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Notizie Giuridiche

» Uno sguardo verso l'Europa: dati a confronto sulla mediazione
30/05/2020 - CARLO ALBERTO CALCAGNO

L'evoluzione dell'ADR

Una decina d'anni fa Gordana Ristin, attuale presidente dell'associazione dei mediatori sloveni, dichiarò: "…considero l'ADR uno degli approcci alla risoluzione delle controversie in futuro. Farà parte della magistratura, anche se, ad esempio, i fascicoli verranno consegnati ai fornitori contrattuali. E non si tratta della privatizzazione della magistratura, ma dell'accettazione del fatto che la vita cambia, e con essa, anche noi giuristi dovremmo".

Dieci anni fa questo era l'auspicabile desiderio che infiammava tutti i mediatori e degli operatori di ADR in genere.

Anche se non si sapeva che già nel XIX secolo c'era ad esempio in Italia un'organizzazione simile: il giudice conciliatore conciliava, giudicava, faceva da arbitro e nominava arbitri privati.

Quando è uscita la Direttiva 52/08 16 nazioni hanno rispettato il termine di recepimento e dunque pensavano che la mediazione perlomeno nell'ambito transfrontaliero fosse una buona soluzione.

Addirittura col tempo nei singoli stati sono stati varati ben 358 provvedimenti in materia (senza contare quelli regolamentari nel campo consumeristico), per non parlare delle direttive europee.

Esistono interessantissime legislazioni sulla mediazione in generale: si pensi ad es. quella romena e alla spagnola.

Ben 12 paesi possedevano una legge sulla mediazione anteriormente all'emanazione della Direttiva 52/08 e dunque c'era già un retroterra importante.

Ma possiamo dire oggi che l'ottimismo di Gordana e di tutti gli operatori dell'ADR ha trovato coronamento?

Mediazione in Italia e in Europa: qualche dato

Certo i giuristi – avvocati e giudici – sono una forza imponente in Europa: gli ultimi dati disponibili parlano di 1.414.930.

Un abitante su 360 nei paesi UE si occupa di diritto professionalmente. E dunque nella sua nazione potrebbe fare la differenza.

Non dovunque ovviamente, perché comunque molto dipende dal contenzioso che si è accumulato negli anni e dal numero degli operatori giudiziari: la cosa sarebbe ad esempio molto complicata in Austria, Estonia e Slovacchia.

Possiamo però dire che in almeno otto paesi europei se gli operatori del diritto facessero un'alleanza nel nome degli strumenti alternativi il pendente giudiziario di primo grado potrebbe essere spazzato via in un anno.

Si parla della Finlandia, del Lussemburgo, dell'Ungheria, della Danimarca, di Cipro, della Spagna, della Grecia, della nostra Italia e di Malta; in questi paesi potrebbe davvero accadere il miracolo, se ogni giurista decidesse di conferire ai sistemi alternativi dalle 2 alle 13 controversie: per noi e per Malta ce ne vorrebbero 13, ma gli altri potrebbero cavarsela con meno.

Eppure all'ADR come una reale soluzione i politici non hanno pensato con la dovuta attenzione, almeno in tempi moderni. Per sostenere i tribunali i cittadini dei 28 paesi UE hanno speso pro capite nel 2017 dai 30 € di Cipro ai 215 € del Lussemburgo: l'Italia che è in posizione mediana ha richiesto agli italiani 96 € pro capite.

A parte la Finlandia che investe per la mediazione familiare e penale ogni anno 7 milioni di euro, i paesi hanno chiesto ai mediatori di deflazionare il contenzioso a costo zero.

E pensare che con solo 10 € pro capite potremmo avere un sistema ADR efficiente: ci guadagnerebbe lo Stato che vedrebbe azzerato il contenzioso, i giudici che potrebbero occuparsi dei casi che realmente lo richiedono (come auspicano da sempre almeno le corti di Common law), gli avvocati che in poco tempo vedrebbero saldate le loro parcelle ed i mediatori che godrebbero finalmente di un sostegno annuo paragonabile a quello dei "neutri" americani che lavorano nei tribunali federali.

Questa dell'alleanza è la via intrapresa dal Brasile sommerso da cento milioni cause: giudici e avvocati hanno fatto un patto; tutto deve andare in mediazione prima di arrivare a processo.

Noi europei purtroppo siamo ancora molto lontani dal pensare che la Giustizia abbia bisogno di un ausilio alternativo.

Il numero delle mediazioni conosciute nei 28 paesi UE costituisce solo tra lo 0,96 e l'1% del pendente di primo grado (2017).

Gli accordi intervenuti nelle mediazioni sono soltanto lo 0,14% del pendente di primo grado del 2017.

Siamo onestamente a distanze siderali da quel che si riprometteva l'art. 1 della Direttiva 52/08 ossia la garanzia di "un'equilibrata relazione tra mediazione e procedimento giudiziario".

Se non ci fosse l'Italia il cui numero di mediazione costituisce secondo i dati del 2019 tra il 66 ed il 68,76% delle mediazioni totali conosciute e conoscibili, la mediazione probabilmente sarebbe già da tempo un lontano ricordo.

Solo i nostri accordi costituiscono il 65,84% di tutti gli accordi conosciuti.

E ciò nonostante che le mediazioni nostrane (147.691) costituiscano solo il 4,48% del nostro pendente giudiziario 2019 (3.293.960 di cause; dato aprile 2020).

E ciò nonostante che gli accordi italiani (20.782) costituiscano soltanto lo 0,63% del nostro pendente giudiziario 2019.

È chiaro che da soli non potremmo sostenere le sorti di 500 milioni di abitanti, ma la situazione era già deficitaria prima del covid-19.

Affidarsi ad una soluzione consensuale di mediazione telematica (opzione peraltro condivisa da molti legislatori europei) è paragonabile alla scelta del legislatore del 2014 di affidarsi all'arbitrato forense per le cause pendenti: il risultato ha sfiorato all'epoca lo zero.

La videoconferenza volontaria non ci sarà di grande aiuto: certo impareremo un nuovo modo di lavorare e sarà probabilmente l'unico dono insieme all'abbattimento dell'inquinamento che la pandemia ci lascerà, ma la composizione dei conflitti resterà un miraggio.

Questa non è un'opinione mia, ma quello che ci comunica nel 2019 la Commissione Europea in merito al sistema della piattaforma odr europea; se il professionista non accetta la richiesta del consumatore di mediare o di utilizzare l'arbitrato o comunque una procedura ADR il sistema si blocca: "Soltanto in circa il 2% dei casi le parti hanno concordato in merito alla designazione di un organismo ADR e la piattaforma è stata quindi in grado di trasmettere la controversia a un organismo ADR"[1].

Una responsabilità dell'attuale situazione è in qualche misura da attribuirsi all'Unione Europea che pure ispirandosi a quel che accadeva negli Stati Uniti e in Gran Bretagna - non poteva ignorarlo - ha cercato di valorizzare negli anni soprattutto l'accesso al processo.

Ha creduto pure in una mediazione volontaria che è lontana dalla nostra cultura giuridica e non solo da quella italiana dato che almeno 28 stati UE su 30 possiedono oggi almeno uno strumento obbligatorio di mediazione; solo due stati in Europa hanno strumenti puramente volontari: Finlandia e Slovacchia.

Ha pensato perlomeno sino al 2008 ai soli consumatori nel senso che l'ADR doveva servire più che altro ad evitare che i cittadini europei trovassero intoppi nella circolazione dei beni e servizi: idea che è stata ripresa, come sappiamo, con la direttiva 11/13 ed il regolamento 524/13 sul consumo con gli esiti sopra detti (2%).

La UE si è "svegliata" solo nel 2008 quando anche la deflazione del contenzioso è entrata in campo limitatamente alle transfrontaliere.

Naturalmente i paesi UE si sono uniformati a queste logiche. Soprattutto alla convinzione che la mediazione dovesse servire a gestire le questioni di valore più modesto che è un'aberrazione visto l'istituto è nato in Kosovo per evitare le faide, le vendette di sangue.

Ma anche i cittadini ci hanno creduto visto che se andate a leggere ad esempio le statistiche italiane, la maggior parte delle controversie mediate avevano un valore ridotto.

Tutto ciò non ha contribuito negli anni a creare consapevolezza sull'istituto della mediazione.

Poco prima della Direttiva 52/08 quattro ostacoli sono stati posti all'attenzione del Consiglio d'Europa da parte di alcuni esperti americani chiamati al capezzale europeo: mancanza di conoscenza della mediazione, elevati costi relativi per le parti e squilibri finanziari, disparità nella formazione e qualificazione dei mediatori, disparità nel campo degli scopi e delle garanzie della riservatezza.

Oggi vi sono ancora in campo almeno due di quei problemi: la mancanza di conoscenza della mediazione e la disparità nella formazione e qualificazione dei mediatori.

Quanto al primo la Direttiva 52/08 ha cercato di porvi riparo, dando una indicazione agli stati.

Si è stabilito quello che viene definito balanced relationship index: per capire se la mediazione funziona in un paese e si deflaziona conseguentemente il contenzioso, si è pensato di dividere le sue mediazioni per il pendente giudiziario di primo grado; lo scopo è appunto quello di trovare "un'equilibrata relazione tra mediazione e procedimento giudiziario", una equilibrata relazione tra mediazione e tribunale.

I dati ci dicono che solo un paese è ben incamminato, o almeno lo era nel 2016, si tratta della Finlandia con un tasso del 17,51%. Poi ci siamo noi con il 4,48% del 2019, Malta con il 4% (ma il dato è del 2013), la Lettonia del 2016 con il 2,99%, l'Ungheria del 2018 con il 2,12% e poi si si scende drammaticamente; sette paesi sono sotto l'1% e 14 nazioni tra cui Francia, Germania e Regno Unito sono addirittura invalutabili visto che non rilasciano dati su cui si possano fare ragionamenti.

Tanto per fare un paragone storico se andiamo a vedere il BRI italiano del 1880 (v. la Relazione Zanardelli) su 1.075.246 i conciliatori ne affrontarono in sede preventiva 224.461 ossia il 20,87% che ci darebbe oggi il trono d'Europa (peraltro con il 54% di accordi).

Nel 1852 in Francia su un pendente di 1.344.296 controversie ne furono conciliate 988.900 ossia il 73%: sapete quale fu il risultato? La mediazione obbligatoria fu eliminata (sic!)

Quanto detto certifica tristemente due fatti incontestabili:

- Perlomeno nel XXI secolo la mediazione non è stata abbracciata dai giuristi: se si scende sul terreno dei numeri si può riscontrare che più avvocati ci sono in un paese, meno mediazioni si fanno. O per meglio dire più avvocati ha a disposizione un mediatore (in Italia sono gli avvocati che le portano agli organismi) meno mediazioni si celebrano; così ad esempio in Italia abbiamo un rapporto di 1 mediatore su 10 avvocati e ci sono state oltre 147 mila mediazioni, in Repubblica Ceca ove c'è un rapporto di 1 mediatore su 18 avvocati le mediazioni sono state meno di 500 (dato 2013); in Portogallo ove il rapporto è 1 mediatore su 26 avvocati le mediazioni del 2018 sono state 2.958, In Danimarca dove ci sono 104 avvocati per mediatore nel 2016 si sono celebrate 718 mediazioni.

Tutto ciò non ha senso. Non si può semplicemente affermare che da noi c'è una condizione di procedibilità; dopo 10 anni è solo un falso alibi anche perché almeno 18 stati UE hanno, nelle debite proporzioni, forme riconducibili alla mediazione obbligatoria preventiva: Austria, Belgio, Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Francia, Grecia, Inghilterra e Galles, Irlanda, Italia, Lituania, Malta, Portogallo, Romania, Scozia, Spagna e Svezia.

- Secondo fatto incontestabile: la mediazione non è conosciuta come dovrebbe dai cittadini europei.

I paesi che forniscono dati sul 2018 sono solo 9 e sul 2019 4 (Polonia, Italia, Spagna e Portogallo) e dunque abbiamo una visione molto parziale.

Comunque in Italia è stato coinvolto in mediazione 1 cittadino su 405 abitanti, in Svezia che è la "migliore" dopo di noi 1 cittadino su 2.057; di qui si sale sino all'Ungheria che vede in mediazione un cittadino ogni 6.503 abitanti e non parlo degli accordi: in Italia hanno sperimentato un'intesa 1 cittadino su 2.876, in Portogallo 1 su 5.780, in Lussemburgo 1 su 5.558, in Finlandia 1 su 15.751 e in Polonia 1 su 50.172 (ed io considero la Polonia uno dei paesi più attivi).

In questa situazione la "gara" della mediazione col processo non sembra certo quella della tartaruga con Achille: Achille la tartaruga non l'ha nemmeno mai vista; non a caso la giustizia è rappresentata talvolta come una dea bendata.

Attenzione però: Esiodo ci racconta che quando il male diventò estremo la Giustizia volò tra le stelle. Non è pensabile che il depotenziamento (come sembrava volere qualcuno) o l'irrilevanza (0,96%) della mediazione possa risolvere i problemi della giustizia europea che nel 2017 aveva 22.337.534 di controversie pendenti.

Un altro modo con cui la Direttiva 52/08 ha provato a diffondere la conoscenza della mediazione è con i registri pubblici dei mediatori e delle organizzazioni di mediazione.

I registri pubblici dei mediatori

Con una certa lentezza tutti gli stati ad eccezione della Germania e della Finlandia (che ci indica ufficialmente solo gli uffici di mediazione) si sono uniformati anche se con le modalità ed i significati più diversi. Potremmo dire che non c'è un registro uguale ad un altro.

Già l'organo tenutario è variabile: in 16 stati la gestione statale (Ministero della Giustizia ad eccezione della Finlandia ove il gestore della mediazione è quello della Salute), in 6 stati la gestione è delle Corti cosa che rende difficile capire il numero effettivo dei mediatori dato che un mediatore si può iscrivere a più panel come accade ad esempio in Francia. In 6 stati lo Stato delega la gestione del registro ad uno o più enti: possono essere i Coa, o i notai oppure enti privati; in Ungheria il sistema è misto: Stato-Corte.

Il nostro registro è il migliore perché sappiamo esattamente il numero di mediatori, il numero degli organismi e degli enti di formazione attivi ed il numero dei formatori.

Nessun altro paese ci dà tutte queste informazioni; quello che a noi manca è il dettaglio sui singoli mediatori che non è stato evidentemente ritenuto necessario in quanto in Italia sussiste una mediazione amministrata.

Ma qualche informazione sarebbe opportuna (oggi sappiamo solo che un soggetto è mediatore generico, esperto di consumo o mediatore esperto internazionale) visto che non tutti i curricula sono depositati presso gli organismi di formazione mediatori, aver almeno qualche indicazione sulla specializzazione del singolo mediatore e sulla sua formazione (avvocato, architetto, geometra, commercialista ecc.) come avviene in altri paesi (ad es. nei Paesi Bassi) oppure sapere quante lingue parla (ci sono stati dove i mediatori sanno mediare in tre o quattro lingue).

Ci sono stati ove l'iscrizione è a pagamento (Austria, Bulgaria, Ungheria) e altri che la considerano gratuita (ad es. Italia, Slovacchia). In alcuni l'iscrizione è eterna, in altri a tempo.

Gli stati non ci danno una risposta univoca nemmeno sull'obbligo di essere o meno iscritti in registro e quindi ci sono paesi che hanno mediatori non iscritti di cui non conosceremo mai l'esistenza perlomeno in termini statistici.

Nei paesi anglo-sassoni ad esempio l'iscrizione dei mediatori civili e commerciali che è a pagamento (almeno in Inghilterra e Galles) non è obbligatoria, ma se si effettua porta clienti perché si entra in una rete di servizi.

Anche in Croazia, Lussemburgo ed in Spagna l'iscrizione non è obbligatoria.

In alcuni Paesi l'inserimento in registro è legato ad una certificazione del mediatore e/o determina lo status stesso di mediatore.

In Francia la registrazione riguarda solo gli avvocati e i mediatori che operano nei panel delle Corti d'Appello.

In Portogallo è obbligatoria per la mediazione pubblica (penale, familiare, lavoro).

Nei Paesi Bassi ed in Slovenia è obbligatoria per la mediazione giudiziaria.

In Svezia l'iscrizione nei registri delle Corti (per avvocati e giudici) è obbligatoria, ma non vincola il giudice che può scegliere gli specialisti che ritiene meglio. Tra l'altro qui basta dichiarare di essere formati per essere inseriti come mediatori.

In Italia per esercitare la professione di mediatore bisogna essere iscritti nell'elenco ministeriale. E così a Malta, in Austria, in Slovacchia, in Belgio, Lettonia, Grecia Ungheria e in Danimarca

Il numero dei registri pubblici varia a seconda dello stato: in Ungheria ce ne sono 45, in Francia 20 (teoricamente) in Finlandia 7, 5 in Portogallo e Romania, 4 in Italia, 3 in Spagna, 8 paesi ne hanno 2, 13 ne hanno uno e come detto, la Germania ne è priva.

Un problema non da poco riguarda l'individuazione dei mediatori che non può essere precisa per diversi motivi anche se ultimamente la situazione è migliorata; attualmente possiamo dire che siano circa 80.000.

Il paese meno dotato è la Lettonia con 53, quello più dotato l'Italia con 23.848. Diciamo che c'è in media un mediatore ogni 6.404 abitanti. Non è sempre facile capire se è mediatore civile e commerciale oppure familiare oppure ancora penale o sociale, solo da noi sostanzialmente abbiamo la certezza della qualifica.

Organizzazioni di mediazione

Quanto alle organizzazioni di mediazione il panorama è assai vario: intanto i paesi più forniti di organizzazioni di mediazione secondo le indicazioni statali sono: Italia, Ungheria, Slovacchia, Spagna, Portogallo, Romania, Austria, Inghilterra e Galles, Polonia e Bulgaria.

15 stati pubblicizzano solo gli organismi di mediazione: Polonia, Bulgaria Francia, Finlandia, Croazia, Germania, Irlanda del Nord, Lussemburgo, Scozia, Estonia, Slovenia, Lettonia, Cipro, Irlanda, Malta.

5 Stati solo enti di formazione: Romania, Paesi Bassi, Austria, Belgio e Svezia.

Cinque sono le nazioni che pubblicizzano Organismi ed Enti di formazione: Italia, Ungheria, Slovacchia, Spagna, Portogallo.

Ne abbiamo già accennato all'inizio ma il punto certamente più spinoso riguarda il numero delle mediazioni: non le conosciamo nemmeno nell'ambito del consumo dato che solo Belgio, Croazia, Danimarca, Finlandia, Francia, Lussemburgo e Romania hanno scelto come strumento la mediazione e dunque hanno trattato 23.848 reclami proponendola, ma non sappiamo chi abbia aderito e se ci sia stata definizione.

Sono 20 i paesi che hanno una legislazione specifica in materia penale. Circa le mediazioni penali abbiamo dati recenti (2018) solo di tre nazioni: Finlandia (14.526), Polonia (4.176) e Spagna (2.935).

Sono 22 le nazioni che hanno una legislazione specifica in materia familiare: le mediazioni familiari sono legate soprattutto a Spagna (7.366), Polonia (4.316) e Irlanda (1248).

In materia di mediazione civile e commerciale solo sei stati ci hanno fornito un quadro aggiornato al 2018: Italia (151.923), Portogallo (2.958), Ungheria (1.500), Spagna (1289 solo delle Corti di primo grado) Finlandia (1.000), Lettonia (385).

Del 2019 conosciamo i soli dati di Italia (147.691), Polonia (4.634 dato peraltro parziale) e Spagna (1013).

Il mediatore europeo

Si è riservata la parte finale di questa nota alla formazione per provare a delineare la figura del mediatore europeo.

Il mediatore è nella maggior parte dei paesi UE un soggetto laureato (spesso viene richiesta anche un certo numero di anni di esperienza professionale o il diploma con ulteriori requisiti), iscritto nel registro dei mediatori, frequentemente certificato dal Ministero della Giustizia o da altre Istituzioni per conto del Ministero (v. ad es. Irlanda, Paesi Bassi, Lettonia), che ha partecipato ad un corso di base in mediazione di un certo numero di ore (e talvolta anche ad uno di specializzazione o addirittura si è laureato in mediazione) e che è assoggettato a formazione continua nell'anno o nel biennio (ovvero nel triennio o nel quinquennio) per un certo numero di ore o di eventi.

Più o meno tutti gli stati richiedono che il mediatore abbia la capacità giuridica e d'agire, sia ineccepibile dal punto di vista comportamentale e morale: si richiede un certificato del casellario pulito, l'assenza di sanzioni amministrative ecc. (si omettono qui le prescrizioni in merito per ogni singolo paese, proprio perché sono generalizzate: l'unica differenza di rilievo tra gli stati è che alcuni richiedono copia del certificato penale ed in altri basta una autodichiarazione, ad esempio in Italia).

Particolare è la legislazione romena che chiede al mediatore anche l'idoneità dal punto di vista medico.

Anche quella della Lituania è originale perché richiede che il mediatore non sia stato licenziato e non abbia fatto abuso di alcol, di sostanze psicotrope, narcotiche, tossiche o altre di sostanze psicoattive.

La professione di provenienza del mediatore può essere la più varia, anche se in certi paesi di fatto la maggior parte sono avvocati (ad es. in Italia, in Grecia, in Irlanda ed Irlanda del Nord)

Nei Paesi Bassi il registro dei mediatori ricomprende una trentina di professioni tra le quali chi vuole mediare può scegliere comodamente.

In Romania la pratica della professione di mediatore è compatibile con quella di ogni altra attività o professione.

In genere il mediatore deve rispettare determinati principi deontologici: in alcuni paesi si fa riferimento al Codice Europeo dei mediatori ed in altri a Codici propri redatti dallo Stato o da organizzazioni.

In generale i princìpi dell'attività del mediatore ricalcano per lo più gli XI standard americani (Model Standards of Conduct for Mediators).

Molti degli stati UE hanno valorizzato il concetto di competenza, varando programmi di formazione per i mediatori. I tempi ed i contenuti della formazione sono i più vari.

Diverse nazioni danno largo spazio al diritto, alla psicologia e alla sociologia.

È sempre presente anche una formazione pratica sullo svolgimento della mediazione che può essere più o meno articolata; alcuni paesi richiedono la supervisione del mediatore da parte di esperti o formatori o altri meccanismi analoghi.

Ci sono nazioni che richiedono tirocini o stage precedenti all'assunzione del titolo o successivi.

Non tutti i paesi hanno stabilito regole in materia di formazione, anche se nella pratica essa viene richiesta ai mediatori (ad es. in Francia, Svezia); in Slovenia e Danimarca è richiesta solo ai mediatori giudiziari.

In alcuni paesi la formazione è differenziata in relazione al fatto che i mediatori siano o meno avvocati (ad es. in Italia e a Cipro).

In Lituania i requisiti sono diversi a seconda che il mediatore aspirante sia un giudice, un non giudice, un avvocato.

Al proposito possiamo dire che il caso del giudice mediatore a qualsivoglia titolo riguarda in particolare 17 nazioni: Belgio, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Inghilterra e Galles, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Scozia, Slovenia, Spagna, Svezia e Ungheria.

In ultimo diamo un rapidissimo cenno sulle tipologie di mediazione: preventiva, di corte, obbligatoria e facoltativa.

- 29 paesi hanno una mediazione di corte facoltativa. Solo i Paesi Bassi posseggono solo una mediazione obbligatoria di corte e non hanno una mediazione di corte facoltativa.

- 28 stati UE possiedono almeno uno strumento obbligatorio di mediazione; solo due stati hanno strumenti puramente volontari: Finlandia e Slovacchia.

- Almeno 18 stati UE hanno forme riconducibili alla mediazione obbligatoria preventiva: Austria, Belgio, Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Francia, Grecia, Inghilterra e Galles, Irlanda, Italia, Lituania, Malta, Portogallo, Romania, Scozia, Spagna e Svezia.

- 13 nazioni hanno una mediazione obbligatoria sia preventiva che di corte: Austria, Belgio, Cipro, Estonia, Francia, Inghilterra e Galles, Irlanda, Italia, Lituania, Malta, Scozia, Spagna e Svezia.

- Tre paesi una mediazione preventiva obbligatoria ed una mediazione di corte facoltativa: Grecia, Romania e Portogallo.

- 14 paesi hanno una mediazione preventiva facoltativa e obbligatoria, una mediazione di corte obbligatoria ed una mediazione di corte facoltativa: Austria, Belgio, Cipro, Croazia, Estonia, Francia, Inghilterra e Galles, Irlanda, Italia, Lituania, Malta, Scozia, Spagna e Svezia.

- Tutti i paesi ad eccezione della Danimarca hanno una mediazione facoltativa preventiva prevista dalla legge.

Avv. Carlo Alberto Calcagno

www.dplmediazione.it

[1] REPORT FROM THE COMMISSION TO THE EUROPEAN PARLIAMENT, THE COUNCIL AND THE EUROPEAN ECONOMIC AND SOCIAL COMMITTEE on the application of Directive 2013/11/EU of the European Parliament and of the council on alternative dispute resolution for consumer disputes and Regulation (EU) No 524/2013 of the European Parliament and of the Council on online dispute resolution for consumer disputes https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/com_2019_425_f1_report_from_commission_en_v3_p1_1045545_0.pdf

[Fonte: www.studiocataldi.it]

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