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» Interdittiva antimafia
01/10/2019 - Annamaria Villafrate

di Annamaria Villafrate - L'interdittiva antimafia, ovvero il provvedimento amministrativo del Prefetto che si pone l'obiettivo di tutelare l'economia da infiltrazioni della criminalità organizzata, produce l'effetto di escludere l'imprenditore da contratti con la PA.

Di recente la Cassazione, con la sentenza n. 16105/2019 (sotto allegata) ha risolto la questione relativa al rapporto esistente tra il procedimento amministrativo relativo all'interdittiva e quello del controllo giudiziario.

Interdittiva antimafia: cos'è

L'interdittiva antimafia o informativa antimafia definita dal comma 3 dell'art. 84 del dlgs n. 159/2011 "consiste nell'attestazione della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all'articolo 67, nonché, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 91, comma 6, nell'attestazione della sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate indicati nel comma 4."

Cause di decadenza che, come precisato dall'art 67 richiamato dall'art. 84, riguardano "licenze, autorizzazioni, concessioni, iscrizioni, attestazioni, abilitazioni ed erogazioni di cui al comma 1, nonché il divieto di concludere contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, di cottimo fiduciario e relativi subappalti e sub-contratti, compresi i cottimi di qualsiasi tipo, i noli a caldo e le forniture con posa in opera."

Natura ed effetti dell'interdittiva antimafia

L'interdittiva antimafia si sostanzia quindi in un provvedimento amministrativo di natura preventiva del Prefetto che ha la finalità di tutelare l'ordine pubblico, la libera concorrenza tra le imprese e il buon andamento della Pubblica Amministrazione. Esso non si fonda su dati certi, ma su una valutazione probabilistica in base a indizi gravi, precisi e concordanti e non ha natura afflittiva, ma tende più che altro a impedire che la mafia o in generale la criminalità organizzata penetri e si infiltri all'interno dell'economia legale.

Per quanto riguarda poi gli effetti, come precisato dal Consiglio di Stato nell'Adunanza Plenaria del 6 aprile 2018 n. 3, l'interdittiva antimafia è un provvedimento che comporta l'esclusione dell'imprenditore dalla possibilità di divenire titolare di rapporti contrattuali con la Pubblica Amministrazione, a causa dell'incapacità giuridica determinata dall'interdittiva.

Il controllo giudiziario può essere chiesto se il procedimento amministrativo è pendente

Di interdittiva antimafia si è occupata di recente la Cassazione con la sentenza n. 16105/2019. Questa in sostanza la questione che gli Ermellini hanno dovuto risolvere: il controllo giudiziario delle aziende, previsto dall'art 34 – bis comma 6 del dlgs n. 159/2011, domandato in questo caso per tutelare i posti di lavoro di sette dipendenti, può essere chiesto anche quando l'interdittiva antimafia è divenuta irrevocabile oppure è necessario che il procedimento amministrativo avente ad oggetto la sua impugnazione sia ancora pendente?

La Cassazione, respingendo tutte le argomentazioni prospettate dal difensore della società ricorrente, afferma che "l'accesso all'istituto di cui all'art 34 bis comma 6 del dlgs n. 159/2001 è consentito solo nel caso in cui il procedimento amministrativo sia ancora pendente" per le seguenti ragioni:

  • l'art 15 del dlsgs 231/2001 e l'art 34 bis comma 6 del dlgs n. 159/2011 sono due norme differenti, visto che solo la prima norma dispone espressamente che "la prosecuzione dell'attività da parte del commissario non può essere disposta quando l'interruzione dell'attività consegue all'applicazione in via definitiva di una sanzione interdittiva;
  • il controllo giudiziario non è applicabile in presenza di un provvedimento interdittivo irrevocabile per mancata impugnazione, se si ammettesse si determinerebbe una disparità di trattamento rispetto al caso in cui l'irrevocabilità dovesse dipendere dal rigetto del ricorso amministrativo;
  • ora se il controllo giudiziario, secondo la formulazione del comma 7 dell'art 34 bis può beneficiare della sospensione degli effetti della interdittiva, va da se che il procedimento amministrativo per essere sospeso deve essere per forza pendere;
  • poiché l'art. 91 co. 5 prevede che l'informazione antimafia deve essere aggiornata anche in base agli esiti della procedura di cui all'art. 34 bis, è logico ritenere che quest'ultima per forza di cose deve essere pendente;
  • non regge neppure il fatto che, in assenza di un provvedimento amministrativo definitivo la società non potrebbe "bonificarsi" dall'influenza mafiosa. Tale bonifica infatti potrebbe comunque avvenire attraverso l'adozione spontanea di determinati provvedimenti interni (come l'allontanamento di amministratori collegati alla mafia) o attraverso l'adozione di determinati modelli organizzativi e gestionali previsti dal dlgs n. 231/2001;
  • priva di rilievo altresì la questione relativa al fatto che la durata del controllo giudiziario potrebbe anche non essere in linea con i tempi del processo amministrativo poiché l'istituto giudiziale è per natura provvisorio e ha la finalità di consentire all'impresa di continuare l'attività e tutelare l'occupazione in attesa di una pronuncia giudiziale definitiva, nel periodo in cui l'interessato può contestare l'interdittiva.
  • Condiviso dagli Ermellini anche il ragionamento logico giuridico esposto dal Procuratore generale, che ha fatto concludere alla Corte che il controllo giudiziario può essere chiesto solo in pendenza del procedimento amministrativo relativo all'interdittiva antimafia.

[Fonte: www.studiocataldi.it]

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