
La potenza economica dell'Unione Europea si manifesta qui in tutta la sua evidenza: quando il 74% delle importazioni agricole svizzere proviene dai Paesi membri dell'UE e il 50% delle esportazioni elvetiche è destinato al nostro mercato, la dipendenza diventa tale da rendere inevitabile l'accettazione delle nostre condizioni. È la legge del mercato, bellezza! E stavolta la geografia economica ha prevalso sulla tradizionale neutralità alpina.
La questione dei cosiddetti "controllori stranieri" ha fatto scalpore in Svizzera, e comprensibilmente. Dopo secoli di sovranità incontrastata sui propri territori, gli elvetici si trovano ora nella condizione di dover accettare che la direttiva europea preveda che il controllo UE possa essere esteso fino a un'azienda di produzione.
Certo, come precisano le fonti ufficiali, il controllo avviene principalmente "a livello amministrativo" e l'Ufficio federale dell'agricoltura dovrà semplicemente informare Bruxelles sulla sua attività di vigilanza. Ma il principio è stabilito: l'UE può, se necessario, estendere i propri controlli direttamente nelle aziende svizzere. È un precedente storico che segna la fine dell'eccezionalismo elvetico in materia di sovranità alimentare.
Vantaggi per le aziende agricole dell'Unione Europea: un mercato che diventa davvero unico.
Dal punto di vista delle nostre aziende agricole italiane ed europee, questo accordo rappresenta una vittoria su più fronti. Innanzitutto, si elimina quella fastidiosa asimmetria che vedeva i prodotti svizzeri godere di accesso privilegiato al nostro mercato senza che le nostre aziende potessero beneficiare di condizioni equivalenti.
L'accordo prevede la sospensione degli ostacoli tecnici al commercio per diversi gruppi di prodotti fra cui il vino e i liquori, l'agricoltura biologica, la protezione fitosanitaria, gli alimenti per animali, le derrate alimentari di origine animale e le sementi. Questo significa che le nostre eccellenze agroalimentari - dal Parmigiano Reggiano al Prosecco, dall'olio extravergine di oliva ai nostri vini DOC - potranno finalmente competere ad armi pari sul mercato elvetico.
Ma c'è di più: l'integrazione della Svizzera nel sistema di autorizzazione dell'UE per i prodotti fitosanitari e l'accesso all'EFSA creano de facto un mercato unico che si estende oltre i confini dell'Unione. Le nostre aziende potranno beneficiare di procedure standardizzate, riducendo i costi di compliance e aumentando l'efficienza operativa.
La neutralità svizzera alla prova del mercato unico
È interessante osservare come questo accordo metta in discussione uno dei pilastri della tradizionale neutralità svizzera. Non si tratta più solo di neutralità militare o diplomatica, ma di neutralità economica e normativa. La Svizzera si trova ora nella condizione di dover adottare le leggi europee senza avere voce in capitolo nella loro formazione.
È il prezzo dell'integrazione economica: non si può pretendere di accedere ai benefici del mercato unico senza accettarne le regole. E stavolta, per una volta, sono gli svizzeri a dover ingoiare il rospo dell'armonizzazione normativa che noi europei conosciamo bene da decenni.
Punti di forza dell'accordo: il realismo economico prevale
I punti di forza di questo accordo sono evidenti dal punto di vista delle aziende europee:
Accesso garantito al mercato: Le nostre aziende ottengono finalmente un accesso stabile e prevedibile al ricco mercato svizzero, senza più dover temere improvvisi cambiamenti normativi unilaterali.
Standardizzazione delle procedure: L'adozione da parte svizzera delle direttive UE elimina la necessità di doppi controlli e certificazioni, riducendo significativamente i costi operativi.
Level playing field: Si crea finalmente una situazione di parità competitiva, dove le regole del gioco sono le stesse per tutti gli operatori del mercato allargato.
Integrazione nei sistemi di allerta: L'accesso della Svizzera ai sistemi europei di allerta precoce migliora la sicurezza alimentare dell'intero spazio economico integrato.
Punti di debolezza: i rischi dell'integrazione asimmetrica
Tuttavia, non tutto è oro quello che luccica. L'accordo presenta anche alcuni elementi di criticità che meritano attenzione:
Mancanza di reciprocità decisionale: La Svizzera dovrà applicare le nostre regole senza poter partecipare alla loro formazione. Questo potrebbe creare tensioni future quando gli interessi elvetici divergeranno da quelli europei.
Complessità di implementazione: L'integrazione di sistemi normativi diversi richiederà un periodo di adattamento che potrebbe generare incertezze operative.
Resistenze politiche interne: Come evidenziato dalle fonti, un accordo con l'UE ha possibilità di trovare maggioranza in Svizzera solo se soddisfa criteri molto stringenti, inclusa la garanzia che il popolo possa esprimersi sull'adozione delle leggi europee.
Il sarcasmo della storia: quando i ruoli si invertono
C'è una certa ironia storica nel vedere la Svizzera, che per decenni ha guardato con sufficienza alle "complicazioni" dell'integrazione europea, ora costretta ad accettare quello che noi chiamiamo "deficit democratico" dell'UE. Per anni gli svizzeri hanno criticato il nostro sistema decisionale, la nostra burocrazia, i nostri "giudici stranieri". Ora si trovano nella condizione di dover accettare non solo i nostri giudici, ma anche i nostri controllori alimentari.
È il trionfo del pragmatismo economico sulla retorica della sovranità. Quando il mercato parla, anche la più orgogliosa delle neutralità deve piegarsi. E stavolta, per una volta, sono gli svizzeri a dover imparare l'arte del compromesso europeo.
L'accordo alimentare rappresenta probabilmente solo il primo passo verso un'integrazione più ampia. Il governo svizzero punta infatti a trovare altri accordi in materia di energia e sicurezza alimentare, e il costo di accesso al mercato dell'UE è stato fissato a 350 milioni di franchi all'anno a partire dal 2030.
Per le nostre aziende agroalimentari, questo significa l'apertura di prospettive commerciali straordinarie. Il mercato svizzero, con il suo alto potere d'acquisto e la sua tradizionale attenzione alla qualità, rappresenta un obiettivo ideale per le nostre eccellenze. E finalmente potremo competere ad armi pari, senza dover subire le asimmetrie normative che per troppo tempo hanno favorito i produttori elvetici.
Il mercato come forza unificante
Questo accordo dimostra, una volta di più, che l'economia è più forte della politica e che il mercato è il vero motore dell'integrazione europea. La Svizzera, dopo aver resistito per decenni all'integrazione politica, si trova ora costretta ad accettare l'integrazione economica con tutte le sue conseguenze normative.
Per le aziende italiane ed europee del settore agroalimentare, si apre una nuova era di opportunità. Finalmente potremo esportare le nostre eccellenze in Svizzera senza dover affrontare barriere normative discriminatorie. Finalmente avremo accesso a un mercato che, nei fatti, diventerà parte integrante del nostro spazio economico comune.
E se questo significa che gli svizzeri dovranno accettare i nostri "controllori stranieri", beh, è il prezzo dell'integrazione. Un prezzo che noi europei paghiamo da decenni e che ora, finalmente, anche loro dovranno imparare a pagare.
Il mercato unico europeo ha vinto ancora una volta. E stavolta, per una volta, sono gli altri a dover imparare le nostre regole del gioco.
Erik Stefano Carlo Bodda è avvocato del foro di Torino, già iscritto anche a Madrid e Parigi. Ha conseguito il diploma presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali della LUISS e ha operato in Europa, Africa, America latina e Medioriente. È fondatore dello studio legale BODDA & PARTNERS con sedi in Italia e all'estero

