo II della Convenzione include esplicitamente tra gli atti genocidi "il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale". La carestia artificiale di Gaza rientra perfettamente in questa definizione.
Ma Gaza rappresenta qualcosa di più: è la prima volta nella storia contemporanea che assistiamo a un genocidio per fame condotto in diretta televisiva, documentato minuto per minuto, con la complicità silenziosa della comunità internazionale. È quello che potremmo definire un "genocidio trasparente" - visibile a tutti, ma politicamente invisibile.

La Dimensione Costituzionale: L'Articolo 11 della Costituzione Italiana

Come cittadino italiano e giurista formato nella tradizione costituzionale del nostro Paese, non posso non richiamare l'articolo 11 della Costituzione, che stabilisce che "l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà di altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali".
Questo principio costituzionale fondamentale trova applicazione diretta nel caso di Gaza. L'Italia, attraverso la sua partecipazione alle istituzioni internazionali e la sua politica estera, ha il dovere costituzionale di opporsi a qualsiasi forma di guerra di aggressione che violi i diritti fondamentali di altri popoli.
Il silenzio del governo italiano di fronte al genocidio palestinese costituisce una violazione dell'articolo 11 della Costituzione. Come ha scritto Gustavo Zagrebelsky, la Costituzione non è un documento morto, ma uno "strumento vivente" che impone obblighi concreti ai governanti.

La Responsabilità Internazionale: Il Fallimento del Sistema ONU

Il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha definito la situazione di Gaza "un test della nostra umanità condivisa - un test che non possiamo permetterci di fallire". Tuttavia, il sistema delle Nazioni Unite ha già fallito questo test.
Il potere di veto nel Consiglio di Sicurezza ha impedito l'adozione di misure efficaci per fermare il genocidio palestinese, dimostrando i limiti strutturali del sistema internazionale. Come osservava Bobbio, il problema non è la mancanza di norme, ma la mancanza di volontà politica per applicarle.
La dichiarazione di carestia del 22 agosto 2025 rappresenta l'ennesima conferma di questo fallimento. Nonostante le prove schiaccianti, nonostante i rapporti dettagliati, nonostante le dichiarazioni solenni, la comunità internazionale continua a limitarsi a parole vuote mentre un intero popolo viene affamato fino alla morte.
Il Precedente Storico: Holodomor e Gaza.
La carestia artificiale di Gaza richiama inevitabilmente alla memoria l'Holodomor, la carestia artificiale che colpì l'Ucraina tra il 1932 e il 1933 sotto Stalin. Come allora, assistiamo all'uso deliberato della fame come arma di distruzione di massa contro una popolazione civile.
La differenza fondamentale è che l'Holodomor si consumò nell'ombra, nascosto dalla cortina di ferro sovietica. Gaza, invece, si consuma sotto gli occhi del mondo intero, trasmesso in diretta dai social media, documentato dai giornalisti, analizzato dagli esperti. Eppure, paradossalmente, questa trasparenza non ha impedito il crimine, ma lo ha reso ancora più cinico.
La Dottrina della Responsabilità di Proteggere.
La dottrina della "Responsabilità di Proteggere" (R2P), adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2005, stabilisce che quando uno Stato non riesce a proteggere la propria popolazione da genocidio, crimini contro l'umanità, crimini di guerra e pulizia etnica, la comunità internazionale ha la responsabilità di intervenire.
Nel caso di Gaza, questa dottrina trova applicazione diretta: Israele non solo non protegge la popolazione palestinese, ma è l'autore diretto del genocidio. La comunità internazionale ha quindi il dovere giuridico e morale di intervenire per fermare il crimine.
Tuttavia, la R2P è rimasta lettera morta, vittima degli stessi meccanismi di paralisi che affliggono il sistema delle Nazioni Unite.
Come osservava Zagrebelsky, il diritto internazionale rischia di diventare "diritto senza forza" quando manca la volontà politica di applicarlo.
Le Implicazioni per il Futuro del Diritto Internazionale.
Gaza rappresenta un banco di prova fondamentale per il futuro del diritto internazionale. Se la comunità internazionale permetterà che questo genocidio si compia impunemente, avrà creato un precedente pericoloso che potrà essere invocato da altri Stati per giustificare crimini simili.
Come giurista, sono convinto che Gaza segnerà uno spartiacque nella storia del diritto internazionale.
O la comunità internazionale troverà il coraggio di applicare le proprie norme, o assisteremo al definitivo tramonto del sistema giuridico internazionale nato dalle ceneri della Seconda Guerra Mondiale.
La lezione di Vladimiro Zagrebelsky è chiara: il diritto non può rimanere neutrale di fronte al crimine.
Quando i diritti fondamentali vengono violati sistematicamente, il silenzio del diritto diventa complicità.

Conclusioni: Il Dovere della Denuncia

Come avvocato e giurista formato nella tradizione del costituzionalismo italiano, come essere umano, sento il dovere morale e professionale di denunciare quello che sta accadendo a Gaza per quello che è: un genocidio condotto attraverso la fame artificiale.
L'IPC ha avvertito che "qualsiasi ulteriore ritardo - anche di giorni - risulterà in un'escalation totalmente inaccettabile della mortalità legata alla carestia".
Ogni giorno di silenzio è complicità, ogni giorno di inazione è corresponsabilità.
La dichiarazione di carestia del 22 agosto 2025 non è solo un dato tecnico, ma un atto di accusa contro l'intera comunità internazionale. È la prova definitiva che il sistema giuridico internazionale, così come è strutturato oggi, è incapace di proteggere i diritti fondamentali quando entrano in conflitto con gli interessi geopolitici delle grandi potenze.
Gaza deve diventare l'ultimo genocidio del XXI secolo, non il primo di una nuova era di impunità.
Ma per raggiungere questo obiettivo, è necessario che i giuristi, gli intellettuali, i cittadini di tutto il mondo trovino il coraggio di chiamare le cose con il loro nome e di agire di conseguenza.
Come scriveva Primo Levi, "è avvenuto, quindi può accadere di nuovo".
Gaza ci ricorda che il male non è mai definitivamente sconfitto, ma richiede una vigilanza costante e il coraggio di dire la verità, anche quando questa verità è scomoda.
La storia ci giudicherà non solo per quello che abbiamo fatto, ma soprattutto per quello che non abbiamo fatto quando avevamo il potere e il dovere di agire.
Gaza è il nostro test di umanità. Non possiamo permetterci di fallire.


Erik Stefano Carlo Bodda è Avvocato del foro di Torino, iscritto all'Albo Speciale dei Cassazionisti e delle Giurisdizioni Superiori, è stato Abogado presso il Colegio de Madrid (ICAM) ed iscritto presso il Barreau de Paris.
Ha partecipato in qualità di osservatore a missioni internazionali. E' fondatore dello studio legale BODDA & PARTNERS.
[Fonte: www.studiocataldi.it]

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