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Notizie Giuridiche

» Precedente Armani ridefinisce i confini della comunicazione aziendale
05/10/2025 - Erik Stefano Carlo Bodda

La storia inizia il 22 aprile 2022, quando il Gruppo Armani lancia con grande enfasi mediatica il sito "Armani Values", presentandolo come "un'esplorazione e una sintesi dei valori che da sempre sono alla base delle azioni di stile e delle scelte imprenditoriali dello stilista".
Il messaggio è chiaro: l'identità del marchio coincide con specifici valori etici, sintetizzati nel binomio "etica-estetica" che caratterizza lo "stile Armani".

Tuttavia, l'istruttoria dell'AGCM ha rivelato una realtà ben diversa. Mentre il Gruppo proclamava il proprio "preciso impegno sociale e morale" e dichiarava di operare "nella legalità" vigilando "affinché tutti i soggetti obbligati al rispetto di questo Codice osservino le leggi", la filiera produttiva presentava gravi criticità: rimozione dei dispositivi di sicurezza dai macchinari, condizioni igienico-sanitarie inadeguate, impiego di manodopera irregolare e "in nero", orari di lavoro oltre i limiti legali.

Il paradosso emerge con particolare evidenza dal fatto che, durante un accertamento di polizia giudiziaria presso un subfornitore, è stata accertata la presenza di un dipendente di GAO per controlli mensili sulla qualità dei prodotti, mentre non venivano svolti controlli analoghi sulle condizioni di lavoro.

Il Quadro Giuridico: L'Evoluzione del Diritto dei Consumatori

Il provvedimento si fonda sugli articoli 20 e 21 del Codice del Consumo, che disciplinano le pratiche commerciali scorrette. La decisione trova solido ancoraggio negli Orientamenti della Commissione europea del 2021, che hanno chiarito come le dichiarazioni di responsabilità sociale delle imprese possano configurare pratiche commerciali quando sono "direttamente connesse alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto".

La giurisprudenza amministrativa ha consolidato questo orientamento. Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 287 del 2024, ha precisato che "la pratica commerciale scorretta può configurarsi anche in assenza della violazione di una specifica disposizione settoriale, in quanto gli obblighi di diligenza professionale imposti al professionista richiedono l'adozione di ogni utile accorgimento che, sebbene non espressamente prescritto dalla regolazione, derivi da un più generale canone di diligenza professionale o buona fede".

L'Amministrazione Giudiziaria: Un Precedente Significativo

Un elemento cruciale della vicenda è rappresentato dall'amministrazione giudiziaria disposta dal Tribunale di Milano il 3 aprile 2024 nei confronti di G.A. Operations, ai sensi dell'articolo 34 del D.Lgs. n. 159/2011. La misura, revocata il 18 febbraio 2025, ha comportato una radicale riorganizzazione: riduzione del parco fornitori da oltre 2.800 a circa 1.400 unità, aumento del personale dedicato alla sostenibilità da poche unità a oltre venti, implementazione di nuove piattaforme informatiche per la tracciabilità della filiera.

Questo intervento giudiziario dimostra come le carenze del sistema di controlli non fossero episodiche ma strutturali, richiedendo un intervento esterno per essere sanate. Come osservato dal Tribunale di Milano, "è fuor di dubbio che la società non abbia mai effettivamente controllato la catena produttiva, verificando la reale capacità imprenditoriale delle società con le quali stipulare i contratti di fornitura".

La Natura dell'Illecito: Pericolo Astratto e Tutela Preventiva

Il caso Armani conferma la natura di "illecito di pericolo" delle pratiche commerciali scorrette. Come chiarito dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 525 del 2024, "trattandosi di un illecito di pericolo, non assume rilevanza l'effettiva incisione della sfera patrimoniale dell'utente ma la potenzialità lesiva della condotta, indipendentemente dal numero di consumatori concretamente coinvolti".

L'AGCM ha correttamente respinto l'indagine BVA Doxa commissionata da Armani, che mostrava percentuali limitate di consumatori sensibili agli aspetti etici. Come osservato nel provvedimento, tali risultati "non sono trascurabili nell'ambito della valutazione di una pratica commerciale scorretta", e comunque la tutela si estende anche a gruppi minoritari di consumatori particolarmente sensibili a questi temi.

Il Rapporto con la Diligenza Professionale

Un aspetto particolarmente rilevante riguarda il rapporto tra ingannevolezza e diligenza professionale. Armani aveva sostenuto, attraverso un parere pro veritate del prof. Enriques, che il proprio sistema di controlli fosse conforme alle migliori pratiche del settore e al canone di diligenza professionale dell'articolo 18, comma 1, lettera h), del Codice del consumo.

L'AGCM ha chiarito che "la valutazione dell'ingannevolezza di una pratica commerciale assorbe la valutazione sulla contrarietà alla diligenza professionale", richiamando la consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia secondo cui "se ricorrono gli estremi della nozione di pratica commerciale ingannevole, la verifica di ingannevolezza integra di per sé la contrarietà alla diligenza professionale".

La Quantificazione della Sanzione: Criteri e Proporzionalità

La sanzione di 3,5 milioni di euro (ridotta da 5 milioni) è stata determinata considerando diversi fattori aggravanti: la dimensione economica del Gruppo (fatturato 2024 di oltre 3 miliardi di euro), la gravità delle violazioni riscontrate nella filiera, la durata della condotta (dal 22 aprile 2022 al 18 febbraio 2025), e l'utilizzo delle dichiarazioni etiche come strumento di marketing.

La riduzione del 30% è stata concessa in considerazione dell'attivazione del Gruppo per adeguarsi al piano prescrizionale dell'Amministratore Giudiziario. Questo elemento di valutazione conferma l'orientamento giurisprudenziale secondo cui l'articolo 27, comma 9, del Codice del consumo richiede di tenere conto "dell'opera svolta dall'impresa per eliminare o attenuare l'infrazione".

Il Precedente e le Sue Implicazioni.

Il caso Armani rappresenta il primo precedente italiano di sanzione specifica per dichiarazioni etiche e di responsabilità sociale ingannevoli. La decisione stabilisce principi fondamentali:

L'autonomia delle dichiarazioni ESG: quando utilizzate come strumento di marketing, le dichiarazioni di sostenibilità devono rispettare i principi di veridicità e chiarezza delle pratiche commerciali, indipendentemente dalla loro natura di "adempimento ESG".

La responsabilità estesa alla filiera: l'esternalizzazione della produzione non esonera dal controllo delle condizioni di lavoro quando si fanno dichiarazioni pubbliche in materia. Il professionista deve strutturare sistemi di controllo proporzionati alle dichiarazioni rese.

Il test di coerenza: maggiore è l'enfasi posta sui valori etici nella comunicazione aziendale, più rigoroso deve essere il sistema di verifica della loro effettiva implementazione.

Profili Processuali e Diritto di Difesa

Dal punto di vista processuale, il caso presenta elementi di interesse. Armani aveva lamentato una presunta discriminazione rispetto al caso PS12805 Dior Sostenibilità, dove l'AGCM aveva accettato gli impegni. L'Autorità ha correttamente osservato che "vi sono numerose e marcate differenze fattuali tra le condotte oggetto dei due procedimenti", evidenziando come nel caso Armani l'identità del gruppo fosse fatta coincidere con determinati valori etico-sociali in misura molto più pervasiva.

La società aveva inoltre richiesto un supplemento istruttorio e l'archiviazione del procedimento, istanze respinte dall'AGCM sulla base delle evidenze acquisite e della consolidata giurisprudenza secondo cui l'Autorità gode di ampia discrezionalità nella valutazione delle prove.

Il Fondamento della Decisione: Un'Analisi Critica

Il provvedimento appare solidamente fondato sotto molteplici profili. In primo luogo, l'accertamento fattuale è incontrovertibile: le indagini della Polizia Giudiziaria hanno documentato violazioni gravi e sistematiche presso i subfornitori, mentre il Gruppo continuava a proclamare il proprio impegno etico.

In secondo luogo, la qualificazione giuridica è corretta: le dichiarazioni etiche, quando utilizzate come elemento distintivo del marchio e strumento di marketing, rientrano pienamente nell'ambito delle pratiche commerciali disciplinate dal Codice del Consumo.

Infine, la proporzionalità della sanzione appare adeguata: 3,5 milioni di euro rappresentano una frazione minima del fatturato del Gruppo (circa lo 0,1%), ma costituiscono un segnale chiaro per l'intero settore del lusso.

Conclusioni: Verso una Nuova Etica della Comunicazione

Il caso Armani segna un punto di svolta nella regolamentazione delle comunicazioni aziendali in materia di sostenibilità.

Per la prima volta in Italia, un'autorità amministrativa sanziona specificamente l'utilizzo ingannevole di dichiarazioni etiche e di responsabilità sociale.

La decisione non mette in discussione la legittimità delle strategie di comunicazione basate sui valori ESG, ma stabilisce che tali strategie devono essere supportate da una realtà operativa coerente. L'era del "social washing" sta volgendo al termine: le dichiarazioni in materia di sostenibilità devono essere supportate da sistemi di controllo adeguati e da una realtà operativa coerente.

Il diritto dei consumatori si conferma così uno strumento dinamico, capace di adattarsi alle nuove sfide poste dall'evoluzione del mercato e delle strategie di comunicazione aziendale. Il caso Armani rimarrà un precedente di riferimento per tutti i professionisti che operano nel delicato equilibrio tra marketing e verità, tra aspirazioni etiche e realtà operativa.

Erik Stefano Carlo Bodda è avvocato del foro di Torino, già iscritto anche a Madrid e Parigi. Ha conseguito il diploma presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali della LUISS e ha operato in Europa, Africa, America latina e Medioriente. È fondatore dello studio legale BODDA & PARTNERS con sedi in Italia e all'estero


Fonti Giurisprudenziali

  • Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n. 287 del 2024
  • Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n. 525 del 2024
  • Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n. 2203 del 2025
  • Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n. 355 del 2024
  • Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n. 326 del 2025
  • Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n. 8448 del 2021
  • Corte d'appello civile Bologna, sentenza n. 207 del 30 gennaio 2025
[Fonte: www.studiocataldi.it]

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