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Notizie Giuridiche

» Responsabilità medica: la Cassazione sintetizza i principi
20/05/2020 - Lucia Izzo
di Lucia Izzo - L'agire dei professionisti, e quindi anche dei sanitari, si presta ad essere valutato primariamente in termini di perizia/imperizia. Per definizione, infatti, le attività professionali richiedono l'uso di perizia, cioè il rispetto delle regole che disciplinano il modo in cui quelle attività devono essere compiute per raggiungere lo scopo per il quale sono previste. Ciò non esclude che l'evento possa essere stato determinato da un errore originato da negligenza o da imprudenza ma in tal caso sarà necessario isolare con precisione l'errore, sulla scorta di pertinenti dati fattuali che ne attestano la ricorrenza. Lo ha chiarito la Cassazione, quarta sezione penale, nella sentenza n. 15258/2020 (sotto allegata), una pronuncia da manuale che sintetizza i vari principi in materia di responsabilità medica.

La valutazione del giudice di merito

La Cassazione rammenta che il giudice di merito ha il compito di pronunciarsi in ordine alla responsabilità dell'esercente una professione sanitaria per l'evento infausto causato nel praticare l'attività. Il magistrato, ove concluda per la attribuibilità di quello alla condotta colposa dell'imputato, è tenuto a rendere una articolata motivazione, dovendo indicare, tra l'altro:
1) se il caso concreto sia regolato da linee-guida o, in mancanza, da buone pratiche clinico-assistenziali;
2) specificare di quale forma di colpa si tratti (se di colpa generica o specifica, e se di colpa per imperizia, o per negligenza o imprudenza);
3) appurare se ed in quale misura la condotta del sanitario si sia discostata dalle pertinenti linee-guida o buone pratiche clinico-assistenziali più in generale quale sia stato il grado della colpa;
4) ove il reato non sia stato commesso sotto la vigenza dell'art. 590-sexies c.p., accertare a quale delle diverse discipline succedutesi nel tempo debba essere data applicazione, in quanto più favorevole all'imputato nel caso concreto, ai sensi e per gli effetti dell'art. 2, co. 4, del codice penale.

Imprudenza, negligenza e imperizia

La Corte evidenzia la difficoltà di individuare nella giurisprudenza indicazioni in merito a ciò che deve intendersi per imprudenza, negligenza, imperizia. Con specifico riferimento alla responsabilità sanitaria si è sostenuto che l'errore diagnostico è frutto di imperizia, mentre la scelta compiuta dal sanitario il quale, tra due possibili modalità d'esecuzione di un intervento chirurgico, abbia preferito quella ritenuta più agevole ancorché maggiormente rischiosa, integra gli estremi della condotta imprudente.
La Corte ritiene non sia possibile operare delle generalizzazioni stante le molteplici espressioni dell'esercizio delle attività sanitarie, perché, almeno nella maggioranza dei casi, uno stesso atto medico può mettere radici in causali diverse. La decisione, si legge in sentenza, deve quindi riuscire a delineare l'origine dell'errore.
Ciò precisato, il Collegio ritiene che, pur con la prudenza richiesta da un tema così intricato, ci si possa giovare della concettualizzazione per la quale: l'imperizia è concetto proprio dell'esercizio di una professione e si configura nella violazione delle «regole tecniche» della scienza e della pratica (o leges artis) con ciò differenziandosi dalla imprudenza e negligenza alla cui base vi è la violazione di cautele attuabili secondo la comune esperienza.

Errori determinati da imperizia

Si tratta di una concezione che trova già eco nella giurisprudenza di questa Corte: infatti, si è sostenuto che "rientra nella nozione di imperizia il comportamento attivo o omissivo che si ponga in contrasto con le regole tecniche dell'attività che si è chiamati a svolgere".
Partendo da questo assunto, la Cassazione precisa che la perizia è connotato di attività che richiedono competenze tecnico-scientifiche o che presentano un grado di complessità più elevato della norma per le particolari situazioni del contesto; essa presuppone la necessità che il compito richieda competenze che non appartengono al quivis de populo e che sono tipiche di specifiche professionalità.
In linea di massima, l'agire dei professionisti, e quindi anche dei sanitari, propone in via elettiva errori determinati da imperizia. Ciò non esclude che l'evento possa essere stato determinato da un errore originato da negligenza o da imprudenza che dovranno essere accertate specificamente, in base a pertinenti dati fattuali che ne attestano la ricorrenza.

Regola cautelare e colpa del sanitario

Il Collegio, infine, rammenta anche l'importanza che ha la chiarificazione della relazione che le linee guida intrattengono con le regole cautelari.
In particolare, la Cassazione precisa che, nell'apprezzamento del grado della colpa del sanitario, deve tenersi conto della natura della regola cautelare la cui inosservanza gli si rimprovera, avendo incidenza sulla maggior o minore esigibilità della condotta doverosa che egli possa limitarsi a conoscere la regola ed applicarla o, al contrario, sia chiamato a riconoscere previamente le condizioni che permettono di individuare le direttive comportamentali, che rendono doverosa l'adozione della misura, che consentono di individuare quale misura adottare.
[Fonte: www.studiocataldi.it]

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