La sentenza n. 201/2025 in esame (sotto allegata) affronta con rigore argomentativo e sensibilità applicativa il delicato tema della risarcibilità del danno non patrimoniale conseguente alla violazione del dovere di fedeltà coniugale.
Il Tribunale di Treviso, richiamando l'orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità (tra cui Cass. civ., ord. 19 novembre 2020, n. 26383), ribadisce che la violazione dei doveri matrimoniali può dar luogo a responsabilità aquiliana, qualora la condotta illecita abbia leso diritti fondamentali costituzionalmente garantiti, come la salute, la dignità e la reputazione personale.
Si sottolinea, in particolare, come non sia sufficiente il mero inadempimento dell'obbligo di fedeltà, bensì sia necessario che la condotta del coniuge traditore superi la soglia della normale tollerabilità, traducendosi in un pregiudizio concreto e apprezzabile.
Nel caso specifico, il giudice ha ritenuto sussistenti i presupposti della responsabilità civile, anche alla luce della peculiare dinamica dei fatti: "il tradimento peraltro reiterato […] si colloca quando la coppia […] aveva elaborato una solida progettualità di coppia […] rappresentata […] anche dal fatto che l'attrice […] aveva intrapreso un percorso per avere un figlio".
Ancora più rilevante ai fini risarcitori è l'elemento della diffusività della relazione extraconiugale, che ha avuto luogo in un contesto professionale comune ai coniugi (una scuola di danza), coinvolgendo allievi e colleghi e sfociando in una esposizione umiliante per la persona offesa: "le voci che circolavano […] notoriamente fonte di maggior morboso interessamento con conseguente violazione della privacy e del diritto alla riservatezza dell'attrice".
Il Tribunale evidenzia così il nesso tra la condotta del convenuto e il pregiudizio alla reputazione e all'equilibrio psicoemotivo della moglie, corroborato dalle deposizioni testimoniali che confermano uno stato di sofferenza e disagio, anche fisico, subito dalla donna: "la relazione amorosa […] ha ferito l'onore, il decoro, la stima professionale, la riservatezza e la privacy dell'attrice".
Quanto alla liquidazione del danno, viene escluso il ricorso analogico alle tabelle del Tribunale di Milano per il danno da perdita del rapporto parentale e per la diffamazione, ritenuti parametri non adeguati alla fattispecie: "Il parametro risarcitorio non può certamente essere quello della lesione del vincolo parentale […] né pare pertinente il riferimento al danno da diffamazione".
Il danno viene quindi liquidato equitativamente ex art. 1226 c.c. in euro 10.000, tenendo conto dell'impatto della vicenda sulla sfera privata e lavorativa della donna, ma anche della capacità reattiva della stessa, che in tempi relativamente brevi ha ricostruito una nuova vita affettiva e professionale.
La sentenza merita di essere segnalata non solo per la sua aderenza ai principi di diritto vivente, ma anche per la chiarezza nell'applicazione concreta dei criteri risarcitori.
Essa conferma che il danno da tradimento è risarcibile solo ove si dimostri un vulnus effettivo a diritti inviolabili della persona, con valutazione rigorosa e caso per caso. Si tratta dunque di una tutela selettiva, ma possibile, della dignità coniugale, coerente con l'evoluzione del diritto di famiglia verso la valorizzazione della persona, anche nelle dinamiche patologiche del rapporto.
Avv. Davide Favotto
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