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» Quando la diplomazia accelera la storia
16/08/2025 - Erik Stefano Carlo Bodda

Il momento della verità: quando Londra segue Parigi
La storia ha i suoi momenti di accelerazione improvvisa, quelli in cui decenni di equilibri diplomatici si sgretolano nell'arco di poche settimane. Stiamo vivendo uno di questi momenti. Il 29 luglio 2025, il Premier britannico Keir Starmer ha annunciato che il Regno Unito riconoscerà lo Stato palestinese a settembre, prima dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, a meno che Israele non adotti misure sostanziali per porre fine alla "situazione spaventosa" a Gaza. Non si tratta di una semplice dichiarazione diplomatica. È il secondo tassello di un domino che Emmanuel Macron aveva fatto partire il 24 luglio, quando aveva annunciato che la Francia avrebbe riconosciuto la Palestina durante la stessa Assemblea generale dell'ONU. Due membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, due potenze del G7, due nazioni che un secolo fa amministravano il Mandato britannico della Palestina e il Mandato francese in Siria e Libano.
Quando decidono di muoversi insieme, non è più diplomazia: è geopolitica che cambia forma.

L'anatomia di una decisione storica La decisione di Starmer non è arrivata dal nulla. Il Premier laburista ha richiamato il suo gabinetto dalle vacanze estive per una riunione di emergenza sulla situazione palestinese - un fatto senza precedenti nella storia britannica moderna. Mai prima d'ora un Primo Ministro britannico aveva stabilito una tempistica così precisa per il riconoscimento di uno Stato palestinese. Le condizioni poste da Starmer sono precise e stringenti: Israele deve "adottare misure sostanziali per porre fine alla terribile situazione a Gaza", accettare un cessate il fuoco, chiarire che non ci saranno annessioni in Cisgiordania e consentire all'ONU di riavviare la fornitura di aiuti umanitari. Dal canto suo, Hamas deve "rilasciare immediatamente tutti gli ostaggi, firmare un cessate il fuoco immediato, accettare di non svolgere alcun ruolo nel governo di Gaza e impegnarsi al disarmo". Un equilibrio diplomatico che cerca di non scontentare nessuno, ma che di fatto pone un ultimatum a entrambe le parti. La pressione era diventata insostenibile: oltre 250 parlamentari britannici su 650, tra cui circa 150 del Partito Laburista, avevano firmato una lettera il 25 luglio chiedendo al governo di riconoscere lo Stato di Palestina. La reazione di Netanyahu: "Uno Stato jihadista che minaccerà la Gran Bretagna" La risposta israeliana è stata immediata e furiosa. Benjamin Netanyahu ha tuonato che "uno Stato jihadista al confine con Israele oggi minaccerà la Gran Bretagna domani", accusando il governo britannico di fare "appeasement verso i terroristi jihadisti". Il ministero degli Esteri israeliano ha respinto con forza la dichiarazione britannica, denunciando il "cambiamento di posizione" di Londra che fa seguito "all'azione francese" e alle "pressioni politiche interne". Una reazione che tradisce tutta la preoccupazione di Tel Aviv per quello che appare come un isolamento crescente sulla scena internazionale. Quando due membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'ONU decidono simultaneamente di riconoscere la Palestina, non si tratta più di atti isolati, ma di precedenti che contribuiscono alla formazione di una prassi internazionale.
L'impatto emotivo: "Ricorderemo i bambini affamati di Gaza per tutta la vita" Starmer ha parlato con i giornalisti delle immagini dei bambini affamati nella Striscia: filmati che resteranno "per tutta la vita" con noi. Parole che rivelano come la decisione britannica non sia solo frutto di calcoli geopolitici, ma anche di una pressione emotiva e morale che ha attraversato l'opinione pubblica britannica. La Francia di Macron aveva già percorso questa strada emotiva. Il 24 luglio, il Presidente francese aveva scritto sui social: "Fedele al suo impegno storico per una pace giusta e duratura in Medio Oriente, ho deciso che la Francia riconoscerà lo Stato di Palestina". Un annuncio che aveva fatto tremare le cancellerie di mezzo mondo. ## Le implicazioni costituzionali per l'Italia: tra cautela e realismo Dal punto di vista dell'ordinamento italiano, questa accelerazione europea pone questioni costituzionali di primaria importanza. L'art. 117 della Costituzione' attribuisce allo Stato la competenza esclusiva in materia di "politica estera e rapporti internazionali dello Stato", ma il coordinamento europeo in materia di riconoscimento internazionale crea pressioni sempre più forti per un allineamento delle posizioni. L'art. 10 della Costituzione stabilisce che "l'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute", mentre l'art. 11 sancisce che "l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali" e "promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte" alla pace e alla giustizia. Questi principi costituzionali assumono particolare rilevanza nell'analisi della questione palestinese, poiché delineano l'orientamento dell'Italia verso la risoluzione pacifica dei conflitti internazionali e il sostegno alle organizzazioni internazionali.
La posizione italiana: Tajani tra cautela e realismo Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha commentato l'annuncio britannico con parole che tradiscono tutta la complessità della posizione italiana: "Io credo che sia giusto lavorare per la costruzione dello Stato palestinese. Bisogna costruirlo, però, lo Stato palestinese, bisogna costruire l'unità". Parole che rivelano come anche l'Italia stia valutando un possibile cambio di rotta, pur mantenendo la tradizionale cautela che ha sempre caratterizzato la diplomazia italiana in Medio Oriente. Attualmente, dieci tra i Paesi del G20 riconoscono la Palestina, mentre otto finora no, tra cui l'Italia. Ma l'effetto domino franco-britannico potrebbe cambiare rapidamente questo equilibrio.
Il quadro giuridico internazionale: teoria costitutiva vs dichiarativa Dal punto di vista del diritto internazionale pubblico, il riconoscimento di uno Stato costituisce un atto unilaterale mediante il quale un soggetto di diritto internazionale manifesta la propria volontà di considerare una determinata entità come Stato sovrano, attribuendole soggettività giuridica internazionale. La dottrina internazionalistica ha elaborato due teorie principali: la teoria costitutiva, secondo cui il riconoscimento crea la soggettività internazionale, e la teoria dichiarativa, che considera il riconoscimento come mero accertamento di una situazione preesistente. La simultaneità dei riconoscimenti franco-britannici rappresenta un caso di scuola per comprendere come si forma il diritto internazionale consuetudinario. Quando due membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'ONU decidono di riconoscere uno Stato, non si tratta più di atti isolati, ma di precedenti che contribuiscono alla formazione di una prassi internazionale.
Le implicazioni per il riconoscimento delle sentenze straniere Il sistema italiano di riconoscimento delle decisioni straniere, disciplinato dall'art. 64 della legge n. 218/1995 stabilisce che "la sentenza straniera è riconosciuta in Italia senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento" quando sussistono determinate condizioni, tra cui il rispetto dell'ordine pubblico. Questo meccanismo potrebbe assumere rilevanza nel caso di controversie coinvolgenti lo Stato palestinese riconosciuto dalla Francia e dal Regno Unito. Come ha stabilito la Corte d'appello di Genova, "il riconoscimento è subordinato al rispetto dell'ordine pubblico internazionale di cui all'art. 64, lett. g) della Legge 218/1995, che deve essere verificato sia sotto il profilo sostanziale che processuale".
L'immunità statale e i crimini internazionali La giurisprudenza italiana ha affrontato questioni complesse relative alla giurisdizione nei confronti di Stati esteri, come emerge dalle recenti pronunce sui crimini di guerra. Il tribunale civile di Firenze ha stabilito che "l'immunità dalla giurisdizione civile degli Stati esteri per atti iure imperii costituisce una prerogativa la cui operatività è preclusa nel nostro ordinamento per i delicta imperii, ossia per quei crimini compiuti in violazione di norme internazionali di ius cogens". Questo principio, pur riferendosi a fattispecie specifiche, evidenzia l'evoluzione del diritto internazionale verso una maggiore responsabilizzazione degli Stati per violazioni gravi dei diritti umani, aspetto rilevante anche nel contesto del conflitto israelo-palestinese.
L'asse franco-britannico e la formazione del diritto consuetudinario La Cassazione civile ha chiarito che "la norma consuetudinaria di diritto internazionale generalmente riconosciuta, che impone agli Stati l'obbligo di astenersi dall'esercitare il potere giurisdizionale nei confronti degli stati stranieri per gli atti iure imperii, non ha carattere incondizionato, ma, quando venga in contrapposizione con il parallelo principio, formatosi nell'ordinamento internazionale, del primato assoluto dei valori fondamentali della libertà e dignità della persona umana, ne rimane conformata". Questo principio assume particolare rilevanza nel contesto del riconoscimento della Palestina, dove la tutela dei diritti umani rappresenta una questione centrale per la comunità internazionale.
Settembre 2025: il mese che potrebbe cambiare il Medio Oriente La formalizzazione dovrebbe avvenire prima della prossima Assemblea generale delle Nazioni Unite, in programma a New York tra il 9 e il 23 settembre. Un timing non casuale, che trasformerà l'Assemblea generale in un banco di prova per la diplomazia internazionale. Dopo la Francia, la Gran Bretagna diventerà il secondo Paese del Consiglio di sicurezza dell'ONU, la seconda nazione del G7 e la 149esima a riconoscere lo Stato palestinese. Numeri che parlano da soli e che potrebbero innescare un effetto domino inarrestabile.
L'eredità kelseniana nell'era del multipolarismo Tornando alla lezione di Hans Kelsen, la simultaneità dei riconoscimenti franco-britannici rappresenta un caso di scuola per comprendere come si forma il diritto internazionale consuetudinario. Secondo la teoria pura del diritto kelseniana, la validità di una norma deriva dalla sua conformità alla norma superiore, in una gerarchia che culmina nella Grundnorm. Nel diritto internazionale, questa gerarchia si complica per l'assenza di un'autorità sovraordinata agli Stati. Il riconoscimento di uno Stato rappresenta quindi un atto che contribuisce alla formazione del diritto internazionale consuetudinario, attraverso la prassi degli Stati accompagnata dalla opinio iuris. La decisione franco-britannica, se seguita da altri Stati europei, potrebbe contribuire all'evoluzione del diritto internazionale in materia di riconoscimento, particolarmente per quanto riguarda le situazioni di occupazione territoriale e di conflitto prolungato.
Malta si aggiunge al coro: l'effetto domino si allarga Nelle stesse ore dell'annuncio britannico, anche Malta ha dichiarato che riconoscerà lo Stato palestinese, aggiungendosi all'asse franco-britannico. Un segnale che l'effetto domino sta già iniziando a produrre i suoi effetti nell'Unione Europea. La proposta di condizionare il riconoscimento al reciproco riconoscimento tra le parti, avanzata da Daniel Cohn-Bendit e fatta propria da Starmer, appare giuridicamente fondata e politicamente equilibrata. Essa si inserisce nella tradizione del diritto internazionale che privilegia le soluzioni negoziate e il consenso delle parti per la risoluzione delle controversie territoriali.
Prospettive de iure condendo: verso un nuovo ordine giuridico internazionale Dal punto di vista prospettico, il riconoscimento della Palestina da parte di Francia e Regno Unito potrebbe catalizzare un processo più ampio di revisione delle politiche europee verso il conflitto israelo-palestinese. L'Italia, in quanto membro fondatore dell'Unione Europea e Stato con significativi interessi nel Mediterraneo, dovrebbe valutare attentamente le implicazioni di una eventuale decisione di riconoscimento. La decisione dovrebbe essere valutata alla luce dei principi costituzionali di cui agli articoli 10, 11 e 117 della Costituzione, che orientano l'Italia verso il rispetto del diritto internazionale, la risoluzione pacifica delle controversie e il sostegno alle organizzazioni internazionali.
Conclusioni: quando la diplomazia accelera la storia L'annuncio di Starmer segna un punto di non ritorno nella questione palestinese. L'asse franco-britannico non è solo una mossa diplomatica, ma l'embrione di un nuovo approccio europeo al conflitto mediorientale che potrebbe ridefinire gli equilibri regionali e globali. Per l'Italia, la sfida è duplice: da un lato, mantenere la tradizionale equidistanza che ha sempre caratterizzato la sua politica mediorientale; dall'altro, non rimanere isolata in un contesto europeo che si sta rapidamente orientando verso il riconoscimento della Palestina. La lezione kelseniana ci insegna che il diritto è uno strumento per l'organizzazione sociale e la risoluzione pacifica dei conflitti. In questo momento storico, il riconoscimento della Palestina da parte delle principali potenze europee potrebbe rappresentare proprio quello strumento giuridico necessario per sbloccare una situazione che da decenni appare cristallizzata. L'art. 11 della Costituzione impone all'Italia di "promuovere e favorire le organizzazioni internazionali" orientate alla pace e alla giustizia, suggerendo un approccio multilaterale alla risoluzione del conflitto. Il riconoscimento della Palestina, se inserito in un quadro più ampio di iniziative per la pace, potrebbe contribuire alla stabilizzazione della regione e al rispetto dei diritti umani di tutte le popolazioni coinvolte. Settembre 2025 si annuncia come un mese cruciale per il futuro del Medio Oriente. E l'Italia, volente o nolente, dovrà scegliere da che parte stare della storia. La diplomazia ha accelerato i suoi tempi, e ora tocca al diritto internazionale adeguarsi a questa nuova realtà geopolitica.


Avv. Erik Stefano Carlo Bodda è esperto in diritto internazionale e costituzionale. Ha pubblicato studi sulla questione palestinese e sui rapporti tra ordinamento interno e diritto internazionale.

[Fonte: www.studiocataldi.it]

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