di Annamaria Villafrate - Con l'ordinanza n. 9721/2020 (sotto allegata) la Cassazione accoglie il ricorso di due coniugi titolari di un conto comune a cui sono stati sottratti indebitamente da terzi, ben 23.000 euro tramite prelievi Bancomat. In sede di merito i due coniugi si sono visti respingere la domanda di rimborso rivolta alla Banca. Per fortuna la Corte di Cassazione ha condiviso la loro tesi. Essa infatti è in linea con importanti precedenti in materia, che attribuiscono alla banca, in caso di operazioni effettuate a mezzo di strumenti elettronici, l'onere di dimostrare che il prelievo è stato eseguito dal cliente, che può essere ritenuto responsabile solo per colpa grave, che ricorre se non effettua il controllo degli estratti per diverso tempo o se ha consentito o aggravato il prelievo illegittimo.
Due coniugi hanno un conto bancario cointestato con relativa carta di prelievo Bancomat. Nel 2013 si accorgono che sono stati prelevati da dei malfattori, tramite Bancomat, i 23 mila euro presenti sul conto. Denunciano quindi l'accaduto alla banca, che blocca immediatamente il Bancomat.
I correntisti ricorrono in giudizio per ottenere il rimborso delle somme indebitamente prelevate da terzi. La banca però resiste in giudizio, sostenendo che la tessera Bancomat è sufficiente a legittimare il prelievo, senza bisogno di presentare alcun documento d'identità da parte del prelevante.
Il Tribunale respinge la domanda dei coniugi perché, a suo dire, non avrebbero adottato la diligenza necessaria per impedire il furto. La banca quindi, per il giudicante, non è responsabile per quanto accaduto prima del blocco della carta. I soccombenti ricorrono quindi in Appello, ma il ricorso viene respinto perché inammissibile, per questo si rivolgono infine alla Corte di Cassazione.
I coniugi insoddisfatti dell'esito della sentenza di merito sollevano ben sei motivi di ricorso.
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 9721/2020 accoglie il ricorso dei coniugi perché fondato.
Il Tribunale ha errato nel ritenere responsabili i correntisti dei prelievi eseguiti a loro insaputa, ritenendo tardiva la denuncia.Nel caso di specie occorre infatti richiamare i principi già espressi in materia, ossia che: "In tema di responsabilità della banca in caso di operazioni effettuate a mezzo di strumenti elettronici, anche al fine di garantire la fiducia degli utenti nella sicurezza del sistema (il che rappresenta interesse degli stessi operatori), è del tutto ragionevole ricondurre nell'area del rischio professionale del prestatore dei servizi di pagamento, prevedibile ed evitabile con appropriate misure destinate a verificare la riconducibilità delle operazioni alla volontà del cliente, la possibilità di una utilizzazione dei codici di accesso al sistema da parte dei terzi, non attribuibile al dolo del titolare o a comportamenti talmente incauti da non poter essere fronteggiati in anticipo. Ne consegue che, anche prima dell'entrata in vigore del dlgs. n. 11 del 2010, attuativo della direttiva n. 2007/64/CE relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, la banca, cui è richiesta una diligenza di natura tecnica, da valutarsi con il parametro dell'accordo banchiere, è tenuta a fornire la prova della riconducibilità dell'operazione al cliente."
La Corte infine ricorda che nel rapporto banca-correntista, in cui rileva l'art 1176 c.c. sulla diligenza delle parti, la responsabilità della banca nell'eseguire i controlli per operazioni effettuate con mezzi elettronici ha natura contrattuale per cui i clienti possono essere ritenuti responsabili sono in caso di protratto mancato controllo degli estratti conto o se hanno "dato adito o aggravato il prelievo illegittimo."
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