Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, sezione lavoro, nella
sentenza n. 9493/2020 (sotto allegata) dichiarando la nullità dell'intero processo che aveva visto scontrarsi due donne. In particolare, la Corte d'Appello aveva confermato la decisione del Tribunale che aveva determinato nella misura del 50% la quota di
pensione di reversibilità da corrispondersi a una delle due, in qualità di coniuge divorziato dell'uomo deceduto. L'ex marito, tuttavia, dopo la fine della relazione si era risposato.
La vicenda giunge in Cassazione, dove la Suprema Corte, in via prioritaria, rileva d'ufficio il
difetto di contraddittorio attesa la mancata partecipazione al giudizio dell'Inps. Viene condiviso e viene data continuità al principio secondo cui la
controversia tra l'ex coniuge e il coniuge superstite per l'accertamento della ripartizione (ex art. 9, comma terzo, della legge n. 898/1970, come sostituito dall'art. 13 della legge n. 74/1987) del trattamento di reversibilità deve necessariamente svolgersi in
contraddittorio con l'ente erogatore.
Ciò in quanto, essendo il coniuge divorziato, al pari di quello superstite, titolare di un autonomo diritto di natura previdenziale, l'accertamento concerne i presupposti affinchè l'ente assuma un'obbligazione autonoma, anche se nell'ambito di una erogazione già dovuta, nei confronti di un ulteriore soggetto (cfr. Cass. 15111/2005, n. 25220/2009, n. 8266/2020).
Anche le Sezioni Unite, con
sentenza n. 159/1998, hanno affermato che in presenza di un coniuge superstite avente i requisiti per fruire della
pensione di reversibilità, il diritto del coniuge divorziato a una quota del trattamento di reversibilità dell'ex coniuge deceduto non costituisce soltanto un diritto vantato nei confronti del coniuge superstite (avente, in quanto tale, natura e funzione del precedente assegno di divorzio), ma
costituisce un autonomo diritto di natura previdenziale che l'ordinamento attribuisce al coniuge superstite, con la sola peculiarità che tale diritto è limitato quantitativamente dell'omologo diritto spettante al coniuge superstite.
Ripartizione reversibilità: processo nullo senza partecipazione dell'INPS
Da qui la necessità che la
controversia si svolga in
contraddittorio con l'ente erogatore, giacché pure se si controverte solo in ordine alla spettanza pro quota di un trattamento di reversibilità (già riconosciuto e del quale non viene in discussione l'ammontare complessivo), la lite non può mai configurarsi solo come una questione tra ex coniuge e coniuge superstite, non essendo indifferente per l'ente erogatore che si accerti la sussistenza dei presupposti di un diritto previdenziale azionatale nei suoi confronti.
La Corte ribadisce, inoltre, che il difetto del
contraddittorio in esame è rilevabile in ogni stato e grado del processo e dunque anche in sede di legittimità, con il solo limite del giudicato. In particolare, ove emerga in tale sede una violazione delle norme sul litisconsorzio necessario, non rilevata dal giudice di primo grado né da quello d'appello (che avrebbe dovuto rimettere la causa al primo giudice, ai fini dell'integrazione del contraddittorio), deve disporsi
l'annullamento delle pronunce emesse a
contraddittorio non integro, con rinvio della causa al primo giudice, ai sensi dell'art. 383, 3° comma, c.p.c. (Cass., Sez. U, n. 3678/2009; n. 5063/2010, n. 18127/2013, n. 12547/2015).