Il Consiglio Nazionale Forense ha esaminato un caso in cui un avvocato era stato sanzionato con una sospensione di due mesi, in aumento rispetto alla censura, in ragione della pendenza di precedenti procedimenti disciplinari. Il professionista aveva contestato la decisione, sostenendo che tali procedimenti erano ancora pendenti e senza sentenza definitiva.
Con la sentenza n."435/2024 (pubblicata il 15 giugno 2025 sul sito del Codice deontologico), il CNF ha confermato che la semplice pendenza di altri procedimenti disciplinari non può costituire di per sé un'attenuante o aggravante nella misurazione della sanzione disciplinare. Solo una sentenza definitiva di colpevolezza può giustificare un aggravamento del profilo sanzionatorio.
Presunzione di innocenza: fino alla sentenza definitiva l'avvocato mantiene la propria innocenza; la pendenza non può leadere questo principio.
Necessità di motivazione specifica: il CNF ha stabilito che per aggravare la sanzione occorre motivare l'esistenza di fatti nuovi e provati, e non limitarsi a un mero richiamo alla pendenza di altri procedimenti .
Uniformità interpretativa: la decisione richiama precedenti CNF (es. sent."262/2016) che sottolineano come un atteggiamento difensivo o contestativo non possa essere inteso automaticamente come ostruzionistico o colpevole.