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Notizie Giuridiche

» Il procedimento di amministrazione di sostegno
24/04/2025 - Matteo Santini

Soggetti legittimati alla proposizione del ricorso

Ai sensi degli artt. 406 e 417 c.c., la legittimazione attiva alla proposizione del ricorso spetta ai seguenti soggetti:

• Pubblico Ministero;

• beneficiario della misura (anche se minore, interdetto o inabilitato);

• coniuge;

• persona stabilmente convivente;

• parenti entro il quarto grado;

• affini entro il secondo grado;

• tutore dell'interdetto;

• curatore dell'inabilitato;

• unito civilmente in favore del proprio compagno.

Inoltre, ai sensi dell'art. 406 comma 3° c.c., sono destinatari di un vero e proprio obbligo giuridico "i responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona, ove a conoscenza di fatti tali da rendere opportuna l'apertura del procedimento di amministrazione di sostegno". Essi dovranno proporre il ricorso ex art. 407 c.c. al Giudice Tutelare, o, in alternativa, dovranno fornire notizia delle circostanze a loro note al Pubblico Ministero tramite apposita segnalazione.

In questo secondo caso, sarà poi la Procura della Repubblica a valutare l'eventuale proposizione del ricorso.

Nel procedimento, non è necessaria la difesa tecnica. Pertanto, il ricorso potrà essere presentato direttamente dal ricorrente, senza il ministero di un difensore (si veda, però, Cass. Civ., 29/11/2006, n. 25366).

La procedura di nomina

La procedura di nomina dell'amministratore di sostegno presuppone una condizione attuale, se non d'incapacità, quantomeno di seria difficoltà in cui versi la persona, il che esclude la legittimazione a richiedere l'amministrazione di sostegno per quella che si trovi nella piena capacità psico-fisica o tenga condotte di vita solo apparentemente anomale, poiché non occorre che la stessa versi in uno stato d'incapacità d'intendere o di volere, essendo sufficiente che sia priva, in tutto o in parte, di autonomia per una qualsiasi "infermità" o "menomazione fisica", anche parziale o temporanea e non necessariamente mentale, che la ponga nell'impossibilità di provvedere ai propri interessi o nella condizione di gravemente lederli; in tale ipotesi, il giudice è tenuto, in ogni caso, a nominare un amministratore di sostegno, poiché la discrezionalità attribuitagli dall'art. 404 c.c. ha ad oggetto solo la scelta della misura più idonea e non anche la possibilità di non adottare alcuna misura, che comporterebbe la privazione, per il soggetto incapace, di ogni forma di protezione dei suoi interessi, ivi compresa quella meno invasiva (Cass., n. 12998/19).

I presupposti

In tema di amministrazione di sostegno, l'accertamento della ricorrenza dei presupposti di legge, in linea con le indicazioni contenute nell'art.12 della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle persone con disabilità, deve essere compiuto in maniera specifica e circostanziata sia rispetto alle condizioni di menomazione del beneficiario - la cui volontà contraria, ove provenga da persona lucida, non può non essere tenuta in considerazione dal giudice - sia rispetto all'incidenza della stesse sulla sua capacità di provvedere ai propri interessi personali e patrimoniali, verificando la possibilità, in concreto, che tali esigenze possano essere attuate anche con strumenti diversi come, ad esempio, avvalendosi, in tutto o in parte, di un sistema di deleghe o di un'adeguata rete familiare (Cass., n. 21877/22). Nella specie, ai fini della decisione, la Corte ha valorizzato alcune forme di disagio prive, di per sé, di una sufficiente valenza in ordine ai presupposti dell'amministratore di sostegno, come d'altra parte adombrato in motivazione. Andrà approfondito se la persona sia priva, in tutto o in parte, di autonomia per una qualsiasi "infermità" o "menomazione fisica", tale che la ponga nell'impossibilità di provvedere ai propri interessi, avendo in realtà fatto riferimento a patologie di origine psichica, a un non chiaro trattamento (somministrato da privati sin dall'età di 20 anni) e relativo a un quadro clinico di disturbo istrionico di personalità, senza in nessun modo chiarire se le patologie menzionate avessero determinato una tale menomazione, fisica o psichica, tal da rendere necessario disporre - in contrasto con la volontà della persona - la misura in questione, e tale da giustificare l'ampiezza di poteri conferiti all'amministratore, comprensivi della possibilità di riscuotere la pensione della medesima beneficiaria della misura.

L'amministrazione di sostegno, ancorché non esiga che si versi in uno stato di vera e propria incapacità di intendere o di volere, nondimeno presuppone che la persona, per effetto di un'infermità o di una menomazione fisica o psichica, si trovi nell'impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, mentre è escluso il ricorso all'istituto nei confronti di chi si trovi nella piena capacità di autodeterminarsi, pur in condizioni di menomazione fisica, in funzione di asserite esigenze di gestione patrimoniale.

Ne consegue che, salvo che non sia provocata da una grava patologia psichica, tale da rendere l'interessato inconsapevole del bisogno di assistenza, la sua opposizione alla nomina costituisce espressione di autodeterminazione, che deve essere opportunamente considerata (Cass., n. 32542/22).

In tema di amministrazione di sostegno, il diritto del beneficiario di essere informato e di esprimere la propria opinione - seppure da sottoporre a vaglio - costituisce uno spazio di libertà e di autodeterminazione incomprimibile, anche nei casi in cui ne venga fortemente limitata la capacità; ne consegue che il soggetto sottoposto ad amministrazione di sostegno deve potersi rivolgere al giudice tutelare anche in modo informale - ad esempio con posta elettronica non certificata - senza che sia necessario che tali comunicazioni costituiscano delle vere e proprie istanze, ma essendo sufficiente che le stesse esprimano il punto di vista dell'interessato, che il giudice tutelare è tenuto a valutare e a tenere in considerazione, nella ricerca di una soluzione che, anche nei casi di compromissione della capacità di agire del beneficiario, deve essere rivolta al benessere di quest'ultimo e non semplicemente alla migliore amministrazione dei suoi beni (Cass. n. 7414/24).

La disciplina dell'amministrazione di sostegno

La disciplina è stata profondamente innovata dalla legge n. 6/2004 che ha introdotto l'amministrazione di sostegno e ha ritoccato le norme relative all'interdizione e all'inabilitazione. Finalità della legge è quella di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell'espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente (art. 1 l. 6/2004).

In particolare, l'art. 404 c.c. stabilisce che la persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nell'impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno. Alla nomina di tale amministratore provvede, con decreto il giudice tutelare del luogo dove l'interessato ha la residenza o il domicilio in esito a un procedimento in cui è obbligatorio l'intervento del pubblico ministero. In ipotesi di nomina dell'amministratore di sostegno, l'incapacità dell'interessato non è completa, come nel caso dell'interdizione, ma riguarda solo gli atti specificamente menzionati nel decreto di nomina. Il beneficiario, dunque, conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l'assistenza necessaria dell'amministratore di sostegno e comunque, se in grado, può compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana.
La disciplina consente, com'è stato da più parti rilevato, di superare l'ottica custodialistica propria della precedente regolamentazione della protezione degli infermi di mente. L'attuale normativa è infatti, come sottolinea la Cassazione, "maggiormente orientata al rispetto della dignità umana ed alla cura complessiva della persona e della sua personalità, e non già del solo suo patrimonio". L'istituto è stato altresì plaudito non soltanto per la snellezza processuale che lo caratterizza e per la sua duttilità, ossia la sua capacità di adattarsi ai singoli casi, ma soprattutto perché non comporta il "marchio dell'interdizione" e consente di mantenere ed anzi rafforzare quelle che possono essere le residue capacità del soggetto.

La flessibilità è un tratto distintivo di questa misura di protezione, che deve essere modellata dal giudice in base alla situazione specifica di ciascun beneficiario, garantendo la massima tutela possibile con il minor sacrificio della capacità di autodeterminazione. Inoltre, il giudice deve considerare la volontà del beneficiario e coinvolgerlo nelle decisioni che lo riguardano, anche se la sua capacità è limitata, al fine di preservare la sua libertà e autodeterminazione (Cass. 7414/2024).
I numerosi interventi giurisprudenziali che si sono succeduti dal momento dell'emanazione della legge da una parte hanno dimostrato una forte richiesta di tale istituto e dall'altra hanno messo in evidenza alcune questioni problematiche.

Si evidenzia che la l. n. 76/2016, istitutiva delle c.d. unioni civili tra persone dello stesso sesso ha previsto che "nella scelta dell'amministratore di sostegno il giudice tutelare preferisce, ove possibile, la parte dell'unione civile tra persone dello stesso sesso. L'interdizione o l'inabilitazione possono essere promosse anche dalla parte dell'unione civile, la quale può presentare istanza di revoca quando ne cessa la causa" (art. 1 comma 15). Detta legge stabilisce altresì, in relazione alle coppie di fatto, che il convivente "può essere nominato tutore, curatore o amministratore di sostegno, qualora l'altra parte sia dichiarata interdetta o inabilitata ai sensi delle norme vigenti ovvero ricorrano i presupposti di cui all'articolo 404 del codice civile." (art. 1 comma, 48). In proposito si sottolinea che la domanda di interdizione, inabilitazione nonché il ricorso per l'istituzione dell'amministrazione di sostegno possono essere proposti tra l'altro dalla persona stabilmente convivente con l'incapace (art. 417 c.c.).

Si sottolinea anche la l. n. 219/2017 in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento che valorizza il consenso informato del paziente quale condizione per il trattamento sanitario ed introduce le c.d. DAT ossia disposizioni anticipate di trattamento con cui il disponente può enunciare i propri orientamenti sui trattamenti sanitari che vorrebbe o che non vorrebbe che gli venissero approntati.

Si evidenzia che con l. n. 18/2009, entrata in vigore il 15 marzo 2009, l'Italia ha ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con disabilità (adottata il 13 dicembre 2006). La Convenzione ha l'obiettivo di promuovere, proteggere ed assicurare alle persone con disabilità il pieno godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali nel rispetto della dignità umana e riguarda non soltanto le persone cd. inferme di mente, ma tutte quelle che presentano minorazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali a lungo termine "che in interazione con varie barriere possono impedire la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su una base di eguaglianza con gli altri". La Convenzione in particolare stabilisce che l'accertamento della ricorrenza dei presupposti di legge per la nomina dell'amministratore di sostegno, deve essere compiuto in maniera specifica e circostanziata sia rispetto alle condizioni di menomazione del beneficiario, sia rispetto all'incidenza delle stesse sulla sua capacità di provvedere ai propri interessi personali e patrimoniali (art. 12).

Il ricorso

Ai sensi degli artt. 404 e 407 c.c., il procedimento per la nomina dell'amministratore di sostegno si propone con ricorso da depositarsi presso il Tribunale (ufficio del Giudice Tutelare) del luogo di residenza o domicilio del potenziale destinatario della misura.

Il ricorso deve contenere:

• l'indicazione del Giudice Tutelare territorialmente competente;

• le generalità del ricorrente e del beneficiario;

• l'indicazione della residenza, del domicilio e della dimora abituale del beneficiario;

• il nominativo e il domicilio dei congiunti e dei conviventi, come individuati nell'art. 407 c.c.;

• le ragioni per cui si chiede la nomina dell'amministratore di sostegno, con specificazione degli atti di natura personale o patrimoniale che debbano essere compiuti con urgenza.

È inoltre utile, benché non necessario, fornire una descrizione delle condizioni di vita della persona ed effettuare una prima ricognizione della situazione reddituale e patrimoniale della stessa, onde delineare fin da subito il progetto di sostegno che dovrà essere poi messo a punto dal Giudice Tutelare.

Se non sussistono particolari ragioni di urgenza, il Giudice Tutelare, letto il ricorso, fissa con decreto la data di udienza per l'audizione del beneficiario e per la convocazione del ricorrente e degli altri soggetti (congiunti, conviventi, ecc.) indicati nell'art. 406 c.c.

Il ricorso e il decreto devono essere notificati, a cura del ricorrente, al beneficiario; entrambi gli atti devono essere comunicati agli altri soggetti indicati nel ricorso.

La fase istruttoria può esaurirsi con l'audizione del beneficiario, del ricorrente e dei congiunti (se presenti) e con la sola acquisizione della documentazione allegata al ricorso; tuttavia, il Giudice Tutelare, in virtù degli ampi poteri istruttori che gli sono riconosciuti dall'art. 407 c.c., può disporre, anche d'ufficio, ogni ulteriore accertamento, anche disponendo apposita consulenza tecnica in ordine alla capacità e autonomia del beneficiario.

Il Giudice Tutelare provvede, quindi, con decreto motivato e immediatamente esecutivo.

Ai sensi dell'art. 405 c.c., qualora, invece, sussistano particolari ragioni d'urgenza, il Giudice Tutelare, subito dopo il deposito del ricorso, potrà adottare, anche d'ufficio, inaudita altera parte, i provvedimenti necessari per la cura della persona e per la conservazione e l'amministrazione del patrimonio, a tal fine anche nominando un amministratore di sostegno provvisorio.

In tale eventualità, l'udienza per l'audizione del beneficiario verrà fissata in seguito e, espletato ogni opportuno approfondimento istruttorio, la misura di protezione potrà essere confermata o revocata con decreto definitivo.

[Fonte: www.studiocataldi.it]

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